di Alba Vastano
Siamo in mano alle organizzazioni d’élite del gruppo Bilderberg e della Trilaterale. La maggioranza della popolazione mondiale non ne è consapevole, pensando che l’economia nazionale, il governo, le leggi siano mere questioni interne allo stato nazione. E che governabilità e leggi dipendano dai governi nazionali. Per gli ottimisti, dalla volontà popolare. Ben diversa la realtà. Nella gestione dei mercati, della politica e della finanza mondiale tramano e tessono le tele dell’economia mondiale organizzazioni non governative e apartitiche. Vi appartengono uomini di potere e esperti ad essi legati, che si riuniscono per risolvere le più spinose questioni di economia e politica degli Stati. Il gruppo Bilderberg e la Commissione Trilaterale ne sono fra i massimi esponenti.
Intorno a queste organizzazioni si è sviluppata una “letteratura”, che si riferisce alla teoria del complotto, che attira fantasie popolari. Per tali arbitrarie illazioni si pensa al Bilderberg, come al governo ombra mondiale. Si arriva a riferimenti con il gruppo degli Illuminati. Una setta che sembra avere molto a che fare con l’esoterismo. La realtà non è così banale. La teoria del complotto è solo retaggio di teorie populiste. La storia è molto più complessa. Nessun complotto, anche secondo Domenico Moro, l’autore del saggio “Il gruppo Bilderberg - l’elite del potere mondiale”, pubblicato da “Imprimatur” nel 2014. Trilaterale e Bilderberg rappresentano “l’organizzazione delle élites nell’epoca della mondializzazione”. Moro scrive il saggio con l’intento di analizzarne i sistemi organizzativi, la storia e gli orientamenti. Soprattutto le modalità tramite le quali queste organizzazioni elitarie influenzano gli altri poteri mondiali e gli Stati Nazione. Come riescano ad ottenere l’egemonia. Attraverso quali meccanismi. Quali le conseguenze sulla democrazia. Quali i risvolti sociali.
Origine e natura delle élites
Lo studio verte principalmente su tre aspetti fondamentali della società, rilevati nell’analisi che ne fa l’autore. “La divisione della società in minoranze dominanti e maggioranze dominate, il rapporto fra le élites dominanti e la democrazia rappresentativa e, infine, l’internazionalizzazione delle élites stesse”. Un excursus dell’autore sul potere e sulle disuguaglianze sociali. Dalla denuncia delle correnti estreme dell’Illuminismo (“Ilpatto sociale nasconde una realtà fatta di dominio dell’uomosull’uomo”) a Max Weber che definisce il potere “come fenomeno per cui i dominanti vogliono edeffettivamente riescono ad influire…sui dominati”. A Gaetano Mosca, Vilfredo Pareto e Roberto Michels, gli elitisti, uniti dallo studio della teoria delle élites e dai problemi sulla democrazia rappresentativa. Fino a Marx. “Le classi sono dominanti o dominate a seconda della posizione che occupano in tali rapporti. L’élite…è la classe economicamente dominante perché controlla i mezzi di produzione, dirige il processo produttivo e si appropria del plusvalore prodotto dai lavoratori. Viceversa, chi non detiene i mezzi di produzione e dipende per riprodursi dalla classe proprietaria appartiene alla classe economicamente sfruttata e politicamente dominata...”.
Le caratteristiche del gruppo Bilderberg e della Trilaterale sono più che altro improntate sulla riservatezza e sulla facoltà patrimoniale dei membri, accuratamente selezionati fra personaggi “ai vertici”del sistema sociale. Il Bilderberg ha un precursore che ha origine nel 1921 con il Council on Foreign relations composto da eminenti personalità degli Usa. La finalità era il “decision making” per i nuovi assetti mondiali nella società postbellica che si realizzò solo alla fine della seconda guerra mondiale, liquidati Germania e Giappone, e la lotta contro l’Urss, i partiti comunisti e il movimento dei lavoratori europeo. A fondare effettivamente il Bilderberg fu il polacco Joseph Retinger. Da un documento del 1956 pubblicato da Wikileaks:“alcuni anni fa un gran numero di persone - racconta Retinger - cominciò a sentirsi preoccupato per la crescente sfiducia che si stava manifestando in Europa occidentale verso l’America e che era accompagnata da una sfiducia simile verso l’Europa da parte dell’America. Questa considerazione causava grande apprensione su entrambe le sponde dell’Atlantico e nel 1952 pensai che sarebbe stato di primaria importanza provare a rimuovere i sospetti e la mancanza di fiducia che rischiavano di mettere a repentaglio il lavoro postbellico dei governi alleati”.
