di Antonio Sciotto
L’ennesima proposta del governo che taglierebbe le tutele: a pesare sulla bilancia dei pro e contro l’ipotesi del sottosegretario alla presidenza del consiglio, il professor Tommaso Nannicini, ieri ci ha pensato la Uil. L’idea, lanciata già da qualche tempo, sarebbe quella di ridurre il cuneo contributivo sul lordo dei lavoratori dipendenti, riducendolo di 6 punti, rimpinguando così la busta paga netta. Una sorta di nuovi “80 euro”, finanziati però direttamente dagli stessi lavoratori (e dai soldi che l’impresa versa per la sua pensione), tra l’altro non ancora spiegati con precisione. Ebbene secondo i calcoli della Uil, un lavoratore medio perderebbe 298 euro dal futuro assegno pensionistico.
«L’ipotesi di limare il cuneo fiscale abbassando la contribuzione previdenziale di 6 punti percentuali, 3% a carico del datore di lavoro e 3% a carico dei lavoratori – spiega uno studio del segretario confederale Uil Domenico Proietti – avrebbe gravi conseguenze sulle pensioni future di milioni di italiani con tagli anche del 18%: si arriverebbero a perdere con 35 anni di contributi, ad esempio, circa 298 euro al mese per 3.874 euro annui, mentre con 43 anni di contribuzione l’assegno pensionistico potrebbe arrivare a perdere 412 euro al mese per complessivi 5.356 euro all’anno».
Pesanti quindi, secondo il sindacato guidato da Carmelo Barbagallo, le contraddizioni dell’ipotesi ventilata dal governo per tagliare il costo del lavoro nel tentativo di dare ossigeno a imprese e lavoratori. «Una contribuzione al 27% (rispetto all’attuale 33%, ndr) si tradurrebbe in un assegno previdenziale minore, con perdite consistenti pari a quasi un quinto del futuro trattamento. In questo modo si penalizzerebbero ulteriormente i giovani», denuncia la Uil. Al contrario, «la strada da perseguire per ridurre il cuneo fiscale è estendere il bonus di 80 euro ai lavoratori e ai pensionati».
I calcoli eseguiti dal sindacato si basano sull’ipotesi di un lavoratore dalla carriera lineare che acceda alla pensione con 67 anni di età nel sistema contributivo la cui busta paga attuale sia pari a 1.500 euro mese e al quale si applica il coefficiente di trasformazione in vigore a marzo 2016, una rivalutazione della retribuzione che ipotizza una crescita dell’1,5% e una rivalutazione annuale del montante contributivo sempre dell’1,5%. Questo lavoratore, dunque, con il taglio ipotizzato dei contributi previdenziali, pur vedendosi appesantita la busta paga attuale, finirebbe però con il perdere, se andasse in pensione con 35 anni di contribuzione, circa il 18% dell’assegno di quiescenza: 298 euro al mese, pari cioè a ben 3.874 euro annui.
Perdita che progressivamente aumenterebbe se si ipotizzasse un pensionamento con 43 anni di contributi, pari alla contribuzione minima attualmente richiesta per la pensione anticipata (42 anni e 10 mesi). In questo caso, infatti, calcola sempre la Uil, l’assegno sarà inferiore di 412 euro mensili, per un totale di -5.356 euro annui.
Una bella perdita, non c’è che dire. Tra l’altro nell’ipotesi Nannicini non tutti i soldi andrebbero direttamente in busta paga: una parte verrebbe indirizzata a sostenere la previdenza complementare (quindi tornerebbe a beneficio della futura previdenza, ma va anche ricordato che di recente la tassazione sui fondi pensione è passata dall’11,5 al 20%). Ancora: tutto ciò che andrebbe in busta paga diventerebbe, ovviamente, parte dell’imponibile. Insomma, un bel guadagno fiscale per lo Stato, su diversi versanti. Anche un netto più alto per chi lavora, certo, ma senza nessuna compensazione per la grave perdita futura.
Non è peraltro nemmeno chiaro dove andrebbe a finire il 3% scontato alle imprese: uno sconto tout-court, fatto ai danni della futura pensione dei lavoratori?
Venerdì il ministro del Lavoro Giuliano Poletti ha frenato sull’ipotesi Nannicini: «Quando si tocca il tema pensioni – ha detto – è giusto parlarne quando c’è una proposta definita e formalizzata. Commentare ipotesi su un tema che legittimamente preoccupa tante persone, come le pensioni, è sbagliato. Gli strumenti con cui è possibile mantenere la forbice positiva per il lavoro stabile sono tanti. Quando saremo pronti con una proposta la metteremo in discussione pubblicamente».
Fonte: il manifesto
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.