La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 5 gennaio 2017

Resistenza e speranza. 12 lotte di movimenti sociali che ci hanno ispirati nel 2016


Questo testo è stato pubblicato sul sito del Transnational Institute (TNI), un Istituto Internazionale impegnato nel costruire un mondo giusto, democratico e sostenibile. Fondato nel 1974 da un gruppo di ‘ricercatori attivisti’, per più di 40 anni TNI ha fornito una opportunità unica di collegamento tra movimenti sociali, studiosi impegnati e politici. Inutile negarlo: il 2016 è stato un anno terribile per tutti coloro che hanno a cuore la giustizia sociale e ambientale. Tuttavia, anche in questo scenario sconfortante ci sono state lotte e vittorie importanti dei movimenti sociali. Vi presentiamo qui 12 storie che sono fonte di ispirazione per noi, ora che stiamo per iniziare il 2017.
Sono stati bloccati importanti accordi commerciali di grandi aziende
Anni di impegno nel promuovere campagne, e una crescita di consapevolezza del pubblico rispetto ai costi economici e sociali degli accordi di ‘libero scambio’ delle imprese stanno cominciando ad avere effetto. L’accordo tra gli Stati Uniti e i Paesi del Pacifico (Trans-Pacific Partnership – TPP) è morto nel 2016 dopo che tutti i candidati alle elezioni degli Stati Uniti avevano espresso la loro opposizione. Quanto agli altri accordi, il Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP) è in difficoltà, e il Trattato tra Europa e Canada (Comprehensive Economic and Trade Agreement -CETA) rischia di incontrare ostacoli importanti se sarà alla fine ratificato.

Una storica protesta a lume di candela fa crollare la Presidente Park
Una serie di manifestazioni di milioni di persone, culminata con una incredibile mega-protesta di 2-3 milioni di partecipanti ha costretto il parlamento ad approvare l’impeachement della Presidente Sud-Coreana Park Geun-hye. Le proteste sono esplose dopo che i media avevano rivelato che la Presidente aveva stornato fondi pubblici a favore della ‘consigliera’ Choi Soon-sil.

Lo sciopero più grande della storia
Circa 180 milioni di lavoratori sono scesi in sciopero in India il 2 settembre, chiedendo aumenti del minimo salariale, previdenza sociale per i lavoratori temporanei, e blocco della privatizzazione delle aziende statali. Lo sciopero ha visto la presenza di lavoratori organizzati e non, di settori pubblici e privati, di dipartimenti centrali e dei singoli Stati dell’unione indiana, e testimonia la crescente insoddisfazione del pubblico nei confronti delle politiche pro-multinazionali esercitate dal Governo Modi.

I Catalani agiscono con decisione sulla responsabilità d’impresa
In Novembre, il Parlamento Catalano ha approvato la creazione di un centro innovativo per monitorare le attività all’estero delle imprese trans-nazionali, con la prospettiva persino di imporre delle penali alla aziende coinvolte in abusi. Questa decisione potrebbe costituire un precedente, e diventare un esempio per altri governi. Si tratta di una decisione che risponde agli sforzi internazionali del Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite di mettere a punto uno strumento ‘giuridicamente vincolante’ nei confronti della attività delle compagnie multinazionali.

Barcellona e Valladolid all’avanguardia del movimento per l’acqua pubblica
Entrambe le città hanno votato per ri-municipalizzare il servizio pubblico dell’acqua, sottolineando un crescente orientamento globale: più di 240 città hanno riportato la gestione dell’acqua dal settore privato a quello pubblico. E’ stata istituita una nuova e potente rete di 10 città spagnole impegnata a fornire i servizi pubblici dell’acqua sulla base dei principi di solidarietà, sostenibilità ambientale, cooperazione, accesso collettivo, equità e controllo democratico.

Standing Rock si oppone con fermezza all’oleodotto
Il primo Aprile 2016 la tribù Sioux di Standing Rock nel Nord Dakota ha dato il via a un insediamento, il Sacred Stone Camp, per protestare contro la costruzione dell’oleodotto North Dakota Access Pipeline, che minaccerebbe il fiume Missouri, l’unica fonte di acqua della popolazione, e violerebbe vari trattati federali stipulati con la Nazione dei Sioux. Al campo sono confluiti centinaia di migliaia di ‘protettori dell’acqua’ che hanno affrontato ripetute violenze della polizia, e sono diventate il più grande raduno delle Tribù Native degli ultimi cento anni. In Dicembre il Corpo degli Ingegneri dell’esercito USA, sotto la forte pressione dell’opinione pubblica, ha negato l’autorizzazione a scavare sotto il letto del fiume: una vittoria temporanea ma importante.

