di Giacomo Russo Spena
Rivendica la sua normalità, “io sono uno di voi”. Vuole così rappresentare l’italiano medio, l’uomo qualunque. Per farlo parla esplicitamente alla pancia del Paese, in maniera becera, scatenando reazioni e fomentando paure ed insicurezze. Aizza le piazze, sbraita in televisione, provoca. Matteo Salvini è colui che ha cambiato volto alla Lega, ha trasformato quel partito etnoregionalista in forza classicamente di destra e nazionale. L’uomo della svolta che ha avuto la capacità di risvegliare il cadavere e ricollocarlo sullo scenario politico costruendo una Lega 2.0 mutata geneticamente: un partito di lotta anti-crisi che cavalca il malcontento sociale con toni populisti, beceri e xenofobi.
Nella sua narrazione c’è sempre un nemico da abbattere: l’immigrazione selvaggia, l’Europa, la moneta unica, gli oscuri burocrati, le multinazionali. Un lontano ricordo la Lega federalista, il celodurismo di Umberto Bossi, le lauree in Albania di suo figlio, i fondi illeciti in Africa, la guerra al Meridione e a "Roma Ladrona".
Nella sua narrazione c’è sempre un nemico da abbattere: l’immigrazione selvaggia, l’Europa, la moneta unica, gli oscuri burocrati, le multinazionali. Un lontano ricordo la Lega federalista, il celodurismo di Umberto Bossi, le lauree in Albania di suo figlio, i fondi illeciti in Africa, la guerra al Meridione e a "Roma Ladrona".
Il giornalista Matteo Pucciarelli, ne “Anatomia di un populista” (Feltrinelli editore, 171 pp, 15 euro) ricostruisce la storia personale di Salvini, il cerchio magico, e delinea i tratti distintivi della nuova Lega. Un attento identikit del Carroccio e del suo “Capitano”, come viene definito dalle camicie verdi. Un libro prezioso che, senza ideologismi, va oltre le solite etichette e banalizzazioni. Si ragiona sul “fenomeno Salvini”. Si indaga sulla sua provenienza. Nei primi capitolini si sviscera la sua giovinezza nei Comunisti Padani.
“Ero comunista - ha ricordato recentemente a Radio24 - Andavo in giro con una spilletta di Che Guevara insieme alla bandiera dei Paesi Baschi, per solidarietà agli indipendentisti. Non mi rimangio nulla. E oggi faccio sempre battaglie dalla parte degli ultimi, degli operai e dei meno fortunati”. Poi le sue esperienze da giornalista a Radio Padania fino al salto in politica, come consigliere comunale a Milano nel lontano 1993. Da lì, pian piano, l’ascesa fino a divenire il lider maximodel Carroccio.
Salvini ha cambiato i connotati, ma con lui resta intatto, anzi si rinnova lo schema dell’uomo qualunque, che nella quotidianità fa le cose comuni. Volutamente si differenzia dall’immaginario tipico del politico di professione perché ha un contatto diretto e costante con il suo elettorato e con la “gente” in generale. Ci riesce proprio perché ci tiene ad apparire un uomo della strada. Eppure – pur dipingendosi come il “nuovo” e “uno del popolo” - ha campato nelle istituzioni passando da un incarico all’altro. Il lavoro, quello sconosciuto. Ma non importa, la sua propaganda dice altro. E soprattutto fa share, per questo è stato onnipresente in tv negli ultimi mesi.
Un personaggio pompatissimo che della crossmedialità ha fatto un punto di forza. Un utilizzo spregiudicato dei suoi profili social, tanto da divenire uno dei politici più social. Dalla ruspa ai muri, Salvini ha la capacità di trasformare ansie collettive in consenso. Ed ecco le campagne sempre più feroci contro l'immigrazione, banche, fisco, euro, burocrazie finanziarie e in difesa dei "diritti sociali degli italiani", della "famiglia tradizionale" e della "identità cristiana".
Proprio i termini “identità” e “sovranità” sono entrati prepotentemente nel dna della nuova Lega. Il nuovo nemico non è più “Roma ladrona” ma l’arcigna burocrazia di Bruxelles. “Dobbiamo riprenderci la sovranità economica che abbiamo perso con l’Unione europea. Ci siamo rotti le palle. Questa non è Ue ma l’Unione Sovietica, è un gulag dal quale usciremo con chi ci sta”, tuona Salvini. Comparazione quella tra Europa e Unione Sovietica ripetuta in più frangenti. Lo scontro non è più, come un tempo, tra federalismo e nazionalismo ma tra mondialismo versus neosovranismo. Omologatori contro sovranisti.
