di Nicola Melloni
Come era lecito aspettarsi Corbyn ha sconfitto la congiura di palazzo che mirava ad estrometterlo ed è stato confermato ad amplissima maggioranza segretario del Labour. Dopo la sua inattesa vittoria dello scorso anno, Corbyn era stato sfiduciato dal gruppo parlamentare laburista, pieno di ex-blairite e moderati che vedono come fumo negli occhi l’ascesa di un leader radicale alla guida della sinistra inglese. Questo ha costretto ad una nuova consultazione tra gli iscritti, in cui Corbyn ha stravinto contro l’avversario di turno, Owen Smith, una figura marginale su cui avevano puntato tutte le opposizione interne, tenute insieme solo dall’anti-corbynismo.
C’è di che rallegrarsi per questa vittoria: nonostante il manifesto elettorale di Smith ricalcasse opportunisticamente quello del segretario, era chiaro che una sua vittoria avrebbe riconsegnato il partito all’establishment per riproporre l’ormai stantia copia del New Labour.
Proprio l’ombra di Blair e dei suoi discepoli ha contribuito a rafforzare la posizione di Corbyn. La Terza Via, e più in generale la socialdemocrazia, sono ormai in bancarotta politica e morale. Le politiche centriste potevano aver successo 20 anni fa, ma hanno ben poco senso oggi con una classe media impoverita dalla crisi e decimata dalla polarizzazione del reddito. Per di più, qualsiasi tentativo di sfondamento al centro rischia di creare terremoti a sinistra: tre decenni di neoliberismo hanno cancellato il rapporto organico di fiducia tra la sinistra e il mondo del lavoro, ormai scomparso nelle sue articolazioni politiche tradizionali. Mentre la socialdemocrazia andava alla ricerca dei voti della borghesia, quella che una volta si definiva la base si è liquefatta, con voti in libera uscita che vanno in qualsiasi direzione – in Gran Bretagna si dividono tra astensione, UKIP, Verdi e Liberaldemocratici.
E’ in questo contesto che nasce il fenomeno-Corbyn, il cui progetto è chiaramente di ricostruire una sinistra che parli al nuovo mondo del lavoro, agli sfruttati, agli sconfitti della globalizzazione liberista, per costruire quello che lo stesso Corbyn definisce il Socialismo del XXI secolo.
Un progetto ambizioso che apre però interrogativi scomodi per il futuro della sinistra. Come è ovvio, l’establishment è smaccatamente ostile a qualsiasi tipo di svolta a sinistra. Lo si è visto con la guerra interna scatenata dalla nomenklatura del Labour; e lo si capisce dal comportamento dei media che fanno di tutto per screditare la figura di Corbyn, tanto che pure uno studio della London School of Economics ha spiegato come non si tratti del normale diritto di critica esercitato dalla stampa, quanto piuttosto di una campagna mediatica tesa a delegittimare Corbyn sia come persona che come linea politica. Il risultato di questo fuoco incrociato è una radicalizzazione dello zoccolo duro dei sostenitori – come dimostrato dal Congresso – e una marginalizzazione elettorale.
Quando il gruppo parlamentare laburista sostiene che con Corbyn sarà molto difficile vincere le prossime elezioni, dice una cosa vera. Certo, per via della guerra interna allo stesso Labour, certo per la propaganda dei media. Ma anche perché rifondare le basi di un partito non è affare di poco tempo. Per ricostruire un rapporto di fiducia col mondo del Lavoro ci vogliono anni, così come per tentare di riconquistare una Scozia ormai sempre più distante da Londra. Si tratta di una lavoro culturale, ancora più che politico.
Che si scontra con i tempi della politica, che impongono una vittoria immediata come condizione per mantenere la leadership. Per Corbyn questo, all’apparenza, non è un problema: ha più volte ricordato che non si può puntare tutto sulla conquista del potere, soprattutto se questa avviene con compromessi che snaturano il significato della proposta politica. Una scelta coraggiosa che rischia però di frantumare ulteriormente un partito che è abituato come nessun’altra formazione di sinistra in Europa a governare. E che rischia di deludere gli elettori vogliosi di un cambiamento il prima possibile.
Un dilemma di non facile soluzione – che in fondo è il problema di tutta la sinistra. Quale è il costo della vittoria? E quale quello del cambiamento?
Per puntare a vincere subito bisogna giocare una partita con regole scritte da altri, con programmi accettabili dall’establishment, con leader telegenici scelti dai media e non dagli iscritti. Quello su cui invece punta Corbyn è la riscoperta della lotta politica in termini non puramente elettorali ma di cambiamento strutturale, addirittura di egemonia avrebbe detto Gramsci. Un progetto che prende atto del fallimento della sinistra neoliberale, ma che rischia di deragliare nella politica usa e getta del XXI secolo.
Fonte: Micromega online - blog dell'Autore
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