di Franco Berardi Bifo
Il programma delle giornate del convegno romano C17 era fittissimo, e mi è stato impossibile seguire tutto quello che è accaduto, anche perché gli appuntamenti erano dislocati in due luoghi lontani della città. Ho speso una fortuna in taxi per correre tra valle Giulia e San Lorenzo, eppure non ho potuto assistere a molti eventi che si svolgevano in contemporanea. Di conseguenza debbo rinunciare a fare il cronista e mi limito a esprimere delle impressioni. Mentre scrivo queste rapide note, inoltre, non è ancora finita, perché domenica mattina ci sarà un incontro finale. Sono state giornate intense densissime e affettuose.
Per cominciare ci si è allontanati dal pianeta terra e si è intrapreso un viaggio di centomila anni luce con Franco Piperno che nella sala buia della Galleria d’Arte Moderna raccontava la volta stellare.
Poi, la sera di mercoledì ho ascoltato Mario Tronti che in una sala affollata fino all’inverosimile (e si tratta di una sala molto grande) ha detto che il comunismo non è utopia, ma profezia. In sottofondo (almeno così mi pareva) suonavano le trombe dell’apocalisse, e il vecchio Tronti distingueva tra quando la politica è commedia, e i momenti in cui essa volge alla tragedia.
Il 17 del passato secolo è stato uno di questi momenti in cui dalla tragedia emergono orizzonti mai visti. Il 17 che stiamo vivendo si annuncia con toni altrettanto tragici. Vediamo se siamo capaci di inventare una via d’uscita dall’orizzonte foschissimo che si presenta.
Dopo Tronti, Maria Luisa Boccia ha svolto un intervento dedicato alla ricostruzione dei passaggi essenziali nella storia dei movimenti degli anni Sessanta, accentuando l’importanza del femminismo. Boccia si è soffermata in modo (per me) particolarmente efficace sul distacco tra i movimenti di trasformazione sociale e la sinistra. E’ stato negli anni Sessanta, ha detto, che si rese possibile una trasformazione insieme comunista e libertaria. Ma la sinistra, in ogni parte del mondo, scelse di non appoggiare quella possibilità, e di contrastarla, prendendo decisamente le parti del riformismo contro la rivoluzione, e prendendo le parti del capitale contro i movimenti e le avanguardie operaie. Allora la parola riforma ha cambiato di segno, e negli anni Ottanta è divenuta la parola con cui il capitale ha aggredito, sconfitto e disperso la classe operaia.
Con questo allontanarsi della sinistra dal comunismo (e del comunismo dalla sinistra) la sinistra è diventata strumento ipocrita di un potere sempre più torvo. E il comunismo ha perduto la forza di massa che aveva avuto fino agli anni ’70.
Quello che mi ha fatto impressione, in quella prima serata, è che nessuno ha pronunciato una parola che in questi giorni disgraziati è sulla bocca di tutti, la parola “Trump”.
Aristocratico understatement operaista?
Ho ascoltato molti interventi di qualità sui grandi temi del ‘900, ma mi è parso inquietante il silenzio sul presente, sullo scenario che incombe all’inizio del 2017.
Il segno generale di questo convegno appassionatamente ostile al futuro (fino al punto di non volerlo nominare) è stato a mio parere la rimozione.
Il terzo giorno del convegno era dedicato all’argomento “chi sono i comunisti?” Arrivavano notizie di scontri dalle città d’America, e di manifestazioni da Bruxelles a Manila, e in contemporanea abbiamo ascoltato un discorso di Toni Negri. Un discorso affascinante e rigorosamente teologico.
Il discorso è centrato su due punti di intensa religiosità: la scomunica e il miracolo. Negri comincia rivelando chi sono i non comunisti. Lo fa elencando addirittura quattro categorie di non comunisti (in due di queste mi sono naturalmente riconosciuto, ma adesso non saprei dirvi quali).
Poi Negri afferma che comunisti sono coloro che trasformano la cooperazione produttiva in contropotere politico. Sospendo per un attimo l’irriverenza ironica, e riconosco che qui si trova il nucleo interessante di un discorso per il resto un po’ svitato. Negri osserva che per gli operai industriali d’antan c’era discontinuità tra cooperazione produttiva e organizzazione politica rivoluzionaria. Per i lavoratori cognitivi dell’epoca presente quella discontinuità è tolta, e si dà finalmente la possibilità di un operare produttivo che si trasforma in operare solidale e socialmente utile: il comunismo immediato del lavoro della mente. In questo punto si riconosce il genio del professor Negri, che però subito cede il passo alla teologia, rivelando un miracolo nel quale io non riesco a credere (ma sono io l’unico ateo qua dentro?). Il miracolo viene enunciato con le parole: il lavoro cognitivo può agire con relativa autonomia e può farsi macchina dentro e contro lo sfruttamento. L’uomo si è arricchito della potenza della macchina (e fin qui ci siamo), e (udite udite, perché qui assistiamo al miracolo) la macchina non ha alcun potere sul cervello dell’uomo. Il miracolo dell’indipendenza del cervello dalle condizioni tecniche e materiali in cui agisce, è una verità di fede essenziale che sola rende possibile la rimozione.
Nel mio ateismo mi trovo costretto a constatare contemporaneamente due fenomeni: l’arricchimento della dimensione umana ad opera della tecnologia, sapere accumulato, ma anche (ahimè) l’automazione cognitiva e l’impoverimento psico-erotico prodotto dalla sottomissione dell’attività cosciente ai ritmi della macchina. Per Negri non è così, il suo dio ce ne scampa. Il suo dio ci scampa dalla depressione, dal panico, dalla solitudine, e da tutte quelle perversioni che un vero comunista non vuole neppur sentire nominare.
In queste giornate mi pare che si sia verificata una strana ma interessante inversione dei ruoli che attribuiamo all’arte e alla politica: qua dentro, nell’affollata sala di ESC si sta svolgendo una performance artistica in cui si celebra un rituale d’esorcismo. Là, nei saloni marmorei della Galleria, si giura fedeltà al comunismo.
Mi sono divertito, ho incontrato tanta gente bellissima, simpatica, affettuosa, come di questi tempi è difficile trovare. Non importa se tutto era un po’ finto e destinato a svanire lunedì.
Mentre parto, su Roma splende il sole (classicamente libero e fecondo) e mi prende una specie di malinconia.
L’orrore avanza, Melania regala a Michelle una scatola di Tiffany. Vado a Firenze con la mia ragazza a vedere la mostra di Ai Weiwei.
Tavolini che volano, biciclette che sembrano astronavi, granchi rosa che ti vengono incontro. Il comunismo sarà sbalorditivo o non sarà.
Fonte: Alfabeta2.it
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