La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 1 giugno 2017

Non si combatte il terrorismo con uno stato di polizia

di Laurie Penny
Che cosa siamo disposti a sacrificare per la sicurezza dei bambini? La sera del 22 maggio 22 persone sono state massacrate alla Manchester Arena. Erano perlopiù ragazzine che uscivano da un concerto pop. Alcune ore prima che l’assassino fosse identificato o che il gruppo Stato islamico (Is) rivendicasse l’attentato, il dibattito politico aveva già virato verso la richiesta di vendetta. In nome di quei bambini morti, rispettati opinionisti invitavano a fare un ulteriore giro di vite sui migranti e sulle persone percepite come straniere, a far scendere in strada l’esercito, a creare “campi d’internamento”, il tutto con facce impassibili e la sincera convinzione che chiunque non fosse d’accordo fosse un debole o addirittura simpatizzasse con i terroristi. Un sacco di ragazzine sono state uccise. A che servono oggi la tolleranza e i diritti umani?
Nessuno, nell’immediato, può restare del tutto lucido quando decine di bambini vengono mutilati o uccisi. Esistono, tuttavia, individui che sono più pronti di altri a sfruttare l’occasione per portare avanti i loro piani.
Le accuse ai progressisti
Ancora una volta, sentiamo ripetere che lo stato non è all’altezza del compito di proteggere i “nostri” bambini, che quegli smidollati dei progressisti non permettono di proporre le “ovvie soluzioni” a questi problemi. Nessuno è in grado di articolare con precisione quali sarebbero le “ovvie soluzioni”: tutti si limitano a trattare la questione con sguardi corrucciati, sopracciglia alzate e dure allusioni alle conseguenze del politicamente corretto.
L’idea condivisa è che viviamo in un paese talmente paralizzato dall’inettitudine e dalle inutili chiacchiere dei progressisti, che le persone che pensano in maniera corretta non possono dire cos’hanno davvero in testa.
La verità è che nessuno impedisce a nessuno di dire quel che pensa sulla faccenda. Se non mi credete, fatevi un rapido giro su Twitter e vi sarà subito chiaro. La verità è che molte persone si trattengono dal dire quello che credono andrebbe fatto perché sanno benissimo che il loro pensiero è inaccettabile e vergognoso in qualsiasi società sana di mente. Così vergognoso, anzi, che serve un seminatore di zizzania professionista per dirlo ad alta voce.
Ed è qui che entra in gioco Katie Hopkins. Non sono solo i troll come lei ad aver invocato una “soluzione finale” all’indomani dell’attentato alla Manchester Arena. L’opinionista del Daily Telegraph Allison Pearson ha dichiarato che dovremmo cominciare a mettere “migliaia” di persone in “campi d’internamento” in nome della protezione dei bambini.
Il caporedattore di Spiked, Brendan O’Neill, ha usato un tono simile, dando la colpa delle stragi al “multiculturalismo”, e facendo intendere che chiunque invochi calma e tolleranza di fronte al terrorismo non è abbastanza arrabbiato per l’omicidio dei suoi 22 concittadini. “Sta diventando chiaro”, secondo O’Neill, “che la promozione di una vuota ‘unità’ in risposta al terrorismo è un modo di alimentare la passività”.
In realtà il Regno Unito è tutto tranne che passivo di fronte alla violenza estremista. Il paese possiede già uno dei più consolidati programmi antiterrorismo del pianeta. Siamo tra le società più sorvegliate del mondo occidentale. Abbiamo un programma antiestremismo, Prevent, che rende obbligatorio in scuole, università e altre istituzioni pubbliche la segnalazione di qualsiasi sospetta attività radicale o “estremista”.
Prevent è talmente severo da essere stato condannato da esperti e insegnanti di ogni orientamento come una violazione del diritto di pensiero ed espressione. Le autorità responsabili del controllo e della caccia a questi psicopatici e ai loro simpatizzanti non stanno certo prendendo alla leggera il loro compito.

Fonte: Internazionale 

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