di Paolo Rizzi
Il 29 Ottobre gli islandesi hanno eletto il nuovo parlamento. Dalla crisi finanziaria del 2008-2011 il sistema politico della piccola isola è stato in cambiamento continuo. In queste elezioni un elettore su due ha cambiato voto. Esce sconfitta dal voto la coalizione di governo tra i conservatori del Partito dell’Indipendenza e i centristi agrari del Partito del Progresso. È, però, da notare che il Partito dell’Indipendenza guadagna voti e rimane primo partito, mentre il Partito del Progresso crolla. Crolla anche l’opposizione ufficiale dell’Alleanza Socialdemocratica mentre crescono in maniera notevole la Sinistra - Movimento Verde e i Pirati. Debutta con un ottimo risultato il Partito della Rinascita, nato da una scissione europeista del Partito del Progresso.
Partito
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Percentuale
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Variazione
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Seggi
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Partito dell’Indipendenza
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29%
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+2,3%
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21
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Sinistra - Movimento Verde
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15,91%
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+5%
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10
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Pirati
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14,48%
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+9,4%
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7
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Partito del Progresso
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11,49%
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-12,9%
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8
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Rinascita
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10,48%
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Nuovo partito
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7
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Futuro Luminoso
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7,16%
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-1,5%
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4
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Alleanza Socialdemocratica
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5,74%
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-7,1%
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3
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Partito del Popolo
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3,54%
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Nuovo Partito
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0
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Alba
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1,73%
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-4,12%
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0
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L’Islanda e l’Unione Europea
Le elezioni islandesi possono essere lette anche sotto un’altra lente: quella dell’eventuale ripresa delle trattative per l’ingresso nell’Unione Europea.
L’ingresso nell’UE è una questione che divide le aree politiche in maniera trasversale, possono essere individuate tre posizioni.
1 La posizione pro integrazione europea, a favore della riapertura immediata delle trattative per l’ingresso nell’Unione sospese anni fa. La posizione è sostenuta dai socialdemocratici, dal Partito della Rinascita e dal partito Futuro Luminoso. Complessivamente l’area pro integrazione è passata dal 21,1% dei voti al 23,4%. Un aumento tutto interno al campo centrista e conservatore.
2 La posizione anti integrazione europea, che considera le trattative chiuse definitivamente. La posizione è sostenuta dal Partito dell’Indipendenza, dal Partito del Progresso e dalla Sinistra - Movimento Verde. Il campo anti integrazione è sceso dal 62% al 56,4%. In questo caso, si può dire che è calato l’euroscetticismo di destra mentre è cresciuto quello di sinistra.
3 Infine, la posizione “sotto condizione”, ovvero coloro che sono disposti a riaprire le trattative solo a patto di rispettare alcune premesse. Questa posizione è condivisa da Alba e soprattutto dal Partito dei Pirati. Grazie alla spettacolare ascesa dei Pirati, quest’approccio è passato dall’8,2 al 16,19%. In particolare, le condizioni dei Pirati sono che i risultati delle trattative siano sottoposti a referendum popolare, che l’islandese sia una delle lingue ufficiali dell’Unione e che l’Islanda possa rifiutare una serie di regolamenti europei considerati lesivi delle libertà digitali. Infine, i Pirati aggiungono che se l’integrazione dovesse rimanere bloccata, l’Islanda dovrebbe ricontrattare la sua partecipazione all’Area Economica Europea per recuperare spazi di autodeterminazione.
Si può quindi concludere che il voto degli islandesi sia stato in maniera netta contrario all’integrazione europea a tutti i costi, che nel mondo centrista e conservatore ci sia stato un momento di modernizzazione con posizioni più europeiste e liberali, che a sinistra è cresciuto l’euroscetticismo e la preoccupazione per la sovranità del paese.
La formazione del governo
Il Presidente della Repubblica, l’indipendente Johannesson, ha cominciato i colloqui con le forze politiche per decidere a chi affidare l’incarico di governo. Essenzialmente si aprono due vie.
La prima è il governo delle opposizioni, formato dalla Sinistra, dai Pirati, da Futuro Luminoso, da Rinascita e dai socialdemocratici. I Pirati e la Sinistra hanno già espresso questa come la loro posizione preferita. In questo caso il presidente potrebbe affidare la guida del governo a Rinascita o ai Pirati per via dei loro guadagni elettorali o alla Sinistra per via della posizione di secondo partito del paese.
La seconda via è l’allargamento del centrodestra, con il Partito del Progresso e il Partito dell’Indipendenza alleati con uno o più tra Rinascita, Futuro Luminoso o socialdemocratici.
Esiste infine la possibilità che il Presidente chieda ai partiti di formare un governo di unità nazionale che rifletta la frammentazione del voto islandese.
D’altra parte, ogni soluzione porterà l’isola a un governo diviso sulle questioni interne e sui rapporti con l’Unione Europea.
Fonte: La Città futura
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