di Vindice Lecis
Pisapia, Zedda e Cuperlo, potrebbero anche suscitare tenerezza e non invece – come a me provocano – un sentimento di stupore. Stupore e anche rabbia per l’impudenza svergognata con la quale recitano la parte delle anime belle di quella parte della sinistra italiana che ha, da tempo immemore, messo da parte la cassetta degli attrezzi del cambiamento e della giustizia sociale. No, non credo nella loro buona fede, in questa operazione truffaldina di voler costruire un soggetto – l’ennesimo – che sostiene il cadavere ormai largamente putrefatto del cosiddetto centrosinistra (tutto attaccato, come se si trattasse di un partito e nemmeno di un’alleanza).
L’operazione ha, infatti, il sapore della tipica furbata renziana, di quella concezione tutta tattica e contingente della manovra politica che ha consentito all’ex presidente del consiglio di compiere operazioni spregiudicate, appoggiare la grande finanza e i grandi gruppi industriali, attaccare le conquiste sociali, accucciarsi ora con Berlusconi ora con Verdini. Fabbricando trappole azzardate così grandi da finire egli stesso in un vicolo cieco come un cane morto.
L’operazione ha, infatti, il sapore della tipica furbata renziana, di quella concezione tutta tattica e contingente della manovra politica che ha consentito all’ex presidente del consiglio di compiere operazioni spregiudicate, appoggiare la grande finanza e i grandi gruppi industriali, attaccare le conquiste sociali, accucciarsi ora con Berlusconi ora con Verdini. Fabbricando trappole azzardate così grandi da finire egli stesso in un vicolo cieco come un cane morto.
L’operazione di Pisapia e Zedda è un’azione disperata che si colloca nella linea renziana del partito della Nazione. Non ha ambizioni diverse. Si tratta di una linea pienamente subalterna al Pd, alle politiche moderate se non reazionarie nel campo economico sociale, privo della volontà di voler cambiare realmente lo stato di cose esistenti, mirando al massimo a un condizionamento clientelare e di spartizione. Anelando a qualche posto in lista.
Cosa è infatti questo truffaldino “campo progressista” di cui parlano Zedda e soci se non un cespuglio che vede nel Pd l’albero dal quale godere ombra, favori, briciole, carezze e lusinghe. Campo progressista nato per schiantare sul nascere la già gracile formazione di Sinistra italiana che ha messo al centro – pur con enormi contraddizioni frutto delle provenienze più disparate – il problema di una sinistra non necessariamente ancorata al Pd.
Ciò che sconcerta in Pisapia, Zedda e l’aggiunta di Cuperlo ormai nelle parti di un Razzi qualsiasi, è la mancanza di un’ipotesi di cambiamento, dell’ambizione alla politica alta e necessaria. Manca nelle loro parole qualsiasi riferimento alle scellerate scelte compiute dal governo. Lo squallore vero di questa sinistra dei fighetti sta nel fatto che costoro hanno tutti votato Sì alla proposta di stravolgimento costituzionale, rendendosi complici del progetto renziano. Dalla loro bocca non è venuta fuori nemmeno una parvenza di autocritica.
Il fatto che costoro ora si ripresentano con l’imbroglio di una forza succube del Pd (ancora del tutto largamente renziano e comunque neo centrista) dimostra di quanto siano figli di una stagione di trasformismo della quale bisogna liberarsi al più presto. L’illusione di voler condizionare il Pd è fallace e non tiene conto del fatto che questo partito è l’espressione attuale del capitale finanziario, del padronato più retrivo, delle spinte ossessive a un impoverimento della partecipazione democratico, a un’idea pericolosa dell’Europa.
Pisapia e soci dovrebbero rispolverare i fondamentali e riprendere in mano qualche libro, se non vogliono diventare i verdiniani del dopo referendum, i “responsabili” da spendere nell’era di Gentiloni. E riflettere su questo passo di Marx a proposito delle illusioni: “Non la coscienza degli uomini determina il loro modo di essere, bensì l’essere sociale degli uomini”, la condizione sociale in cui essi vivono “determina la loro coscienza”. Il contrario dell’approccio diciamo velleitario e volontaristico del sedicente “campo progressista” così già prono al renzismo e privo di ambizione.
Fonte: fuoripagina.it
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