di Jacopo Formaioni
Non è ormai più una notizia l’emergenza abitativa in Italia. La possibilità di trovare una casa funzionale, accogliente e a costi accessibili sembra oggi difficilmente realizzabile a causa del blocco dei mutui e della crescente precarietà. Ora una parte della soluzione alla crisi che investe il nostro Paese e annichilisce le aspirazioni di molti viene dal cohousing, progetto nato negli anni sessanta in Scandinavia, che dopo essersi diffuso altrove, dalla Danimarca all’Olanda, dall’Inghilterra al Giappone, agli Stati Uniti e all’Australia, sta lentamente prendendo piede anche da noi.
Condividere spazi comuni
Il cohousing è la nuova frontiera del risparmio sociale, è ormai arrivato in Italia da circa dieci anni ed è il modo 2.0 di abitare, condividendo spazi comuni e privati. I cohouser creano comunità residenziali in cui vivere spartendosi compiti, servizi e soprattutto tempo: si può decidere di creare un orto comune nel cortile di un palazzo, realizzare una sala comune da adibire a micro-nido o palestra condominiale, istituire un servizio di bike o car sharing e una banca del tempo, per scambiarsi competenze e attività. Un aspetto importante è senza dubbio quello culturale, a partire dalle biblioteche comuni, dove depositare e condividere tutto il proprio “sapere” e al cui interno si possono creare eventi aperti verso l’esterno, con l’obiettivo di farli diventare dei veri e propri laboratori e centri culturali.
Tutto questo con la volontà imprescindibile di favorire un aumento delle relazioni interpersonali tra vicini di casa, senza però rinunciare alla propria privacy, garantita dai singoli appartamenti, dotati di tutto, ma più piccoli della media. Tutto si decide e si fa insieme e, mentre nel mondo gli esperimenti di cohousing in atto hanno superato il migliaio, anche l’Italia inizia a sfruttare questa opportunità, con Torino e Milano a dare il buon esempio, come spesso succede in fatto di innovazioni. È stato proprio nel capoluogo lombardo che ha visto la luce la prima esperienza di cohousing, l’Urban Village Bovisa, abitato ancora dalle 30 famiglie che lo fondarono nel 2006 e, sempre a Milano, ci sono Co Ventidue e Cohousing Chiaravalle. A Torino, l’associazione Coabitare gestisce quattro progetti, tra cui spicca Numero Zero, una palazzina ottocentesca in piena Porta Palazzo, ristrutturata per offrire una diversa esperienza di vita.
Basso impatto ambientale
Un altro punto di forza del cohousing sono le politiche ecologiche ed ecosostenibili che sono alla base di questi nuclei abitativi: a fianco di un ambiente sicuro, anche e soprattutto per i più piccoli, si ha la garanzia di un basso impatto ambientale, grazie all’utilizzo di materiale di bioedilizia e risorse energetiche alternative. Non solo. Lo sviluppo degli orti biologici favorisce, anch’esso, l’abbattimento dell’impatto ambientale della filiera produttiva di frutta e verdura, insieme al car sharing, che contribuisce alla riduzione del numero di auto circolanti.
Senza dimenticare le ricadute positive provenienti dallo scambio intergenerazionale. Nei cohousing vivono e si incontrano bambini, giovani, adulti e anziani, coppie, famiglie... In pratica, è un nuovo ritorno alla comunità degli anni sessanta e settanta, non più la famiglia tradizionale dei nostri giorni, ma un insieme di persone che si conosce e insieme collabora. E così il genitore single può lasciare il figlio in un ambiente sicuro quando deve assentarsi per lavoro; gli anziani possono rompere il muro di solitudine che sempre più spesso li isola, continuando a sentirsi attivi e utili e – quello che forse più conta – aiutati in caso di bisogno.
Opportunità lavorative
Ma il cohousing non è solo un nuovo modo di abitare. I cohouser possono condividere la propria vita. E – perché no – anche il lavoro. Perché ilcohousing offre anche molte opportunità, a partire dalla sua concreta realizzazione. È cosa nota che il settore edilizio è fermo da anni; progetti di cohousing da costruire ex novo o ristrutturando vecchi edifici, recuperandoli dall’abbandono, possono offrire delle concrete opportunità lavorative. Ancora non ci sono stime o studi a tal riguardo, ma le potenzialità sono molte e in tanti stanno puntando in questa direzione. È tuttavia dalla gestione che vengono già i primi piccoli risultati. Tutti i servizi interni di questi insediamenti, come nidi, palestre o piscine, possono essere aperti all’esterno, facendo pagare per poterne usufruire. Allo stesso modo, le case per gli ospiti possono essere pensate come dei veri e propri bed & breakfast per vacanze e viaggi di lavoro.
Gli effetti della crisi
Ma non meno diffuse sono le esperienze di coliving, che prevedono soluzioni a buon mercato – a volte solo in cambio di una mano nella gestione del centro – per professionisti in cerca di un appartamento in cui vivere e lavorare per un breve periodo di tempo. Così come non sono trascurabili i proventi derivanti dalla vendita dei prodotti degli orti, di cuicohousing ben attrezzati possono dotarsi per il consumo interno e per rivendite verso l’esterno. Tutte queste possibilità, unite al risparmio consentito dalla divisione delle spese, permette alle famiglie di affrontare al meglio le difficoltà insite nell’attuale fase economico-sociale. Con il merito, indubbio, di far sentire meno sole le persone che stanno subendomaggiormente gli effetti della crisi.
Fonte: Rassegna Sindacale
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