di Fabio Marcelli
Le dichiarazioni del ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, sul fatto che è meglio “togliersi dai piedi” determinati giovani sono davvero vergognose per molti motivi e inducono a togliersi dai piedi al più presto, insieme a questo improbabile ministro, tutta l’accozzaglia di nani e ballerine, incompetenti e yesmen (o yeswomen) che occupano oramai da troppo tempo gli scranni di questo come del precedente governo. Ora che abbiamo davvero toccato il fondo, con Alfano agli Esteri e la Boschi promossa sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio, sarebbe davvero il caso di tornare a vedere le stelle.
Ma torniamo a Poletti e ai suoi misfatti. Il soggetto in questione, ideatore del Jobs Act, è insieme a Renzi responsabile dello spaventoso dilagare della precarietà, incentivato fra le altre cose dal ricorso generalizzato e indiscriminato ai voucher. Come spiega brillantemente il giurista democratico ed avvocato giuslavorista Alessandro Brunetti, “Se prima, alla sua nascita nel 2003… il voucher era passato per le mani di qualche pensionato o studente per retribuire piccoli «lavoretti» domestici o di giardinaggio, a poco a poco è dilagato tra colf, braccianti e camerieri, per esplodere infine in tutti i settori per ogni tipo di lavoratore. Attraverso un processo di liberalizzazione soggettiva e oggettiva. Tanto che le agenzie interinali oggi lo inseriscono strutturalmente tra le modalità di retribuzione proposti”. Il voucher, che in realtà costituisce solo un mezzo di pagamento, viene usato come meccanismo paratruffaldino per dare un’apparenza di veste legale alla prestazione lavorativa eludendo ogni tipo di tutela e di garanzia. Come ha scritto la giovane ricercatrice Marta Fana, rivolgendosi proprio a Poletti: “L’Inps ha reso noto che nei dieci mesi del 2016 sono stati venduti 121 milioni e mezzo di voucher. Da quando lei è ministro, ne sono stati venduti 265.255.222: duecentosessantacinquemilioniduecentocinquantacinquemiladuecentoventidue. Non erano pistole, è sfruttamento”.
Ovviamente le principali vittime di tale situazione sono i giovani, che in Italia non trovano nessun tipo di lavoro degno di questo nome, cui sia dato adeguato rispetto anche ai sensi del primo e fondamentale articolo del nostro sacro testo costituzionale. A riprova del fatto che, prima ancora di scassinarne la parte seconda, Renzi e i suoi accoliti si sono dedicati alacremente a liquidare nei suoi fondamenti la prima. Secondo un recente articolo di Nature, il mondo scientifico italiano non rimpiangerà affatto Renzi, dato che i finanziamenti per la ricerca e l’università sono in Italia tra i più bassi d’Europa, nonostante l’alta qualità degli studi che vi si producono. Eppure il governo continuerà, anche con il proxy Gentiloni, la politica scellerata del finanziamento delle presunte eccellenze in un contesto segnato dal calo dei fondi destinati al settore, politica di cui think tank specializzati nostrani come Roars hanno dimostrato la profonda fallacia.
Ovviamente una situazione di questo genere, che colpisce soprattutto le realtà meridionali, spinge i giovani italiani ad emigrare ma non è certo cosa di cui andare fieri. E per giunta Poletti aggiungendo la beffa al danno, si permette di fare del sarcasmo al riguardo. Occorre pertanto che questo ministro se ne vada al più presto, ma con lui tutto il governo Gentiloni. Ci vuole un governo di garanzia democratico presieduto da personalità di chiara levatura e competenza (per intenderci l’opposto dei ministri attuali). che permetta, unitamente a quello delle elezioni secondo una legge elettorale finalmente costituzionale, lo svolgimento dei referendum contro il Jobs Act promossi dalla Cgil (i tre punti qualificanti sono per l’appunto l’abolizione dei voucher, il ripristino dell’art. 18 e quello della responsabilità dell’appaltante). E’ possibile svolgere contemporaneamente referendum ed elezioni così come fu fatto nel 1987, ma questa maggioranza teme come la peste che il popolo italiano si pronunci dimostrando ancora una volta che è in profondo disaccordo con Renzi & C. Non a caso portavoce di questi timori è stato proprio Poletti, ancora lui. Fino a quando lui e i suoi colleghi abuseranno della nostra pazienza?
Fonte: Il Fatto Quotidiano - blog dell'Autore
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