di Sergio Cofferati e Curzio Maltese
Il 18 e 19 Febbraio i governi europei hanno raggiunto un accordo sul nuovo status del Regno Unito all'interno dell'Unione europea. L'accordo è stato salutato da una serie di dichiarazioni positive dei capi di governo e dei vertici delle istituzioni europee. Un'osservazione approfondita e "vergin di servo encomio" mette però immediatamente in luce la gravità del contenuto dell'accordo e del metodo attraverso il quale è stato raggiunto.
Un singolo governo ha ricattato gli altri 27 e le istituzioni europee per ritagliarsi uno status speciale e imporre agli altri paesi soluzioni negative e in contrasto con alcuni dei principi fondativi dell'Europa, minacciando, altrimenti, di lasciare l'Ue. La scelta di Cameron rappresenta un precedente pericolosissimo. Che cosa impedirà ad altri Stati di seguire la stessa strada, ricattando i propri partner brandendo come armi referendum popolari, su singoli temi o sulla permanenza nell'Unione?
L'Ungheria dell'estrema destra di Orbán ha per esempio già indetto un referendum sul meccanismo diripartizione dei rifugiati, che pure era già stato approvato dal Consiglio. I governi hanno dato ai movimenti antieuropeisti e populisti un nuovo strumento da usare contro l'Unione europea, in una fase già caratterizzata da fattori crescenti di disgregazione e incertezza.
L'Ungheria dell'estrema destra di Orbán ha per esempio già indetto un referendum sul meccanismo diripartizione dei rifugiati, che pure era già stato approvato dal Consiglio. I governi hanno dato ai movimenti antieuropeisti e populisti un nuovo strumento da usare contro l'Unione europea, in una fase già caratterizzata da fattori crescenti di disgregazione e incertezza.
L'accordo raggiunto non è però sbagliato solo dal punto di vista del metodo, ma anche per il suo contenuto concreto. L'aspetto più vergognoso è la possibilità per i paesi di discriminare i lavoratori provenienti da altri stati europei, accettata unanimemente dai governi. L'accordo raggiunto, qualora confermato, permetterà infatti ai singoli stati di limitare per i lavoratori stranieri le prestazioni non contributive e i benefits per i figli a carico. Cosi si accantona il principio dell'uguaglianza di trattamento: i lavoratori europei non saranno più trattati ugualmente sul posto di lavoro ma potranno avere condizioni diverse sulla base della loro nazionalità e dunque essere discriminati.
Le istituzioni europee dovrebbero oggi concentrarsi su come affrontare la crisi economica e la crisi umanitaria aperta dalle centinaia di migliaia di profughi che arrivano in Europa. Ed ecco che si mostrano le tragiche contraddizioni dell'Unione europea: quando si tratta di superare l'austerità o di aiutare i rifugiati che fuggono dalla guerra, le regole non sono modificabili e gli accordi non vengono rispettati. Per aiutare un governo conservatore alle prese con le sue contraddizioni interne si fanno invece tutti gli sforzi possibili, si raggiungono accordi complessi e si stravolgono le regole, anche alle spese dei lavoratori europei.
In un momento in cui si dovrebbe aumentare l'integrazione e la democrazia e dare un contenuto sociale all'Unione europea, incrementando i diritti dei cittadini e dei lavoratori e accogliendo con umanità chi fugge dalla guerra, si sceglie, sotto ricatto, di andare in altra direzione. Si tratta di un altro passo falso, compiuto con la colpevole complicità di tutti i governi europei, inclusi quelli progressisti.
Fonte: Huffington Post - blog degli Autori
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