di Anna Lombroso
Non ha nemmeno bisogno della fiducia per farci entrare in guerra. Non ha bisogno di un Parlamento espropriato, spodestato e volontariamente rinunciatario, in cambio di un’esistenza in vita che permette ai suoi aderenti di godersi rendite di posizione, privilegi e benefits.
Si perché così come è già avvenuto con la consegna definitiva del Mare Nostrum e del nostro territorio, come basi per le scorribande dell’imperatore, comprese quelle senza pilota, ma ciononostante non incruente, basta compiere una di quelle acrobazie semantiche grazie alle quali le azioni belliche, dopo essere state accreditate come interventi di pace, di export di democrazia e di aiuto umanitario, diventano magicamente missioni di intelligence, affidate a 007 dell’Aise, l’organismo che, come recita il sito istituzionale, svolgeattività di informazione per la sicurezza che si svolgono al di fuori del territorio nazionale, a protezione degli interessi politici, militari, economici, scientifici e industriali dell’Italia, di individuazione e di contrasto al di fuori del territorio nazionale delle attività di spionaggio dirette contro l’Italia e le attività volte a danneggiare gli interessi nazionali, oltre che quelle di controproliferazione di materiali strategici.
Certo il ribaldo che ci manda in guerra per via della sua smania a essere ammesso alla tavola di quei Grandi che si sentono tali solo quando armi in pugno eseguono i comandi del padrone e sbirro globale, avrebbe preferito che dietro a queste operazioni di polizia – e pulizia etnica in territori sui quali si vuole continuare a esercitare un’attività predatoria – ci fosse il suo compagnuccio di merende. Ma si accontenta che tanto l’Aise, tenuto ad informare tempestivamente e con continuità, il Ministro della difesa, il Ministro degli affari esteri e il Ministro dell’interno per le materie di rispettiva competenza, risponde solo e direttamente al Presidente del Consiglio. E lo fa con tanta devozione che della possibilità che contingenti di militari in numera largamente superiore a quelli impiegati in altre operazioni belliche, non si sa nulla, filtrano gossip come si trattasse dell’Isola dei Famosi e lo stesso premier ha dovuto chiedere quel silenzio stampa che solitamente aborrisce. E che i suoi fidi vanno a balbettare penosamente nei talkshow, confessando che anche loro sono all’oscuro, che del poco che sanno sono informati dai giornali, rassicurando che il Parlamento sarà chiamato a pronunciarsi, prima o poi. Tanto che ci si chiede se lo stesso Renzi ne sappia davvero qualcosa, o se invece attenda, contro la sua natura, con pazienza, che Francia, Uk, Usa gli dicano cosa fare, quanta gente mandare al macello e soprattutto quanto riceverà in cambio della nostra abnegazione. E forse avrà formato a sua insaputa, tanto è secretato, il decreto del quale dà notizia il Corriere, che disegna un piano di intervento per la Libia, con tanto di rapporti di collaborazione tra i servizi segreti e le forze speciali della Difesa, regole d’ingaggio, tra le quali licenza d’uccidere e impunità per eventuali reati, modalità operative e i contenuti degli accordi stipulati con gli “alleati”. Ne avrebbe parlato con la figurina Panini dei presidenti della Repubblica che avrebbe ovviamente approvato con il suo proverbiale e vibrante dinamismo il mandato in bianco che attribuisce al premier potere assoluto per agire e sorvegliare.
D’altra parte mica è nuova l’aspirazione a un dispotismo straccione, cialtrone e al tempo stesso scialbo e vigliacco. Quella trasformazione del “ghe pensi mi” del Cavaliere, in un autoritarismo personalistico ancora più infame, ancora più indecente, che si manifesta con ogni scelta, ogni decisione presa per accontentare famigli, amici, finanziatori e per scontentare noi, espropriati del diritto di critica, di opposizione, di espressione, dopo essere stati derubati anche di tutti gli altri.
Dovremmo riprenderceli, per reclamare ragione, pace, democrazia. Contro tutte le guerre, quella “tradizionale”, comunque la chiamino, ma pure quella contro i beni comuni, il territorio, l’ambiente, l’interesse generale. Che a fronte degli otto morti per il maltempo, affogati sotto la pioggia nelle brevi di cronache, sempre senza autorizzazione del Parlamento, che comunque farebbe si sempre si, il piccolo costruttore ci ha informato che il Ponte sullo Stretto di farà e al più presto. Anzi subito dopo aver completato altre grandi opere in attesa di definitiva realizzazione. Mica dopo aver provveduto alla salvaguardia dell’assetto idrogeologico, no, solo dopo aver rimesso in funzione i cantieri infiltrati dalla malavita, delle cordate degli speculatori, solo dopo aver riavviato il brand della grande corruzione, solo dopo aver offerto opportunità di business a investitori che vengono dagli stessi paesi impegnati a foraggiare i macellai.
Ma se continuiamo a brontolare, sul ceppo insieme a quella dei capretti di Pasqua, ci finisce la nostra testa che abbiamo chinato troppo.
Fonte: il simplicissimus
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