di Giulio Cavalli
«Io credo che la politica stia vivendo uno dei momenti più bassi anche dal punto di vista del linguaggio oltre che dei comportamenti, e che questo non aiuti il Paese. Ormai la rissa è d’obbligo»: parole, opere e omissioni (tante omissioni) di Roberto Giachetti nella sua fase da “intellettuale responsabile” quando (era il 18 gennaio) si giocava il personaggio del “professorino” per brillare contro l’inesperienza del M5S in vista delle lezioni amministrative a Roma. Curioso personaggio Giachetti: in tutte e competizioni politiche a cui ha partecipato s’è sempre detto di essere sicuro di vincere (Roma, referendum) e poi è stato il primo a volerci spiegare i motivi della sconfitta.
Renziano doc ieri ha capito perfettamente quale dovesse essere la strategia: il capo in fase zen e gli sgherri in libera uscita per bastonare e lui, sgherro per professione e devozione, ha lasciato il segno con la sua frase rivolta a Roberto Speranza “hai la faccia come il culo”. Che, per carità, chi frequenta (o frequentava) le sezioni di partito sa bene che i modi della politica e dello scontro trascendano spesso ma agitare l’offesa volgare in direzione nazionale (con l’attenzione della stampa tutta) è un vomitevole trumpismo di borgata: condannare il populismo degli altri ma tenerne sempre un po’ in tasca, alzare i toni fingendo che scappino e usare cucco cacca pupù per meritarsi un mezzo titolo e l’applauso.
Renziano doc ieri ha capito perfettamente quale dovesse essere la strategia: il capo in fase zen e gli sgherri in libera uscita per bastonare e lui, sgherro per professione e devozione, ha lasciato il segno con la sua frase rivolta a Roberto Speranza “hai la faccia come il culo”. Che, per carità, chi frequenta (o frequentava) le sezioni di partito sa bene che i modi della politica e dello scontro trascendano spesso ma agitare l’offesa volgare in direzione nazionale (con l’attenzione della stampa tutta) è un vomitevole trumpismo di borgata: condannare il populismo degli altri ma tenerne sempre un po’ in tasca, alzare i toni fingendo che scappino e usare cucco cacca pupù per meritarsi un mezzo titolo e l’applauso.
Gli applausi, a proposito: alla frase di Giachetti si segnalano un Renzi fintamente contrito, Gentiloni imbarazzato e la Serracchiani che ride divertita. I bravi manzoniani sono diventati classe dirigente e non riescono a togliersi l’arroganza da predatori nemmeno per qualche minuto di seguito.
Ma l’assemblea del PD ha detto altro, al di là del colore: ha detto finalmente una volta per tutte che Renzi è molto interessato all’iniziativa di Pisapia (piantando finalmente la sua bandierina nel “campo progressista” degli ex arancioni e così, speriamo, togliendo anche qualsiasi dubbio di “qualcosa di diverso a sinistra”), ha detto che il Mattarellum va benissimo come legge elettorale (evidentemente è per questo che da anni cercano di cambiarla), ci hanno detto che Andreotti è stato assolto (olè), Delrio ha citato Pasolini con una frase che Pasolini non ha mai pronunciato, il segretario ha ammesso di avere sbagliato e per questo non si dimette da segretario e, nell’analisi della sconfitta, ancora una volta hanno chiarito che hanno perso anche se comunque avevano ragione.
Ha ragione Michele Emiliano che ieri sera scriveva, a direzione ormai conclusa: «In una giornata così triste che ho seguito per fortuna solo in tv, succede anche che l’intero gruppo dirigente, in diretta streaming, non trova altro di buono da fare che ridere della frase carica di odio e di disprezzo pronunziata da Giachetti all’indirizzo di Roberto Speranza. Oggi è sembrato a tutti che avesse ragione Churchill quando diceva che gli italiani perdono le guerre come partite di calcio e le partite di calcio come fossero guerre».
E la citazione di Emiliano, quella sì, è corretta. Mica fatta a culo.
Fonte: Left.it
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.