di Andrea Baranes
Va bene. Lo Stato doveva entrare in Monte Paschi. Da giorni (ex?) campioni del liberismo dichiarano che era la soluzione migliore, probabilmente l’unica. Non si poteva rischiare di fare fallire la terza banca del Paese, bisognava evitare il panico diffuso e la sfiducia verso l’intero sistema bancario, occorreva tutelare i piccoli risparmiatori. L’azionista pubblico cambierà i comportamenti della banca? Ma questo ingresso del settore pubblico nella banca potrà cambiarne i comportamenti? Difficile, visto che l’ingresso dello Stato nel capitale non potrà durare più di due anni.
L’occasione sarebbe stata utile per applicare i limiti allo stipendio che possono percepire i dipendenti pubblici o per far rispettare alla banca gli impegni presi dall’Italia in materia di cambiamenti climatici, limitando ad esempio i finanziamenti a imprese attive nel settore del petrolio e del carbone.
Quale sarà la capacità dell’azionista di maggioranza (pubblico) di incidere sulle politiche occupazionali, lo sviluppo di progetti di sostegno all’economia reale di lungo periodo, le scelte di investimento in ricerca? Se lo Stato non legherà il salvataggio a precise scelte di indirizzo strategico questo esborso per i contribuenti – 20 miliardi per 60 milioni di italiani fa in media quasi 350 euro a persona, neonati inclusi – si tradurrà solo in una socializzazione delle perdite, dopo aver privatizzato i profitti. Un altro esempio di cosa possa produrre questo tragicomico sistema finanziario.
Cosa succede al rapporto rischio – rendimento?
E questo non è nemmeno l’aspetto più paradossale della vicenda, anzi. C’è molto di più. In discussione ci sono le stesse basi su cui poggia l’intero funzionamento della finanza, vale a dire il legame tra rischio e rendimento. Se un titolo ha un alto rendimento, ma è considerato poco rischioso, tutti vorranno comprarlo e il suo prezzo aumenterà, garantendo di fatto a chi lo ha acquistato un rendimento minore. Al contrario, se un titolo avrà un certo rendimento, ma è rischiossimo, vedrà il suo prezzo abbassarsi, perché lo acquisterà solo chi è disposto a scommettere su quel titolo.
Tra le obbligazioni ad esempio ci sono quelle “subordinate”, ovvero che comportano un rischio maggiore: in caso di fallimento dell’emittente vengono eventualmente rimborsate unicamente dopo che gli altri creditori sono rientrati del loro investimento. Queste obbligazioni propongono quindi un rendimento più alto rispetto alle altre.
Mettiamo però che debba intervenire lo Stato, dichiarando che per alcune subordinate di Monte Paschi vendute principalmente a investitori istituzionali il rimborso sarà al 75%, mentre per altre vendute soprattutto alla clientela retail, il rimborso sarà al 100% del valore nominale. In questo caso salterebbe il rapporto rischio rendimento, perché una parte della clientela non subirebbe nessuna perdita. Una scelta che si può motivare solo dimostrando una maxi truffa ai danni di chi ha comprato queste obbligazioni.
Se invece chi ha acquistato i titoli sapeva del rischio che si stava assumendo, allettato dagli alti rendimenti, che senso ha un rimborso al 100%?
L’obiettivo del rimborso diventa puntellare la traballante fiducia nel sistema bancario. In pratica, il messaggio è: continuate a investire nelle banche, perché tanto se le cose vanno male alla fine c’è il paracadute pubblico. Un messaggio pericolosissimo, dato al costo di spezzare il legame tra rendimento e rischio.
Problemi per tanti, opportunità per pochi
Uno Stato che interviene per ripianare le perdite di un investimento rischioso andato male genera diversi problemi, che come al solito la finanza casinò ha prontamente trasformato in opportunità (di guadagno):
1. Si sta pesantemente falsando il mercato finanziario. A parità di rendimento e di altri fattori, gli investitori sanno che dovranno preferire un titolo bancario a uno di un altro settore merceologico. Una ditta di computer o di cioccolatini per finanziarsi emette obbligazioni, che possono andare in default. Quelle di una banca, no. Voi quali comprereste?
2. Il punto 1. non è totalmente vero. Etruria e le altre mostrano che a volte delle perdite ci possono essere. Se però la banca è di dimensioni maggiori, lo Stato non può lasciarla fallire, una qualche soluzione alla fine va trovata per non scatenare il panico o anche solo per limitare la rabbia dei cittadini e i possibili impatti politici. Come dire che il punto 1. vale tanto più quanto più una banca è grande. Un vantaggio illegittimo per gli istituti di maggiore dimensione, che potranno finanziarsi a tassi più bassi delle altre, avendo una implicita garanzia pubblica.
3. Quello che è già avvenuto sui mercati e che è stato sancito dalla decisione di rimborsare al 100% le subordinate è anche peggio. Ne ha scritto Repubblica il 27 dicembre, in un articolo intitolato “Chi paga il regalo fatto al mercato”: questa estate si è assistito a una gara di speculatori e hedge fund a comprare obbligazioni subordinate di Monte Paschi nonostante fosse “un investimento privo di ogni fondamento logico”. E allora perché farlo? Semplice, perché si stava puntando non sul fatto che la banca sarebbe stata in grado di assolvere ai propri doveri e pagare i debiti, ma sul fatto che lo Stato sarebbe intervenuto salvando i detentori di obbligazioni.
4. Se questa follia di una speculazione sul futuro salvataggio pubblico non fosse ancora abbastanza, Il Sole 24 Ore del 28 dicembre riporta che “alcune centinaia di clienti” avrebbero usato le obbligazioni subordinate di Monte Paschi come collaterale per ottenere finanziamenti sempre di Monte Paschi. Una procedura a dire poco criticabile, in cui la banca accetta in garanzia delle sue stesse obbligazioni – e quelle di tipo più rischioso come le subordinate. Non è che lo Stato è dovuto intervenire anche per mettere una toppa rispetto a tali situazioni, e non solo – o non tanto – pensando ai piccoli risparmiatori? E non è che gli hedge fund si sono magari mossi anche sulla base di tali informazioni?
Attenzione, stiamo dicendo che alcuni speculatori potrebbero avere comprato obbligazioni subordinate a prezzi stracciati, andando a cercare i piccoli risparmiatori impauriti. Questi hanno quindi subito una grossa perdita, avendo rivenduto le loro obbligazioni a un prezzo molto più basso di quello di acquisto. Dall’altra parte abbiamo una nuova forma di speculazione: scommettere sul panico delle persone per andare a guadagnare su futuri salvataggi.
E via, fino al prossimo giro di giostra
L’intervento pubblico diventa esso stesso fattore aleatorio e parte della scommessa, in questo gigantesco casinò che è diventato la finanza. Un casinò in cui l’unica costante sembra essere la suddivisione tra vincitori e i vinti. Tanto per cambiare, dalla vicenda Monte Paschi i vincitori sono gli squali che hanno guadagnato comprando le obbligazioni subordinate a prezzi stracciati e scommettendo sul salvataggio, e per l’ennesima volta chi rimane con il cerino in mano sono i piccoli risparmiatori travolti dal panico già nei mesi scorsi. Il tutto con i soldi di noi contribuenti, contraendo nuovo debito pubblico, che prima.o poi andrà rimborsato, probabilmente tramite un aumento dell’IVA o delle accise. Il tutto senza ovviamente rimettere mano alle regole del casinò, ma continuando a dire che il sistema è solido e funziona bene, che è stato unicamente un incidente di percorso. E via, fino al prossimo giro di giostra.
Fonte: nonconimieisoldi.org
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.