di Ann Deslandes
“Se avessimo trascorso quei 23 anni a scambiare pallottole”, dice il Subcomandante Insurgente Moisés dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale in un discorso serale ai molti riuniti per l’incontro “Gli zapatististi e Co-Scienze per l’umanità” che attualmente ha luogo a San Cristobal de Las Casa, “saremmo stati in grado di costruire questo?” Il Subcomandante si riferiva alle fiorenti infrastrutture autogestite della vita zapatista, vissuta da migliaia di indigeni ribelli nella giungla Lacandon del Chiapas, in Messico. Il movimento zapatista celebra oggi il ventitreesimo anniversario della sua rivolta a San Cristobal il 1 gennaio 1994, il giorno in cui era entrato in vigore l’Accordo Nord-Americano di Libero Scambio.
Nei 23 anni seguenti gli zapatisti si sono organizzati in piccole comunità, note come caracoles, e hanno costruito ospedali, scuole, cliniche, sicurezza, trasporti e attività di comunicazione autonomi.
Nei 23 anni seguenti gli zapatisti si sono organizzati in piccole comunità, note come caracoles, e hanno costruito ospedali, scuole, cliniche, sicurezza, trasporti e attività di comunicazione autonomi.
Il “comando” zapatista di cui il Subcomandante Moisés è membro ha avuto inizio, come il Subcomandante ha raccontato nel suo discorso, subito dopo la rivolta per considerare “un altro modo di combattere” il sistema dell’economia neoliberista e il cattivo governo che attualmente tiene l’umanità nella sua morsa, con i popoli indigeni del mondo i più duramente schiacciati. Cioè cominciarono a ricercare una resistenza a questa presa mortale che non dipendesse dalle armi e dalla violenza e in cui solo i guerriglieri avessero un ruolo. I leader del movimento cominciarono a parlare con “compañer@s” * delle comunità indigene riguardo ad alternative per opporsi alla guerra condotta contro di loro. L’alternativa, scoprirono, consisteva nell’includere tutti gli indigeni ribelli che lottano – donne, bambini, anziani – tutti insieme costruendo il mondo giusto e razionale ricercato “dal basso” continuando, contemporaneamente, ad affrontare la minaccia di sterminio da parte dello stato e del capitale. Così gli zapatisti decisero che avrebbero smesso di usare le loro armi contro gli aggressori e avrebbero sviluppato un sistema di autogoverno, completamente autonomo dallo stato e dal capitale.
La risposta alla domanda del Subcomandante Insurgente Moisés è “no”, ovviamente, e, coerentemente con la metodologia zapatista, è seguita da una domanda ulteriore: “E ci saremmo incontrati gli uni con gli altri?” Qui egli sta parlando a quasi 100 scienziati (dai campi di matematica, ingegneria, vulcanologia, epigenetica, cosmologia, biotecnologia, per citarne solo alcuni) che hanno accettato l’invito degli zapatisti a recarsi a San Cristobal per questo “encuentro” per presentare il loro lavoro e rispondere a domande di 100 donne zapatiste scelte dalle loro comunità indirizzare il sapere degli scienziati professionisti al compito di costruire un mondo buono e giusto, contro il neoliberismo e a favore dell’umanità. Questo compito è descritto, ai fini di questo “encuentro”, come “costruire una grande casa in cui trovino spazio diversi mondi”.
In questa serata il Subcomandante Moisés ci parla del viaggio degli zapatisti nelle arti e nelle scienze, con un accento sulle scienze, poiché è di essere che siamo riuniti per discutere. Prima della rivolta e dei frutti dell’autogoverno, ci dice, gli indigeni ribelli non avevano molto spazio per produrre arte o contemplare gli insegnamenti della scienza. Insegnamenti ancestrali e tradizionali erano il principale modo per conoscere il mondo. Da quando l’autonomia è stata consolidata negli ultimi otto o nove anni, sono ricercate nuove finestre sul mondo. Ciò è contrassegnato dalle domande di Defensa Zapatista, una bambina di forse otto o nove anni, e di altri giovani zapatisti nel crescere in istruzione e cominciare a porre domande ai loro anziani, come: “Perché quel fiore ha quel colore? Perché ha quella forma? Perché profuma? Non voglio che mi si dica che Madre Terra ha fatto il fiore con la sua saggezza o che lo ha fatto Dio. Voglio conoscere la risposta scientifica”.
