Intervista a Patrizia Gentilini di Antonio Guerrini
Il Rapporto Istat 2016 ha indicato che la speranza di vita in Italia per la prima volta è diminuita sia per i maschi che per le femmine. Ci chiediamo quale ruolo possa avere l’agricoltura industriale che fornisce le risorse alimentari primarie alla nutrizione umana e animale, ma che fa un uso sconsiderato di prodotti sanitari finalizzati ad aumentarne la produttività. Ne parliamo con Patrizia Gentilini, oncologa ed ematologa di fama internazionale e membro dell’associazione medici per l’Ambiente Italia (Isde).
Che cosa sono i pesticidi usati in agricoltura e in che modo interferisconocon gli organismi viventi?
"Col termine “pesticida” si indicano tutte le sostanze prodotte per contrastare o distruggere forme di vita – animali o vegetali – ritenute dannose per l’uomo, le colture o gli animali domestici. Facendo riferimento ai pesticidi usati in agricoltura intendiamo tutte quelle sostanze che caratterizzano l’agricoltura su base industriale: diserbanti, fungicidi, agenti chimici usati per difendere le colture da insetti, acari, batteri, virus, funghi e per controllare lo sviluppo di piante infestanti. Si tratta per la massima parte di sostanze tossiche, persistenti, bioaccumulabili che hanno un impatto non solo sugli organismi che si vogliono contrastare, ma anche sulle proprietà fisiche e chimiche dei suoli, sugli interi ecosistemi e sono spesso estremamente nocive per la salute umana."
Come si viene in contatto con queste sostanze?
"Non va trascurata l’esposizione professionale e quella ambientale/residenziale: la prima si realizza durante la produzione, il trasporto, la preparazione e l’applicazione di pesticidi. Per l’esposizione ambientale/residenziale è ampiamente documentato che vivere vicino ai luoghi in cui i pesticidi vengono utilizzati, fabbricati o smaltiti può aumentare in modo significativo l’esposizione umana per inalazione e contatto con aria, acqua e suolo. Di particolare rilievo è anche “l’effetto deriva”: ovvero la dispersione aerea di particelle di miscela di pesticidi che si diffondono nell’ambiente circostante. In presenza di coltivazioni intensive confinanti con residenze private o luoghi pubblici (scuole, asili, parchi ecc.) è possibile quindi la contaminazione della popolazione che vi si trova."
E per quanto riguarda i cibi?
"Residui di pesticidi si ritrovano non solo in frutta e vegetali, ma anche in carni, pesce e prodotti lattiero-caseari, grazie al loro bioaccumulo e biomagnificazione nella catena alimentare. La situazione italiana – riportata nei rapporti di Legambiente “Pesticidi nel piatto” – mostra che in Italia il 36% dei campioni di frutta e verdura analizzati presenta residui e che sono in aumento i campioni con multiresiduo: addirittura 9 su un solo campione di uva da tavola. Da questa ampia indagine emerge che in oltre 1/3 degli alimenti che arrivano sulle nostre tavole sono presenti residui multipli di pesticidi e contemporaneamente più sostanze, e anche se ciascuna rimane entro i “limiti di legge” non può certo essere considerata scevra di rischi per la salute."
Quali sono, appunto, gli effetti sulla salute?
"I più importanti sono a carico del Sistema Nervoso (specie in via di sviluppo) e quelli conseguenti alla azione di molti di essi come “interferenti endocrini”. Per quanto riguarda l’azione neurotossica i meccanismi con cui si può esplicare sono molteplici: vi può essere una interferenza con la conduzione neurale in seguito ad alterazione dei canali ionici, una alterazione delle funzioni mitocondriali e altre complicanze gravi con alterazioni della neurotrasmissione colinergica. Per quanto riguarda l’azione di interferenza endocrina ricordo che questo termine contempla tutte le sostanze che interferiscono con sintesi, secrezione, trasporto, azione, metabolismo o eliminazione degli ormoni. Il meccanismo d’azione presuppone quindi la possibilità di interferire con la capacità delle cellule di comunicare tra loro attraverso gli ormoni e vastissima è la gamma di effetti negativi per la salute che ne conseguono: difetti di nascita, deficit riproduttivi, di sviluppo, alterazioni metaboliche, immunitarie, disturbi neurocomportamentali e tumori ormono-dipendenti. E non bisogna dimenticare che nel 2013 in Francia il Morbo di Parkinson è stato riconosciuto come malattia professionale da esposizione a pesticidi."
