di Pier Virgilio Dastoli
Ha scelto con determinazione la via socialdemocratica alla costruzione della democrazia, talvolta osteggiato all’interno del suo stesso partito. Ha condotto con fermezza il Portogallo dentro le Comunità europee, prima, e dentro l’Unione europea poi, essendo consapevole delle difficoltà che avrebbe incontrato ma essendo profondamente convinto del valore aggiunto dell’integrazione europea rispetto alle illusorie vie nazionali.
Ha combattuto la sua battaglia da leader politico di governo nella seconda metà degli anni ’70 e nella prima metà degli anni ‘80 guidando il suo paese come presidente della Repubblica dal 1986 al 1996 e appartenendo a quella generazione di padri e madri della democrazia che hanno unito il pensiero e l’azione per costruire un’Europa libera, solidale e giusta.
Dopo la presidenza della Repubblica ha accettato un doppio impegno europeo, da presidente del Movimento Europeo internazionale succedendo a Valéry Giscard d’Estaing nel 1997 e da semplice deputato europeo nel 1999 non dimenticando l’azione culturale della fondazione che porta il suo nome.
Conobbi Mario Soares nel momento più intenso della rivoluzione dei garofani quando andai, da giovane socialista, a respirare l’aria di libertà e democrazia a Lisbona nel maggio 1974. Soares era ministro degli esteri nella fase tumultuosa del passaggio dalla Giunta di Salvezza Nazionale al Governo provvisorio civile che aprì la strada alla costituzione repubblicana.
Ho lavorato con lui da segretario generale del Movimento europeo internazionale fin da quando il board del MEI mi inviò in missione a Lisbona nella primavera del 1997 per chiedergli di accettare la presidenza triennale del Movimento. Con Mario Soares e un gruppo informale di accademici, diplomatici, giovani federalisti e militanti della società civile concepimmo il contenuto politico del Congresso dell’Aja del maggio 1998 che mobilitò 3500 cittadine e cittadini a sostenere la causa di una costituzione democratica per l’Europa.
Condividemmo dopo la fine della sua presidenza (1999) un identico sentire sul tema dei diritti con il lavoro del Forum permanente della società civile, dei beni comuni e della pace. Nell’Europa senza costituzione, divisa fra paesi sottomessi all’egemonia americana di George Bush che si preparava all’insensata guerra contro Saddam e paesi della “vecchia Europa” – come i paesi non sottomessi furono sprezzantemente definiti dal segretario di Stato USA – contrari al principio della “guerra preventiva”, il dissenso scoppio inevitabilmente anche nel Movimento europeo mettendo in minoranza Mario Soares, Romano Prodi e Jacques Delors e il sottoscritto su una risoluzione che esprimeva solidarietà alla coalizione militare occidentale. Ça va sans dire, noi eravamo dalla parte della “vecchia Europa”.
Ho incontrato Mario Soares l’ultima volta a Lisbona il 13 luglio 2015 già molto provato dall’improvvisa morte della moglie. Il suo ultimo messaggio è del settembre 2016 per sottoscrivere la dichiarazione promossa dal CIME e dai movimenti europei del Mediterraneo prima di Bratislava, una dichiarazione sorprendentemente osteggiata dal Movimento europeo portoghese contrario – ci hanno scritto – a più Europa. Nemo propheta in patria!
Sibi tibi terra levis, che la terra ti sia lieve.
Fonte: Libertà e Giustizia
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