Negli ultimi capitoli, Pucciarelli ricorda anche l’asse con i neri di Casa Pound, legame che si è consolidato alle scorse Europee con il sostegno dei “fascisti del Terzo Millennio” al candidato Mario Borghezio, il quale una volta eletto ha scelto come assistenti due noti camerati romani. Infine il ticket elettorale con la nascita del marchio Sovranità: Casa Pound fungerebbe da serbatoio militante, soprattutto al Centro e al Sud, funzionale a far divenire la Lega un partito nazionale e radicato sui territori.
Una deriva, quella leghista, che assume anche sembianze rossobrune con il filosofo (sic!) Diego Fusaro, allievo di Costanzo Preve, preso come modello. Così come il guru dei no euro Alberto Bagnai. In Europa, invece, la Lega è stata capace di stringere alleanze (solo apparentemente) variegate: da Marine Le Pen a Vladimir Putin. Le bandiere della Russia sono una presenza fissa sui palchi delle manifestazioni del Carroccio. Piace il carisma di Putin nella classica tradizione cesarista. Alexander Dugin, uno degli ideologi di Putin e tra le voci più gettonate nelle destre europee, ha speso parole di elogio per il Carroccio: "L'unico politico che può rappresentare gli interessi reali degli italiani è Salvini, la stella emergente che sostiene il nuovo polo di dialogo con la Russia e la compensazione di questa mancanza di democrazia sostanziale incarnata da Renzi".
Detto questo, Pucciarelli ragiona, e molto, anche sugli errori della sinistra e dei cosiddetti MaiconSalvini che lo criticano ovunque vada occupando piazze o impedendogli di parlare. Fino all’episodio estremo della libreria a Bologna dove sono stati bruciati i suoi libri in vendita. “Ridurlo a fascista è sicuramente comodo e immediato – osserva l’autore - ma se si vuole analizzare davvero un fenomeno bisogna avere una visione complessiva delle cose. E dire, ad esempio, che sulla critica alla legge Fornero Salvini scavalca a sinistra la Cgil. Con il popolo, parola quanto mai complicata e sfuggente, Salvini ci parla”.
La sinistra sarebbe quindi la prima responsabile della sua ascesa: “Il collante del variegato e atomizzato mondo della sinistra - aggiunge Pucciarelli - è la lotta contro un avversario che incarna il male assoluto e, allo stesso tempo, si fa portavoce di sentimenti e pulsioni che nella società esistono; e che quella sinistra da tempo non riesce più a decriptare". Un caso su tutti, le periferie metropolitane. Lì, nel pieno delle contraddizioni sociali e col fallimento delle politiche di accoglienza dei migranti, la sinistra è sparita a vantaggio dei partiti più populisti. Se non ci fosse il M5S, forse i consensi della Lega sarebbero ancor più alti nei quartieri ghetto e maggiormente disagiati.
Nel testo si ricorda un faccia a faccia del 25 aprile 2014 tra Barbara Spinelli e Matteo Salvini alla vigilia delle elezioni europee. Un emblema del fallimento della sinistra. Il discorso della giornalista ex Repubblica ha una coerenza di fondo che però non si fa accessibile, appare distante e utopico nelle sue risposte che partono da lontano, dal manifesto di Ventotene, ovvero un passaggio storico sconosciuto alla maggioranza della popolazione. L’oratoria di Salvini ha un altro ritmo, è diretto, facilmente assimilabile, efficace nella sua semplicità.
A conferma di ciò arrivano le parole di Perry Anderson, professore alla University of California e direttore della rivista internazionale New Left Review, il quale ha sottolineato nei suoi recenti scritti le difficoltà della sinistra classica: “Le ribellioni antisistemiche al neoliberismo vengono sia da destra che da sinistra. In un discreto numero di Paesi europei, le rivolte di destra si sono dimostrate più pugnaci di quelle di sinistra, producendo leader di maggior talento, che hanno guadagnato ampi strati di classe operaia e posto più di una minaccia all’ordine costituito”.
E ora? Il capo leghista, cresciuto come un fenomeno mediatico ossessivamente costruito dalle televisioni, in questa fase politica corre il rischio di sgonfiarsi, tanto che per ritornare a far parlare di sé è stato costretto ad aprire una boutade – veramente di bassa lega – sulla presidente della Camera Laura Boldrini e le bambole gonfiabili. Segnali di debolezza.
Ce la farà a riprendersi collegandosi al vento xenofobo ed euroscettico che soffia nel continente? Il tempo ci dirà. Intanto il libro di Pucciarelli appare utile perché fornisce gli strumenti necessari, evitando stupidi ideologismi, per contrastare il populismo becero del Carroccio. Il miglior antidoto al nuovo razzismo dilagante nel Paese. Per sconfiggere il “nemico” bisogna conoscerlo nel dettaglio, o no?
Fonte: MicroMega online
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