Secondo Retinger, il gruppo Bilderberg prende corpo su sollecitazione dell’élite europea “preoccupata sia per lo sviluppo dei partiti comunisti, sia per il ruolo futuro delle vecchie potenze dell’Europa occidentale nei nuovi assetti mondiali. Per questa élite gli Stati Uniti rappresentavano il centro di riferimento decisivo, non solo sul piano militare, ma anche politico ed economico, tanto da far assumere alla loro neonata organizzazione un carattere spiccatamente atlantico; si crea quindi un forte ‘feeling’ fra i partecipanti, con modalità basate sulla privacy, per esprimersi liberamente e sulla segretezza degli incontri “per assicurare che una franca discussione potesse aver luogo senza correre il rischio di essere fraintesa dalla stampa”.
I membri italiani del direttivo (2014)
Gli appartenenti al comitato direttivo del Bilderberg provengono dal Nord America (con l’esclusione del Messico) e dall’Europa occidentale. Quasi tutti i Paesi fanno parte della Nato (esclusi Svizzera, Finlandia, Austria, Svezia e Irlanda). Tutti i settori dell’economia sono coperti, ma prevale la finanza con la rappresentanza di 13 membri. Nel settore non finanziario ci sono 12 personalità che rappresentano i vari settori più importanti: il manifatturiero, i mass media, l’informatica, le utility e la grande distribuzione. Il settore “ideologico è coperto da 10 membri: think tank, consulenza aziendale e università.
Figure emergenti nel gruppo Bilderberg sono certamente i Rockefeller. Fra cui quel David Rockefeller, “trait d’union di varie organizzazioni dell’élite statunitense e mondiale”, ex presidente della JP Morgan (ad oggi il principale azionista) che recentemente ha stabilito “un’alleanza strategica con Lord Jacob Rotschild, presenza importante nel Bilderberg. Il nonno di David, Davison, con la “Standard Oil” (produzione e raffinazione di petrolio) “divenne l’uomo più ricco del mondo”. L’Italia, nel gruppo Bilderberg, ha sempre avuto una partecipazione di rilievo. Nella Steering Committee (gruppo direttivo) “ben sette su undici italiani...sono stati legati al gruppo Fiat”. Fra questi Franco Bernabè e Mario Monti, che erano nel direttivo Bilderberg nel 2014, anno di pubblicazione del saggio, e che oggi sono stati sostituiti da John Elkann del gruppo Fiat e dalla giornalista Lilli Gruber. L’importanza degli Agnelli, fra i sette uomini Fiat nel gruppo, è testimoniata dalle parole di un partecipante alle riunioni. “Nelle occasioni in cui fui presente, Gianni Agnelli era in qualche modo, così mi sembrò, la figura chiave; la figura cui gli altri facevano riferimento e si rimettevano”.
Altri italiani del Bilderberg. Amministratore delegato della “Fiat” e massone, furono Vittorio Valletta e il marchese Gian Gaspare Cittadini Cesi, ambasciatore Ocse e Amministratore delegato di Fiat Francia. Più di recente ha partecipato assiduamente al Bilderberg Tommaso Padoa Schioppa, che nella sua carriera ha occupato molte posizioni diverse, secondo il metodo, ampiamente descritto da Moro, delle revolving doors (porte girevoli). Inizia come funzionario della Banca d’Italia, poi diventa direttore generale di economia e finanze della Commissione europea, presidente Consob, membro del comitato esecutivo Bce, ministro dell’Economia (nel governo Prodi II), presidente comitato finanziario internazionale (Fmi) e membro del consiglio amministrazione di Fiat industrial.
La carrellata degli Italiani Bilderberg comprende anche a Pasquale Saraceno “commis d’etat”, di orientamento cattolico. Rappresentante nella commissione economica per l’Europa e consigliere della Bei (Banca Europea Investimenti). Ultimi due italiani del direttivo Bildeberg, meno noti nello scenario della politica e dell’economia europea: Stefano Silvestri, presidente Iai (Istituto Affari Internazionali), think tank sulle questioni militari, di “indirizzo atlantico”, e Paolo Zannoni che gravita nell’orbita della “Goldman Sachs”, di cui è “managing director”. Fra gli illustri Bilderberg spicca Mario Monti, grande amico di Agnelli e soprattutto uomo Fiat.
Moro cita anche la presenza significativa di Romano Prodi nella Steering Committee, a motivare quanto “il Bilderberg sia capace di mettere insieme figure conservatrici e progressiste di centrodestra e centrosinistra”. Ma nel Bilderberg, per quanto riguarda gli Italiani, prevalgono le figure politiche riconducibili al centro-sinistra, di matrice spiccatamente europeista e pro euro. Difatti, l’introduzione dell’euro è intesa dal Bilderberg, fin dagli anni ’50, come lo strumento per sottrarre il controllo dei bilanci statali e quindi della spesa sociale ai parlamenti nazionali e, attraverso di essi, all’influenza dei lavoratori salariati e delle loro organizzazioni.