Si tratta di una casistica sterminata!
"Si, assolutamente si! Le patologie correlate ai pesticidi sono le più svariate e parlando di danni alla salute dobbiamo distinguere il problema dell’avvelenamento acuto da quella che è l’esposizione cronica a dosi “piccole” evento apparentemente meno eclatante, ma non certo di minor rilievo se non altro perché riguarda ormai tutti noi indistintamente. L’avvelenamento acuto può avvenire sia in modo volontario (suicidi) o accidentale e secondo l’OMS produce oltre 26 milioni di casi di avvelenamento con 258.000 decessi; negli USA il 45% di tutti gli avvelenamenti da pesticidi si registra nei bambini."
E per quanto riguarda l’esposizione cronica?
"Ormai esiste una mole consistente di evidenze scientifiche, che dimostra come l’esposizione cronica a pesticidi possa comportare patologie a carico di svariati organi e sistemi dell’organismo umano quali quello nervoso, endocrino, immunitario, riproduttivo, renale, cardiovascolare e respiratorio. Tali rischi inoltre sono ancor più elevati se l’esposizione avviene nelle fasi più precoci della vita, a cominciare dal periodo embrio-fetale."
Quale relazione esiste tra questi veleni e l’insorgenza dei tumori?
"Dagli studi condotti sulla grande coorte degli agricoltori USA già dagli anni 60 (AHS) e successivamente su altri gruppi di lavoratori, è emerso che per esposizione a pesticidi vi è un incremento di rischio statisticamente significativo per tutti i tumori nel loro complesso: cancro al polmone, pancreas, colon-retto, vescica, prostata, cervello, melanoma, leucemie, tutti i tipi di linfoma e mieloma multiplo. Particolarmente elevati sono i rischi emersi per tumori del sistema emolinfopoietici, in particolare linfomi NH e mieloma. Anche negli studi epidemiologici condotti in Italia sono emersi rischi più elevati per linfomi NH, leucemie e mieloma multiplo."
Qual è la probabilità di diagnosi di cancro nell’arco della vita di una persona nel nostro paese?
"La probabilità di ricevere una diagnosi di cancro riguarda ormai 1 uomo su 2 ed 1 donna su 3."
I bambini sono maggiormente esposti, e in quale misura?
"Il cancro nell’infanzia è fortunatamente una patologia relativamente rara, ma purtroppo in aumento e dalla fine degli anni’80 al 2002 si è registrato in Italia un incremento del 2% annuo, rispetto ad un incremento dell’1,1% della media europea; addirittura nei primi 12 mesi di vita si registrava un incremento del 3,2% annuo. Ciò si verifica poiché le sostanze tossiche e cancerogene passano già dalla madre al feto durante la vita intrauterina. I dati a tutt’oggi disponibili (e comunque aggiornati solo al 2008) indicano che l’ incidenza di cancro fra 0 e 14 anni in Italia è superiore a quella che si registra negli USA o nei paesi del Nord Europa. Nel periodo 2003-2008 fra 0 e 14 anni in Italia per ogni milione di maschi si sono registrati 190.8 casi di cancro e 162.8 fra le femmine rispetto ai 169 casi e ai 150 registrati nei paesi dl Nord Europa e ai 178.7e ai 159.1 registrati negli Usa."
Per tanti scienziati, giornalisti e politici si tratta solo di terrorismo psicologico e non ci sono reali rischi provati per la salute umana.
