di Mario Sai
La vittoria di Donald Trump è la conferma che le classi esistono e che vince chi sa interpretarne il conflitto. Bastava guardare gli spot conclusivi della campagna elettorale: da un lato una ricca borghese nel suo bel salotto soddisfatta di sé e pronta a promettere ai vincenti come lei che tutto sarebbe continuato così; dall’altro fabbriche chiuse e ghetti in rivolta e la promessa a una classe operaia messa ai margini e a una piccola borghesia spaventata e armata che tutto sarebbe cambiato. Dei sommovimenti profondi della società americana Trump ha raccolto l’eredità dei tea party, la loro carica antistatale e antielitaria, di chiusura comunitaria, individualista, integralista.
Hillary Clinton, invece, è stata sentita come l’opposto di Occupy Wall Street, della rivolta di un’America giovane, oppressa dai debiti universitari, dai bassi salari e dai lavori precari, a cui il “socialismo” di Sanders aveva dato una speranza. Tutti i perdenti della globalizzazione hanno visto nella Clinton la continuazione di una crescita dell’economia dominata dalla grande finanza , che ha provocato nell’industria una perdita di 5 milioni di posti di lavoro e una caduta dei salari. Sono aumentati i profitti , ma sono finiti in larga misura nelle borse, mentre diminuivano gli investimenti e la competitività, in particolare rispetto a Germania e Cina, dove è invece cresciuta una classe operaia forte di 250 milioni di uomini e donne.
L’innovazione è stata consegnata alle grandi corporation tecnologiche . Il 76% della capitalizzazione azionaria è detenuto dalle undici imprese della Silicon Valley che con i loro prodotti e servizi colonizzano Internet e che alimentano l’ideologia, dominante anche a sinistra, di un post-capitalismo dove l’immateriale dalla rivoluzione informatica soppianterà , almeno in occidente, il materiale della manifattura . Sarà un mondo dove i protagonisti del cambiamento non saranno più i lavoratori, ma gli “ esseri umani istruiti e connessi” , cioè i ceti urbani colti e riflessivi. Questa è l’America che ha sostenuto H. Clinton, anche manipolando le informazioni con gli algoritmi come ha fatto Facebook, ed è stata sconfitta.
Nello scontro tra ceti medi progressisti, che hanno fatto dell’emancipazione individuale il cuore della democrazia diretta, e “le maggioranze silenziose”, vogliose di Stato repressivo e di libertà nel mercato , ma accumunate ai lavoratori dipendenti da una crescente perdita di status, è il voto operaio che fa la differenza. La aveva ben chiaro il presidente Obama nella sua intervista a La Repubblica del 18 ottobre: «Abbiamo visto come la globalizzazione possa indebolire la posizione dei lavoratori, rendendo più difficile la possibilità di guadagnare uno stipendio decente e causare il trasferimento di posti di lavoro dell’industria manifatturiera in Paesi con costi di manodopera più bassi .Ho messo in guardia contro un capitalismo senz’anima che avvantaggia solo i pochi in alto e contribuisce alla disuguaglianza e a un grande divario tra ricchi e poveri». Le burocrazie del Partito democratico hanno scelto proprio una rappresentante di questo capitalismo e il “popolo” di un miliardario l’ha sconfitta.
Tutto questo sta già succedendo in Europa e in Italia. Il miracolo Berlusconi è stato caratterizzato dalla conquista di ampi settori di lavoro operaio , soprattutto tra i giovani., Nelle elezioni alla Camera del 2013 il PdL ha raccolto la maggioranza dei voti tra operai, lavoratori autonomi e disoccupati. Analogamente ha fatto il M5S. Il Pd ha avuto, invece, i voti di impiegati , imprenditori e professionisti del nuove terziario.
Senza il voto degli operai non si vince. La questione è chiara a destra e lo si vedrà drammaticamente in Francia l’anno venturo . Nei partiti socialisti e democratici europei, ormai né di destra né di sinistra come il Pd di Renzi, continua, invece, a dominare una cultura che, negando riconoscimento e rappresentanza alla questione sociale, mette al centro l’individuo e la sua capacità di competere; lo spirito di comunità e la separazione tra diversi (l’immigrazione ne è una prova: si accoglie per escludere); la democrazia diretta e il mantenimento delle gerarchie sociali.
Se il profilarsi del “mondo nuovo” di Trump servisse a svegliare la sinistra dal suo sonno dogmatico, mettendola sul lungo cammino di ricostruzione della sua connessione non solo sentimentale con i lavoratori, forse…
Fonte: Il manifesto
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