Oltre alla composizione italiana del direttivo, nel gruppo Bilderberg ci sono gli “aficionados” nostrani e sono di origine variegata, tutti provenienti dalle élites sociali. Agli incontri annuali del gruppo partecipano personaggi, fra cui: Corrado Passera, Lilli Gruber, Gianni Riotta, Giulio Tremonti, Gian Felice Rocca, Ferruccio De Bortoli, Rodolfo De Benedetti. La presenza di rappresentanti del Mef è fondamentale in questi incontri. Moro riporta la testimonianza di Marco Panara, giornalista economico di Repubblica, invitato all’incontro del 2003: “è il luogo di massima concentrazione del potere che c’è in Italia, dove si fanno le nomine nelle cosiddette ex partecipazioni statali, si fanno le politiche, si dà e si toglie spazio (e risorse) a ministeri e ministri, decidendo di fatto le fortune e le sfortune politiche di questi ultimi”.
Ad ogni modo, gli esponenti del centrodestra ad aver partecipato agli incontri del Bilderberg sono pochi. Berlusconi non vi ha mai partecipato e anzi è stato attaccato da periodici, come The economist, vicini al Bilderberg. Si tratta di una ulteriore dimostrazione, come dimostra efficacemente Moro, del fatto che il Bilderberg non è una sorta di cupola che domina il mondo, ma una organizzazione di un settore della classe dominante che cerca di influenzare le scelte politiche dei governi occidentali. Il metodo consiste nel mettere in collegamento i tre livelli della società capitalistica: a) gli “agenti” diretti del capitale (imprenditori, top manager), b) i politici di vertice a livello nazionale e sovranazionale (primi ministri, ministri economici e degli esteri, commissari europei, governatori di banche centrali, direttori dell’Fmi e della Banca mondiale, ecc.) e c) gli esponenti dell’ideologia del capitale (università d’élite e think tank).
Il Bilderberg, espressione di alcuni settori del capitale transnazionale e cosmopolita, ha avuto successo in questa sua opera d’indirizzo e di costruzione dell’egemonia del capitale sulle società occidentali, come testimoniano l’affermazione delle politiche neoliberiste, la realizzazione dell’euro e la riconduzione del controllo del bilancio pubblico a organismi sovranazionali. In definitiva, il Bilderberg e le altre organizzazioni capitalistiche internazionali, tra le quali la più importante è la Trilaterale, sono state lo strumento di affermazione della governabilità, cioè del predominio dell’esecutivo, controllato in modo più diretto dal potere economico, sul legislativo.
Rapporti Bilderberg e Trilaterale
I rapporti sono strettissimi fra Bilderberg e Trilaterale e molti i punti in comune. Entrambe sono organizzazioni dell’élite capitalistica transnazionale, alle quali aderiscono molte personalità del potere mondiale, fra cui i Rockefeller. Divergono, però, in alcuni punti. La Trilaterale ha carattere maggiormente internazionale, poiché include la “Triade” del capitalismo mondiale: Nord America, Europa e Giappone. Inoltre i dibattiti della Trilaterale sono di diffusione pubblica. I temi discussi negli incontri sono raccolti in archivi e disponibili alle visualizzazioni nel sito dell’organizzazione.
Ma, come argomenta l’autore nel suo saggio, “ciò non vuol dire che obiettivi finali e linee guida siano esplicitati sempre ed in modo palese. La Trilaterale si distingue per la capacità di mascherare gli interessi dell’élite transnazionale e degli stati più potenti con un rivestimento ideologico in cui sono gli interessi globali dell’umanità a essere messi in primo piano. Grazie a questo atteggiamento, la Trilaterale, pur essendo non meno potente del Bilderberg, è stata parzialmente risparmiata dalle attenzioni mediatiche e dalle accuse che hanno sempre circondato il suo fratello più anziano”.
Nella lettura del saggio di Moro vengono alla luce molti punti oscuri che riguardano in particolare l’idea della sovranità popolare. Quante sovranità hanno preso il posto di quella popolare, sancita dall’articolo 1 della nostra Costituzione? Quale la sovranità dominante? Con quante sovranità, oggi, dobbiamo fare i conti?
Un saggio illuminante, quello di Domenico Moro, che vale la pena di leggere fino all’ultima riga.
Fonte: La Città futura
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.