di Ivan Cavicchi
Ma come avete fatto, viene da esclamare pensando a presidenti delle regioni del sud, del vaglio di De Luca, Emiliano, Crocetta, a sottoscrivere un accordo sulla mobilità sanitaria che vi condanna ad essere sfruttati da alcune regioni del nord per l’eternità? Come non avete pensato, in quella circostanza, a mettere sul piatto della bilancia la questione che più vi sta a cuore cioè quella del ri-finanziamento delle vostre regioni per non essere più costretti a vendere i vostri malati?
L’altro giorno le regioni tutte hanno concordato di tagliare del 50% la mobilità sanitaria dal pubblico verso il settore privato convenzionato. Un accordo che però lascia del tutto invariato il problema immorale dello sfruttamento delle regioni deboli. Alcune regioni del nord, neanche tutto il nord, si pappano un giro d’affari di quasi 4 miliardi, ma la condizione è che le regioni del sud continuino a essere non autosufficienti e quindi a esportare i loro malati, cioè a fare da miniera dalla quale estrarre la materia prima.
Il dato che spiega tutto è che i ricoveri in ospedali pubblici in regime di mobilità sono cresciuti solo del 3%, mentre quelli nel privato convenzionato dell’11%. Lo scopo dell’accordo è deviare almeno la metà di quell’11% in modo tale che il 3% diventi almeno il doppio.
Ma andiamo per ordine. Cosa è la mobilità sanitaria?
La legge stabilisce che le prestazioni medico-sanitarie siano fornite, di norma, dai servizi sanitari nei luoghi di vita delle persone. Nel caso in cui ciò non fosse possibile è contemplata la possibilità di ricorrere al privato convenzionato o ad altri servizi di altri territori e di altre regioni.
Grazie alla mobilità sanitaria milioni di cittadini che hanno la disgrazia di vivere in regioni male organizzate, con sistemi sanitari carenti, o alle prese con forti restrizioni finanziare, o semplicemente che non sono adeguate a certe complessità cliniche, hanno potuto curarsi comunque.
Le regioni forti messe alle strette dal de-finanziamento con questo accordo sono entrate in competizione con il privato convenzionato nel tentativo di monopolizzare il mercato della mobilità sanitaria. Le altre regioni non hanno battuto ciglio. Ricordo che ben 13 di esse su 21 (quindi non solo regioni meridionali) hanno, circa la mobilità regionale, tra crediti e debiti, un pesante saldo negativo e che stiamo parlando di un sistema di sfruttamento che coinvolge all’incirca 900 mila cittadini l’anno.
La parola «sfruttamento» non è né ideologica e né esagerata. La Campania (la più indebitata) ha un saldo passivo di ben 281 milioni, la Calabria di 256,2 mln, il Lazio 198,2 mln la Puglia 184,4 mln, la Sicilia 179,2 mln ecc. Dall’ altra parte, la Lombardia ha un saldo attivo di 538,4 mln, l’Emilia 333,1 mln, la Toscana 135 mln e il Veneto 85,3 mln. Senza queste risorse aggiuntive queste quattro regioni probabilmente andrebbero in disavanzo rischiando il commissariamento. Per cui la loro reazione è il ricorso al cannibalismo: «Mors tua vita mea». E De Luca, Emiliano, Crocetta ed altri onorevoli presidenti come Toti hanno firmato.
In sintesi: il pubblico anche di qualità se de-finanziato nei confronti del privato convenzionato diventa meno competitivo per cui sta prendendo piede una fuga dei malati verso l’assistenza convenzionata. Le regioni forti corrono ai ripari sbarrando la strada ai flussi migratori verso il convenzionato.
Ma il dato politico di fondo è che con il de-finanziamento si sta accentuando la spaccatura tra nord e sud, e tra regioni e regioni. Renzi nonostante le sue rassicurazioni in tv, sul nuovo titolo V che garantirebbe stessi diritti a tutti, sta dividendo il paese proprio sul diritto alla salute, spingendo le regioni al cannibalismo finanziario.
È del tutto evidente che se non si rimuovono le cause che determinano la mobilità, cioè se non si adottano politiche di riequilibrio volte a rendere auto-sufficienti i sistemi sanitari territoriali più carenti, milioni e milioni di cittadini non avranno alcuna via di scampo.
Fonte: Il manifesto
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