"Bisognerebbe chiederlo a loro… io posso dirle che digitando pochi giorni fa su un motore di ricerca di lavori scientifici sottoposti a revisione semplici parole chiave come “pesticides human health” e “pesticides children” sono comparsi rispettivamente 15.029 e 5.990 risultati. Quindi parliamo di oltre 20.000 lavori scientifici che indagano la relazione fra salute umana e pesticidi: chi ignora o nega questi dati o non è aggiornato (cosa non ammissibile per uno “scienziato”) o è “vittima” di pericolose ambiguità, spiegazione quest’ultima più plausibile, perché quando sono in gioco interessi economici enormi difficilmente – come ci ha insegnato Tomatis – la Scienza rimane al “di sopra delle parti”, e troppo spesso invece è condizionata da conflitti di interesse. Del resto la storia è piena di allarmi sollevati da scienziati e ricercatori indipendenti sistematicamente caduti nel vuoto, basti pensare all’amianto, al DDT o ai PCB."
Perché Fao e Oms hanno dichiarato la non pericolosità del glifosato se fino a ieri sostenevano il contrario?
"La recente presa di posizione di Oms e Fao che assolve parzialmente il glifosato dall’accusa di essere un probabile cancerogeno per l’uomo ha suscitato enorme sconcerto e una immediata presa di posizione da parte della “Campagna stop glifosate” che vede unite oltre 45 associazioni italiane. Questa presa di posizione smentisce in parte la ricerca dello IARC, che è l’organo ufficiale di riferimento dell’OMS! Va ricordato che l’unica valutazione trasparente che è stata finora compiuta sul glifosato, è quella della IARC e a partire dagli anni ’70, i criteri sono sempre stati gli stessi per circa 1000 composti valutati. E a parte l’azione cancerogena il glifosato agisce come “interferente endocrino”, e bene hanno fatto paesi come la Francia a opporsi con decisione al rinnovo dell’autorizzazione. Vorrei infine ricordare i dubbi e le inquietanti opacità emerse in merito al conflitto d’interessi di alcuni membri delle istituzioni europee chiamati a prendere una decisione in questi giorni e che sono legati all’International Life Science Institute (ILSI), ente no profit finanziato da numerose aziende chimiche (tra cui Monsanto) e dell’agroalimentare."
Chi ha interesse a mantenere questo stato di cose?
"Chi trae profitti e vorrebbe continuare a farlo. Il solo glifosato, in varie formulazioni, rappresenta il 25% del mercato mondiale degli erbicidi ed è il prodotto attualmente più venduto in Italia: nel 2012 ne sono state vendute 1795 tonnellate (fonte SIAN 2012), pari al 14,8 %, la percentuale più alta di tutte le sostanze chimiche vendute in Italia. L’uso del glifosato negli Stati Uniti è aumentato da meno di 5.000 a più di 80.000 tonnellate all’anno tra il 1987 e il 2007. E quanto il problema del rinnovo della autorizzazione di questa molecola sia dibattuto lo dimostra il fatto che proprio ieri (6 giugno) per l’ennesima volta la Commissione Europea ha rimandato la decisione in merito."
È possibile una agricoltura senza l’uso di questi prodotti?
"Non solo è possibile ma, come dimostrano recenti ricerche, addirittura auspicabile, in quanto non solo più rispettosa della salute umana e dell’ambiente, ma – nel lungo termine – più vantaggiosa anche economicamente. Un recente studio dell’Università di Berkeley ha concluso che – almeno per alcune colture – non vi sono prove sufficienti per affermare che l’agricoltura convenzionale sia più efficiente e dia rese maggiori rispetto a quella biologica, e ha soprattutto affermato che: «aumentare la percentuale di agricoltura che utilizza metodi biologici e sostenibili non è una scelta, è una necessità. Non possiamo semplicemente continuare a produrre cibo senza prenderci cura del nostro suolo, dell’acqua e della biodiversità»."
Articolo tratto dal dossier di Altrapagina Il veleno nel piatto (realizzato in vista del convegno internazionale “L’idolatria del mercato. Dalla globalizzazione dell’economia alla riscoperta degli esclusi”, promosso il 10 e 11 settembre a Città di Castello)
Fonte: comune-info.net
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