di Massimo Villone
La Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile, pare con minimo margine e un assente, il quesito Cgil sull’art. 18, dando agli altri luce verde. Da tempo lo dicevano i rumors, con nomi e cognomi di favorevoli e contrari. Un esito possibile – lo abbiamo anticipato su queste pagine – sulla base dei precedenti. Anche se non mancavano argomenti in senso contrario (v. Azzariti). Un esito che esprime un paese in cui il popolo è sovrano sì, ma senza esagerare. Molti leggeranno nella pronuncia un intento normalizzatore e filogovernativo. Con l’inammissibilità si riduce drasticamente il potenziale impatto della tornata referendaria.
Viene meno l’urgenza di sciogliere anticipatamente le Camere per posporre il voto referendario, ed anzi qualcuno può essere tentato di puntare alla rivincita del 4 dicembre scommettendo sul mancato raggiungimento del quorum.
Viene meno l’urgenza di sciogliere anticipatamente le Camere per posporre il voto referendario, ed anzi qualcuno può essere tentato di puntare alla rivincita del 4 dicembre scommettendo sul mancato raggiungimento del quorum.
In ogni caso, la vita della legislatura dipende anche dalla decisione della Corte sull’Italicum del 24 gennaio. Mattarella non intende sciogliere senza una legge elettorale omogenea tra le due Camere. La condizione verrebbe assolta, aprendo la via al voto subito, se l’omogeneità venisse dalla pronuncia del 24 gennaio. In caso contrario, le urne si allontanerebbero per il tempo di un necessario intervento del legislatore.
La legge elettorale del Senato, che non è oggetto della pronuncia del 24, è un proporzionale di lista e preferenza derivante dalla sentenza 1/2014 (Consultellum Senato). Da qui la domanda: può dalla decisione del 24 venire una normativa di risulta per la Camera sufficientemente simile (Consultellum Camera)? Dipende. Se la Corte si orientasse per l’inammissibilità delle questioni sollevate, ovviamente la divaricazione tra i due sistemi rimarrebbe. Ma anche al di fuori di questa ipotesi emergono due possibili scenari.
Il primo: la corte si mantiene aderente alla sentenza 1/2014 e dichiara illegittimi i capilista bloccati e il ballottaggio senza soglia, lasciando in piedi il premio di maggioranza con soglia al 40%, perché conforme al principio stabilito nella sentenza 1/2014 che il premio si leghi a una soglia. Rimarrebbero due sistemi elettorali divaricati, uno maggioritario, l’altro proporzionale. E la Corte avrebbe creato un elemento di ingovernabilità, proprio per la diversità dei sistemi elettorali tra le due Camere derivante dalle sue stesse pronunce.
Il secondo: la Corte assimila l’Italicum al Consultellum Senato. Dichiara quindi illegittimi sia i capilista bloccati, sia il ballottaggio, sia infine il premio di maggioranza perché la soglia al 40% è troppo bassa. Questo lascerebbe in piedi un sistema vicino a quello del Senato. Ma farebbe un passo ulteriore rispetto alla sentenza 1/2014, perché pur essendo prevista una soglia per il premio come richiesto dalla 1/2014, verrebbe censurata la discrezionalità del legislatore nel fissarla.
Il punto nodale è il premio di maggioranza, e per la Corte l’alternativa è difficile, con una lettura pro-Renzi o pro Gentiloni-Mattarella comunque inevitabile. Un pasticcio firmato Renzi, per l’assurda decisione di approvare una legge elettorale per una sola camera.
Cosa farà la Corte? Sarebbe opportuno, come da tempo sostengo, introdurre in Corte il dissent sul modello statunitense, per esplicitare i favorevoli e i contrari in ogni decisione e le ragioni di ciascuno. L’unanimità di facciata è una inutile sacertà di cartone. La Corte è parte della dialettica politica e istituzionale. Ancora lo sarà in una stagione nella quale – per le condizioni dell’economia e le minacce del terrorismo – la pressione volta a comprimere diritti fondamentali rimarrà alta. Basta sussurri sui conciliaboli riservati negli studi delle Loro Eccellenze. Il dissent può mettere in perfetta luce come e perché la Corte decide. Può chiarire il peso dell’ingresso in Corte di questo o quel giudice. Può anticipare future linee giurisprudenziali.
Una piccola innovazione di grande portata potenziale, che la stessa Corte può a mio avviso introdurre con una integrazione del regolamento generale rimesso alla sua autonomia. Tra tanti riformatori o aspiranti tali, la Corte non dovrebbe mancare. Dunque trovi il coraggio e lo faccia, al più presto.
Fonte: Il manifesto
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