di Pierfranco Pellizzetti
Niente è mai come sembra. L’infame regola dell’illusionismo politico nella sua stagione iper-mediatica subisce un’accelerazione parossistica quando s’incarna nelloschieramento del “Sì” al prossimo referendum; compresi i sostenitori mascherati da supra partes. L’ultimo esempio in ordine di tempo ce lo ha fornito l’altra sera dalla Gruber l’ex sindaco milanese Giuliano Pisapia; il quale continuava ad ammantarsi nel buonismo molto politicamente corretto e soprattutto ponzio-pilatesco del “studiamo le carte”.
Con l’immancabile appello di maniera a ricomporre il fronte della sinistra. Secondo un più attento esame, argomentare molto furbesco decodificabile come il proprio posizionamento “in riserva della Repubblica” nell’ipotesi di un’eventuale sconfitta/affondamento di Matteo Renzi il 4 dicembre.
Con l’immancabile appello di maniera a ricomporre il fronte della sinistra. Secondo un più attento esame, argomentare molto furbesco decodificabile come il proprio posizionamento “in riserva della Repubblica” nell’ipotesi di un’eventuale sconfitta/affondamento di Matteo Renzi il 4 dicembre.
In altre parole, “non mi schiero, perché penso che l’ecumenismo sia il migliore investimento per la mia futura carriera di ex rifondarolo destrorso”. Infatti l’ala “anime belle” a supporto (dichiarato o sottobanco) della riforma Boschiutilizza questa impostazione pretestuosa secondo cui è fondamentale “leggere la riforma alla lettera”. Tesi apparentemente inoppugnabile quanto – in pratica – volpina, visto che il combinato elettorale/costituzionale è un meccanismo a orologeria studiato con grande (seppure perversa) perizia per ottenere effetti non dichiarati; dunque spiazzanti. In livornese, “un trappolone”. Sicché, l’invito di limitarci acriticamente all’analisi testuale del confuso elaborato – da esaminare con la deferenza di chierici alle prese con pandette giustinianee – non è altro che la perfida spintarella per farci cadere definitivamente nel trabocchetto.
Se si tratta – come è presumibile trattarsi – di un astuto marchingegno, l’approccio corretto non può essere che quello decostruttivo; adottando la sana pratica dell’ermeneutica del sospetto, l’esplorazione del “cosa ci sta dietro”, visto che non abbiamo a che fare con una personalità adamantina alla Pietro Calamandrei, bensì con un suo concittadino furbastro, ficcato nell’arte assassina dello “stai tranquillo”.
A dire il vero ci aveva provato Gustavo Zagrebelsky nella sua maldestra performance de La7, vanificata dalla totale ignoranza dei tempi televisivi. Ma quella continua a essere la linea da seguire, se non si vuol finire avviluppati nella carta moschicida della comunicazione diversiva e mendace.
Punto primo: l’obiettivo retrostante dell’intero apparato regolativo su cui siamo chiamati a esprimerci è quello di contrarre radicalmente lo spazio decisionale della cittadinanza elettrice (il presunto “principe” declassato a tappezzeria). Operazione avviata con la strana abrogazione delle Provincee ora proseguita con la trasformazione del Senato in dopolavoro per amministratori locali designati; sempre in linea con la secolare aspirazione del ceto politico di sottrarsi al controllo democratico.
Punto secondo: l’ideologia ispiratrice è quella decisionistica di un esecutivo sgravato dal peso di bilanciamenti introdotti dal costituzionalismo negli ultimi secoli. Il mito dell’uomo solo/forte al comando, rilanciato nel 1976 dal paper Trilateral, ripreso dalla filiera Craxi-Gelli, ora ribadito dalla ricetta JP Morgan del 2013.
Punto terzo: questa guerra civile scatenata dal Palazzo contro il suo stesso popolo, strumentalmente blandito e infantilizzato in nome della stabilità legge & ordine, propone un modello verticistico top-down in cui tutti i corpi intermedi vanno piallati via, dall’autogoverno dei nostri porti alle autonomie locali.
Se non si è prevenuti oppure ossessionati dai rischi del cambiamento, dovrebbe essere evidente che il modello propostoci è profondamente allergico a contrappesi e controlli, persegue l’imperscrutabilità che premi di maggioranza abnormi assicurerebbero. Insomma, risulta l’estrema blindatura della Casta. Nella delirante retrocessione della politica al mito del Leviatano.
Chi capisce tutto questo e non vuole precipitare nel gorgo dei tecnicismi predisposti ad arte, deve operare una mossa laterale rispetto alla vulgata corrente; per riuscire a scorgere quanto sia arrogante il vero volto del Potere. E dei suoi giannizzeri-speaker.
Fonte: Il Fatto Quotidiano - blog dell'Autore
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