La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 1 luglio 2016

Spagna, ricostruire lo spazio di movimento dopo la full immersion elettorale

di Marta Autore e Marco Pettenella
Le elezioni del 26 giugno nello Stato Spagnolo ci pongono di fronte ad uno scenario in parte inaspettato. Dopo il crollo verticale tra il 2011 ed il 2015 con la perdita di oltre 3 milioni di voti, nonostante le mobilitazioni degli ultimi anni, le divisioni interne e gli scandali nazionali e locali che si susseguono a ripetizione con inchieste per corruzione ed arresti, il Partito Popolare resiste ed anzi in sei mesi recupera 700.000 voti e 14 seggi. Probabilmente è risultata l’opzione più credibile per gli indecisi, colpiti da mesi dalla martellante retorica sulla catastrofe rappresentata da instabilità e ingovernabilità e, chissà, condizionati dai recenti eventi destabilizzanti provenienti da oltre la Manica.
Unid@s Podemos, l'alleanza elettorale (la cosiddetta “confluencia”) composta da Podemos e Izquierda Unida in seguito alla tornata elettorale del 20 dicembre scorso, con l’obiettivo dichiarato di cercare uno storico “sorpasso” ai danni del Partito Socialista non riesce ad ottenere questo risultato e rimane terza forza politica, confermando i 71 seggi delle elezioni precedenti.
Un risultato definito non soddisfacente dallo stesso Iglesias una volta reso ufficiale, nella tarda serata di domenica. Da un lato perché i sondaggi a seggi aperti davano Podemos in netto vantaggio sul PSOE fino a pochi minuti dopo la chiusura dei seggi. Dall’altro, ben più rilevante, perché in termini di voti la confluencia perde oltre un milione di preferenze rispetto ai risultati delle due forze che erano andate separatamente al voto lo scorso 20 dicembre.
Un risultato che però ci consegna un dato importante: Podemos non effettua il sorpasso, ma si consolida come forza politica la cui credibilità da parte degli elettori rimane stabile. Un dato non scontato, considerando la storia giovane di questo partito, che a poco più di due anni dalla sua fondazione conferma di convincere il 20% degli elettori alle politiche.
Si conferma seconda forza politica, seppur perdendo 4 seggi, ilPartito Socialista (PSOE), dopo mesi di campagna elettorale incentrata sulla contrapposizione a Podemos. Un Partito Socialista in lento e costante calo, che sta vivendo la crisi peggiore di sempre, ma che al momento dell’ufficializzazione del risultato del mancato sorpasso, si lascia andare in una festa di cori e sorrisi, dimenticando, chissà, che il vero trionfatore di queste elezioni sia il PP di Rajoy..
Adesso si darà il via al giro di consultazioni per la formazione del prossimo Governo, dall’esito non diretto (il PP non ha la maggioranza assoluta, pur contando sull’appoggio di forze politiche affini), ma probabilmente scontato: astensione da parte del PSOE, governo PP con Mariano Rajoy presidente e un’altra legislatura caratterizzata da austerità e scandali di corruzione.
Aspettando di vedere se questo scenario si concretizza, restano da analizzare il fattori che hanno portato a questo risultato insoddisfacente per Unid@s Podemos, avendo seguito con interesse le vicende di questa formazione fin dalla sua nascita.
In queste ore editorialisti, politici, elettori e non, stanno adducendo svariate ragioni alla battuta d’arresto di Podemos: la scelta strategica della “confluencia”, la posizione non chiara rispetto all’Europa, il ruolo troppo leaderistico di Iglesias, un asse troppo spostato a destra, un asse troppo spostato a sinistra, la posizione di rifiuto netto di appoggiare un governo PSOE insieme a Cuidadanos. Ognuna di queste possibili concause potrebbe avere a che fare con la perdita di alcuni voti, ma senza entrare nello specifico di questi punti, ci piacerebbe proporre una riflessione di carattere più generale e, probabilmente, rilevante.
Dopo aver rapidamente conquistato il campo elettorale apertosi a sinistra dopo il 15M capitalizzando, da un punto di vista elettorale, forse il massimo di quanto messo a disposizione da quella stagione di lotte e mobilitazioni sociali, sembra che Podemos trovi ora difficoltà nel raccogliere un consenso più esteso. Per non arenarsi in una dinamica puramente elettoralista, finora anche dettata dalla frequenza delle scadenze elettorali spagnole negli ultimi due anni, sembra chiaro che ciò che manca per continuare il processo di cambiamento e radicalizzazione sociale sia la presenza delle piazze piene, dei movimenti sociali, dei processi di autorganizzazione. Per dirla in altre parole, il desiderio di cambiare questa società, la cosiddetta “ilusiòn del cambio”, si estenderà attraverso l’emergere delle contraddizioni generate dal sistema attuale (che, con ogni probabilità, emergeranno con forza nella prossima legislatura) e la presa di coscienza che deriva dal combatterle. Se Podemos riuscirà a stimolare, accompagnare ed evolversi contaminato da questi processi di movimento e autorganizzazione, potremo nei prossimi anni assistere ad un'ulteriore accelerazione anche in termini di rappresentanza politica e di elezioni.
Per chi crede in questo progetto politico e ha investito buona parte degli ultimi due anni nella sua costruzione, come riporta l’editoriale di ieri del Diario.es è il momento di “ricostruire spazi di resistenza sacrificati allo spazio elettorale”.
Di seguito pubblichiamo il contributo post elettorale di Anticapitalistas, una componente di Podemos, che nell'analizzare il voto richiama esplicitamente la necessità che l'impegno elettorale sia accompagnato da un profondo lavoro sociale e apre direttamente e indirettamente a riflessioni e discussioni più profonde sulle forme di organizzazione del “partito-movimento”, sul concetto di classe e di coloro che “stanno in basso” (los de abajo), sulla necessità di costruire un movimento europeo democratico, che si opponga alle politiche di austerità e che faccia fronte al fascismo ed al razzismo che avanzano. Buona lettura!

