di Luca Martinelli
Secondo le Nazioni Unite, ogni essere umano ha bisogno di almeno 50 litri al giorno di acqua potabile per vivere una vita dignitosa. Per alcuni deputati italiani, però, ne bastano 40. Così, almeno, è scritto in uno degli emendamenti alla proposta di legge relativa alla “gestione pubblica delle acque e disposizioni per la ripubblicizzazione del servizio idrico”, che a partire da martedì 8 marzo verrà esaminata dalla Commissione ambiente della Camera dei deputati.
Il testo è “figlio” della Legge d’iniziativa popolare in materia promossa dal Forum italiano dei movimenti per l’acqua, che nel 2007 raccolse oltre 400 mila firme. Ma secondo il Forum, che è attivo dal 2006 e nel 2011 è stato uno dei protagonisti del vittorioso referendum “2 sì per l’acqua bene comune”, “alcuni emendamenti depositati puntano a stravolgere l'impianto generale del testo e ne travisano i principi essenziali, come il riconoscimento del diritto umano all'acqua e il modello di gestione pubblica del servizio idrico integrato”, cioè di acquedotto, depurazione e fognature.
Nel marzo del 2014 la proposta di legge era stata depositata da un centinaio di deputati. Alcuni, però, risultano anche tra coloro che hanno depositato gli emendamenti “truffa”, come sono stati definiti dal Forum, che ha invitatonei giorni 7 e 8 marzo a inviare una mail a tutti i componenti della Commissione ambiente. L’obiettivo: chiedere “il ritiro degli emendamenti che contrastano con i principi ispiratori della proposta di legge e con l'esito del referendum 2011 e con gli impegni condivisi da coloro che hanno deciso di aderire all'intergruppo parlamentare per l'acqua”.
Tra gli elementi critici, vi è la richiesta di una soppressione integrale dell’articolo 6, “Ripubblicizzazione della gestione del servizio idrico integrato. Decadenza delle forme di gestione. Fase transitoria”. Esso prevede, nel testo depositato, che la gestione e l'erogazione del servizio idrico integrato non possono essere separate e possono essere affidate “esclusivamente a enti di diritto pubblico”, cioè a soggetti che non hanno scopo di lucro, e che i gestori non siano “assoggettati […] al patto di stabilità interno”, quello che limita la capacità d’investimento degli enti locali. “Dalla data di entrata in vigore della presente legge -inoltre- non sono possibili acquisizioni di quote azionarie di società di gestione del servizio idrico integrato”. Alla soppressione è destinato anche il successivo articolo 7, relativo alla istituzione del Fondo nazionale per la ripubblicizzazione del servizio idrico integrato.
Per quanto riguarda invece il quantitativo minimo vitale di acqua potabile da garantire ad ogni cittadino, oltre alla riduzione del 20 per cento (da 50 a 40 litri) del fabbisogno giornaliero stimato, scompare in un emendamento ogni riferimento alla copertura tramite la fiscalità generale.
Inoltre, viene stabilito che “i costi del servizio idrico integrato devono essere integralmente coperti attraverso la tariffa”. L’impostazione del secondo tra i quesiti referendari votati nel 2011, invece, prevedeva lo spostamento della spesa per investimenti sulla fiscalità generale.
Tra gli emendamenti promossi dai deputati della maggioranza ce n’è almeno uno -all’articolo 4- interessante. È quello che stabilisce come “il servizio idrico integrato è considerato un servizio pubblico locale di interesse economico generale”. Per questo, la legge in discussione andrebbe ad intervenire anche sul Testo unico dell’ambiente (152/2006), modificando un comma. Le parole “l’affidamento diretto (cioè senza una gara ad evidenza pubblica, ndr) può avvenire a favore di società interamente pubbliche” sono sostituite dalle seguenti: “In via prioritaria è disposto l'affidamento diretto in favore di società interamente pubbliche”. La gestione pubblica diventa prioritaria, ma non è l’unica possibile (come vorrebbe il Forum italiano dei movimenti per l’acqua).
Fonte: Altreconomia
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