Lo sciopero delle donne polacche blocca la legge anti-aborto
Decine di migliaia di donne in 60 città della Polonia non sono andate al lavoro, lo scorso ottobre, obbligando gli uffici governativi, le università e le scuole a rimanere chiuse. Le proteste riguardavano i piani annunciati dal governo di trasformare le leggi sull’aborto – già restrittive – in un divieto totale, punitivo. La vastità della protesta ha obbligato il governo polacco a rinunciare.

Coltivatori di piante proibite ottengono ascolto presso le Nazioni Unite
A lungo emarginati e oppressi dai governi nella fallimentare ‘guerra alle droghe’, movimenti di agricoltori coinvolti nella produzione di piante considerate illecite si sono mobilitati nel 2016 per far sì che i loro punti di vista fossero ascoltati in occasione di una Sessione Speciale dell’Assemblea Generale dell’ONU sul tema delle droghe. In una storica dichiarazione ( “Heemskerk Declaration”) hanno chiesto che si ponga fine alla pratica di sradicamento forzato, e hanno chiesto di essere coinvolti in tutte le tappe che riguardano la messa a punto di decisioni politiche sulle droghe, in modo da controllare che siano rispettati i diritti umani e venga protetto il bene-essere delle comunità.

Black Lives Matter inserisce nell’agenda politica degli Stati Uniti il tema del razzismo e della violenza della polizia
Il movimento Black Lives Matter iniziò nel 2013 dopo l’assoluzione di George Zimmerman per l’uccisione dell’adolescente Afro-Americano Trayvon Martin. Da allora il movimento si è rafforzato, raggiungendo dimensioni nazionali. Nel 2016 ha denunciato con forza le ripetute uccisioni da parte della polizia, e gli atti sistematici di razzismo negli Stati Uniti, obbligando i candidati alle elezioni presidenziali a inserire il tema nei loro programmi elettorali. Nella prima metà di luglio ci sono state almeno 112 proteste in 88 città americane. Attraverso consultazioni collettive il movimento ha presentato, nel 2016, una piattaforma dettagliata, sia ponendo domande cruciali, sia proponendo azioni che si potrebbero intraprendere a livello locale, statale e federale per incominciare ad affrontare il razzismo sistemico.

La Costituzione dell’Islanda
La nuova costituzione dell’Islanda, votata dai cittadini nel 2012, sarà finalmente approvata nel prossimo anno, dopo che cinque partiti politici si erano impegnati a realizzarla entro due anni. La costituzione include clausole di protezione ambientale, dà particolare enfasi alla legge sui diritti umani internazionali e ai diritti dei rifugiati e dei migranti; propone una ridistribuzione dei frutti delle risorse naturali dell’Islanda – principalmente la pesca – e consente ai cittadini di modificare la legislazione e di proporre nuove leggi. Uno dei principali sostenitori, il Pirate Party, ha triplicato i suoi seggi nelle elezioni di ottobre, assumendo la terza posizione come dimensione tra i partiti.

Il movimento “Ni una menos” si afferma in America Latina
Il movimento ‘Ni una menos’ è iniziato nel 2015 a Buenos Aires, come espressione spontanea di dignità contro tutte le forme di violenza contro le donne. Nel 2016 si è diffuso in tutte le grandi città del Paese, con manifestazioni anche il Peru, Uruguay, Cile e Messico. Queste manifestazioni di protesta hanno contribuito ad aumentare il livello di consapevolezza sull’intensità degli attacchi sessuali e dei femminicidi, e hanno stimolato il sostegno di artisti, giornalisti, celebrità dello sport e politici. In Argentina la pressione pubblica ha indotto la Corte Suprema a istituire un registro dei femminicidi.

Gli insegnanti de Kenya hanno ottenuto un nuovo contratto di lavoro
Grazie a una serie di scioperi effettuati nel 2015 e 2016 gli insegnanti kenioti hanno ottenuto una modifica del contratto di lavoro, con un aumento di stipendio del 25% per i maestri elementari. La lotta continua, tuttavia, contro la crescente apertura di scuole private gestite da grosse organizzazioni a scopo di lucro.

Articolo pubblicato su tni.org 
Traduzione e sintesi di Elena Camino per il Centro Studi Sereno Regis
Fonte: serenoregis.org 

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