Anticapitalistas: i risultati delle elezioni del 26 giugno e le prospettive future
Il risultato delle elezioni non è stato quello che speravamo quando scommettavamo su un cambio politico che desse inizio alla trasformazione sociale. Il Partito Popolare di Mariano Rajoy, un partito corrotto e responsabile delle politiche di austerità, ha vinto le elezioni. Il PSOE e Ciudadanos perdono voti e seggi, ma resistono quanto basta per garantire la governabilità del regime, per lo meno a breve termine.
Unid@s Podemos, il progetto elettorale al quale partecipiamo attivamente, non soddisfa le aspettative che aveva suscitato e si colloca al terzo posto.
Ci sono due questioni importanti sulle quali vogliamo soffermarci. Da un lato non dobbiamo sminuire l'importanza storica del risultato.Milioni di persone hanno votato per il cambiamento (per quanto “cambiamento” non abbia un significato univoco), scegliendo una forza politica nuova che è stata oggetto di duri attacchi da parte delle elites. È la conferma che, per quanto manchi ancora molta gente da convincere, siamo riusciti a costruire un blocco elettorale capace di confrontarsi con i partiti delle forze dominanti. D'altro lato non dobbiamo nascondere la delusione: le aspettative che avevamo a medio termine non si sono realizzate. L'unione tra Podemos e IU perde oltre un milione di voti rispetto alle elezioni del 20 dicembre e non riesce a sfruttare a pieno il suo potenziale.
Il ciclo elettorale si chiude temporalmente e a prescindere dal fatto che non si sono realizzati tutti gli obiettivi, bisogna riconoscere che sono stati compiuti importanti passi avanti. Se il ciclo di mobilitazioni, conflitti sociali e auto-organizzazione del 15M ha costituito quel substrato sociale che ci ha permesso di confrontatci con le elties sul piano elettorale, ora si deve invertire questa dinamica e lanciarci in un processo di construzione popolare dal basso, a medio termine, che permetta di rafforzarci, riuscire ad incidere nella prossima legislatura e prepararci per le prossime battaglie.
Il regime genererà un governo senza maggioranze assolute, ma fedele alla Troika e alle politiche di austerità. Per Anticapitalistas, governare o appoggiare un governo vuol dire riuscire a migliorare concretamente la condizione delle classi popolari e, contemporaneamente, permettere di aprire strade verso una società radicalmente democratica, ecofemminista e socialista. È il momento di delimitare chiaramente il campo politico: nessuna alleanza di governo, tra quelle oggi possibili, ci appartiene. Ci collochiamo all'opposizione per costruire con determinazione il conflitto sociale, appoggiando e stimolando le lotte, avanzando proposte programmatiche forti, utilizzando i parlamenti (nazionali e regionali N.d.T.) come cassa di risonanza delle classi popolari, edificando allenaze che non siano solo elettorali tra partiti, ma sociali, tra la classe lavoratrice e il ceto medio impoverito dai tagli che il governo che verrà realizzerà agli ordini di Bruxelles. Stare tra i lavoratori e le lavoratrici, con pazienza, costruendo comunità e contropotere, organizzando, lottando, creando potere popolare.
Dopo questo ciclo elettorale dobbiamo aprire un dibattito onesto e reale all'interno del “blocco del cambiamento”. Per quanto ci concerne come Anticapitalistas difenderemo la nostra proposta di “partito-movimento” amplio, radicato dal basso, vincolato al conflitto sociale e alle classi popolari, utile per i movimenti sociali di rottura e, chiaramente, pluralista.
Bisogna costruirlo unitariamente, rispettandosi e dialogando con le diverse ipotesi in campo. Si deve costruire altresì l'unità popolare dal basso, contro l'unità delle elites. Ora è necessario sviluppare l'unità elettorale anche sul terreno sociale e delle resistenze.
Il contesto internazionale è difficile. In Europa assistiamo ad una svolta a destra. È urgente combattere le tendenze autoritarie: nel prossimo periodo dobbiamo essere parte di un movimento democratico e antifascista europeo. Tracciare queste alleanze, cercare momenti di incontro per generare un movimento su scala europea. Questa battaglia si gioca su scala internazionale.
Continueremo nella lotta e nella costruzione. Siamo milioni e abbiamo dimostrato che “SI SE PUEDE”. Dobbiamo organizzarci in ogni quartiere, in ogni luogo di lavoro o di studio. Il regime e le elites non avranno la vita facile nel cercare di stabilizzare il loro regime. L'unica cosa che possiamo prevedere è la lotta, per continuare ad aprire brecce e aumentare e rafforzare il “blocco per il cambiamento”. Non un passo indietro, siamo arrivati fin qui per restarci. Continuiamo.

Traduzione di Marco Pettenella
Fonte: communianet.org 

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