Il 2016 è stato un anno terribile per chi si occupa di giustizia sociale, diritti e difesa dell’ambiente. Ma in questa “oscurità” è possibile intravvedere la luce. Anzi, dodici luci. Dodici storie di movimenti sociali e battaglie civili che quest’anno hanno raggiunto vittorie storiche. Dodici “ispirazioni” che il Trasnational Institute ha voluto raccogliere e mettere in fila. Per “resistere” e “sperare”. La prima “fotografia” è dedicata agli accordi commerciali sostenuti dalle principali multinazionali del commercio mondiale. Dal Trans-Pacific Partnership (TPP) tra Stati Uniti e Paesi del Pacifico -sconfitto nel 2016 dopo chi i candidati presidenti l’hanno sconfessato-, al Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP), appeso a un filo sottile.
Fino al Comprehensive Economic and Trade Agreement (CETA), tra Canada e Unione europea, che per gli analisti di TNI ha affrontato ostacoli più complicati del previsto. Il secondo scatto porta in Corea del Sud, dove milioni di manifestanti muniti di buone idee e simboliche candele hanno costretto il Parlamento a votare l’impeachment della presidente Park Geun-hye, accusata di malversazioni di denaro pubblico e di favori alla sua “alleata” Choi Soon-sil. Milioni di persone, come quelle che in India, il 2 settembre 2016, hanno dato vita a uno degli scioperi in contemporanea più importante della storia. 180 milioni di lavoratori, sindacalizzati e non, del settore pubblico e privato, che hanno chiesto al Governo Modi un incremento dei salari, protezione sociale per gli impiegati a termine, la fine della privatizzazione delle aziende di Stato.
Gli scioperi avvenuti quest’anno in India per chiedere salari e protezione sociale – © Liberation News
Fino al Comprehensive Economic and Trade Agreement (CETA), tra Canada e Unione europea, che per gli analisti di TNI ha affrontato ostacoli più complicati del previsto. Il secondo scatto porta in Corea del Sud, dove milioni di manifestanti muniti di buone idee e simboliche candele hanno costretto il Parlamento a votare l’impeachment della presidente Park Geun-hye, accusata di malversazioni di denaro pubblico e di favori alla sua “alleata” Choi Soon-sil. Milioni di persone, come quelle che in India, il 2 settembre 2016, hanno dato vita a uno degli scioperi in contemporanea più importante della storia. 180 milioni di lavoratori, sindacalizzati e non, del settore pubblico e privato, che hanno chiesto al Governo Modi un incremento dei salari, protezione sociale per gli impiegati a termine, la fine della privatizzazione delle aziende di Stato.
Gli scioperi avvenuti quest’anno in India per chiedere salari e protezione sociale – © Liberation News
A novembre, invece, il Parlamento catalano ha condiviso un appello pubblico in merito alla creazione di un centro di monitoraggio delle attività e delle condotte delle imprese multinazionali e transnazionali, con il potere di imporre sanzioni dopo la registrazione di abusi. Un “precedente” importante, secondo TNI, che potrebbe influenzare anche altri Governi o Parlamenti nazionali anche presso il Consiglio per i Diritti umani delle Nazioni Unite.
La quinta cartolina riguarda ancora la Spagna. Ritrae Barcellona e Valladolid, protagoniste di un percorso di ri-municipalizzazione del servizio idrico, rafforzando così il trend globale che ha visto oltre 240 città riportare l’acqua sotto il controllo pubblico.
L’acqua è un bene comune. Dall’Europa fino al North Dakota, negli Stati Uniti, dove la comunità nativa dei Sioux “Standing Rock” ha stabilito il primo aprile il “Sacred Stone Camp” per protestare contro il “North Dakota Access Pipeline”, il condotto che avrebbe pregiudicato il fiume Missouri e la loro capacità di approvvigionamento idrico. A dicembre, dopo una campagna pubblica diffusa, il gruppo tecnico dell’US Army Corps of Engineers ha negato il permesso a costruire sotto al letto. Una “temporanea” ma importante vittoria.
La settima storia riporta in Europa, dove decine di migliaia di manifestanti polacche hanno dimostrato che la resistenza e il boicottaggio contro una legge peggiorativa di una già pessima normativa in tema di aborto può portare a risultati importanti. Il passo indietro del Governo è stato ottenuto dopo sit-in e scioperi in 60 città del Paese, in uffici dell’esecutivo, università e scuole. Diritti contro il pugno di ferro, anche sul versante della fallimentare “guerra alle droghe” degli ultimi 25 anni. Il 2016 è stato anche l’anno della sessione speciale dell’Assemblea ONU sulle droghe (UNGASS), che ha finalmente ascoltato le voci dei movimenti di produttori di colture ritenute “illecite” e prodotto la storica “Heemskerk Declaration”, volta a garantire un maggior coinvolgimento dei popoli e dei produttori.
Una manifestazione contro l’accordo commerciale TTIP – Bruxelles, luglio 2014 – © leMichka
Una manifestazione contro l’accordo commerciale TTIP – Bruxelles, luglio 2014 – © leMichka
L’anno che sta per finire s’intitola anche “Black Lives Matter”, movimento nazionale degli Stati Uniti che ha drammaticamente portato alla luce la violenza sistematica e razzista delle forze di polizia contro gli americani di “serie b”, per pelle, etnia o religione. “Nella prima metà di luglio -scrive TNI- ci sono state 112 proteste in 88 città americane”. Un’onda lunga che ha portato alla luce una dettagliata piattaforma di azioni per cercare di studiare, limitare e debellare le condotte dei corpi in divisa. Il faro di “Black Lives Matter” è la Costituzione, che in Islanda, grazie ad un lavoro iniziato nel 2012, si candida ad essere approvata dopo un lavoro condiviso dal basso. Un testo attento all’ambiente, ai diritti umani internazionali dei migranti e dei rifugiati, alla redistribuzione dei “frutti” nazionali (la pesca, su tutti), alla partecipazione popolare.
Black Lives Matter – © Wolfram Burner
Black Lives Matter – © Wolfram Burner
Le ultime due storie raccontano ancora le battaglie delle donne. Quella di “Ni una menos”, movimento nato a Buenos Aires nel 2015 contro i femminicidi e gli abusi sessuali imperanti, poi allargatosi alle più importanti città del Perù, Uruguay, Cile e Messico. Il risultato storico è stato aver esercitato pressione sulla Corte suprema argentina per istituire un registro dei femminicidi. È una resistenza culturale. La stessa che, in altre forme, hanno condotto le insegnati e maestre del Kenya, che nell’ottobre 2016 hanno finalmente ottenuto un aumento salariale del 25% da parte del Governo. Un’eccezione in un Paese che sta cedendo il proprio sistema scolastico a istituti privati promossi da corporations come la Bridge International Academies e Omega.
Fonte: Altreconomia.it
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