di Claudio Conti
Quando si parla di banche è meglio non farsi deviare dalle dichiarazioni in conferenza stampa, dove i primi ministri danno il peggio di sé per tranquillizzare i propri grandi elettori di riferimento. Se dovessimo infatti cercare di capire dalle dichiarazioni cosa si sono detti ieri Merkel e Renzi rimarremmo a guardare il dito, anziché la luna. A chiacchiere, infatti, si è trattato di uno scontro sulle “regole” che riguardano le crisi di singole banche, con l’Italia che chiede di sospendere il meccanismo del bail in (prima di ogni intervento di salvataggio pagano di tasca propria azionisti, obbligazioni anche inconsapevoli e correntisti per la parte eccedente i 100.000 euro) e la Germania a ribadire che “non si cambiano le regole ogni due anni” (il tempo che è passato dal trattato in vigore sull’unione bancaria).
Fosse così, sarebbe solo l’ennesima puntata di un film già visto, con Renzi nella parte della vispa teresa cicalona e Merkel in quella dell’ottuso burocrate che obbedisce ciecamente alle “regole, anche quando queste sono chiaramente sbagliate (la crisi del sistema bancario europeo, stressato ora anche dalle consguenze della Brexit, è generale, non individuale).
Oltretutto sarebbe uno scontro in cui – a noi del “mondo di sotto” – non converrebbe per nulla prender parte. Quello che Renzi chiede di poter fare, infatti, è di impegnare denaro pubblico (tasse di noi cittadini) per salvare gli istituti di credito messi peggio. Mentre la “fermezza” della Merkel punterebbe il bisturi su azionisti e clienti delle banche. Ovvero, di nuovo, su (quasi) tutti noi che il conto corrente ce lo hanno imposto altrimenti non ci potevano pagare lo stipendio e far comprare casa col mutuo.
In realtà occorre guardare ai problemi delle banche italiane e tedesche (e francesi, inglesi, ecc) per come ce li presenta un rapporto del Fondo Monetario Internazionale, non a caso sbattuto in apertura di prima pagina dal confindustriale IlSole24Ore. Se quelle italiane “soffrono le sofferenze”, ovvero i prestiti che soprattutto le imprese fanno fatica a restituire, quelle tedesche soffrono una lunghissima serie di problemi diversi: dall’immensa esposizione verso i “prodotti derivati” (la sola Deutsche Bank ha in pancia 75.000 miliardi di euro in spazzatura conclamata; 10 volte il Pil tedesco, cinque volte quello europeo e quattro volte il debito pubblico Usa e, si parva licet, circa 70 volte il “mostruoso” debito pubblico italiano di “soli” 2.300 miliardi), al modello di business antiquato (troppe filiali e dipendenti, guadagni certi solo sui tassi di interesse) fino alla dipendenza della politica regionale (nel sistema delle Landesbanken territoriali).
Una differenza sistemica così accentuata fa sì che qualsiasi sia la “regola” che viene scelta per risolvere le crisi ammazza qualcuno e salva qualcun altro. Non c’è insomma nulla di “oggettivo”, se non la crisi stessa, nessuna “scelta obbligata”, ma solo discrezione. Ovvero politica.
Sembra dunque chiaro che la “fermezza” merkeliana sia un modo di aiutare il sistema bancario italiano a portare presto i libri in tribunale, lasciando un mercato comunque abbastanza ricco a disposizione del proprio sistema bancario. Più o meno quel che è avvenuto, e sta ancora avvenendo, con il sistema industriale, parti consistenti della grande distribuzione (in cui sono stati i francesi a fare la parte del leone), ecc.
Ma, per favore, non ci venite a sfruculiare con il “rispetto delle regole” o con il renzian-berlusconiano “le ha violate prima la Germania”…
P.s. Sono questi i “valori europei” per cui bisognerebbe fare ogni sacrificio…
Fonte: Contropiano
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