In quanto tale, a questo encuentro, “Gli zapatisti e le Co-Scienze per l’umanità”, partecipano compañer@s di comunità zapatiste che riporteranno questo sapere a decine di migliaia di indigeni in molte lingue. Vi partecipano anche i praticanti della scienza professionale che hanno invitato; “eschucas” (ascoltatori/orecchie) da tutto il Messico e dal mondo e stampa indipendente dell’America Latina.
Mentre ci riuniamo è anche in seduta il Congresso Nazionale Indigeno a elaborare strategie politiche per il progresso degli indigeni in Messico. Ad esempio, il Congresso è stato consultato se i suoi membri nomineranno un Consiglio Governativo Indigeno per governare il nostro paese, il Messico.
Nel descrivere il movimento del sapere scientifico nelle comunità zapatiste il Subcomandante Moisés illustra uno dei molti mondi alternativi che la vita zapatista ci mostra: un mondo in cui, per parafrasare il Subcomandante Galeano, la scienza non arriva con la spada, come ha fatto e continua a fare sotto il colonialismo. Né arriva come la “pseudoscienza” delle “buone vibrazioni”, terapie New Age e simili, che consegnano il sapere ancestrale e tradizionale a un passato inferiore. Il sapere, invece, è costruito insieme, secondo le possibilità di spazio e di tempo, e alle condizioni dei popoli originari della terra.
Nelle sessioni sin qui i compañer@s zapatisti hanno affrontato i temi delle frustrazioni e delle falsità delle accademie e dei finanziamenti patrocinati dallo stato della pratica scientifica; la questione di chi serva, o possa servire, la pratica scientifica; la pratica della scienza con i movimenti sociali, come nell’agroecologia; l’utilità della scienza e degli scienziati nel costruire il mondo adatto a molti mondi; il rapporto tra i saperi chiamati tradizionali e quelli scientifici; il potenziale e le applicazioni dell’intelligenza artificiale; per non citare le presentazioni di biologia non professionale, astronomia, il funzionamento del cuore umano, le manifestazioni e la prevenzione del fungo del caffè, i meccanismi di matematica, geometria, epigenetica e cosmologia e miriadi di altre cose non citate qui. I compañer@s hanno anche partecipato a seminari di robotica, di pratica della scienza come professione, e sui fossili e il passato del pianeta. Le domande presentato all’encuentro da compañer@s zapatisti sono state delineate all’inizio dal Subcomandante Galeano e sono 120. Includono:
– Gli alimenti OGM danneggiano la terra e gli esseri umani? E il cibo industriale, i microonde, i pesticidi?
– Quando nasce un bambino e batte soltanto il suo cuore, vive ma il suo corpo è verde, morto e non si muove, noi mettiamo il bambino in un recipiente di acqua calda con la placenta e senza tagliare il cordone ombelicali il bambino comincia a riprendersi, mentre la placenta si disfa. Qual è la spiegazione scientifica di questo? Quale rapporto ha la luna con il movimento della terra? Qual è la spiegazione scientifica?
– Che cosa causa la pre-eclampsia e l’eclampsia? Come possiamo prevenire che una donna incinta se ne ammali?
– Qual è il modo migliore per insegnare la scienza ai bambini?
– Che cosa pensate di come le donne sono sfruttate, manipolate, emarginate, torturate, discriminate per il colore della pelle e usate come oggetti?
– Qual è la spiegazione scientifica del fatto che gli insorti cominciano ad addormentarsi quando si discorre di politica?
Come riferisce il Subcomandante Moisés, nei 23 anni dopo la rivolta, negli anni seguenti di costruzione dell’autonomia sotto “un cessate il fuoco offensivo”, invece di “scambiare pallottole”, i bambini vanno a scuola e pongono domande. Tutte le decisioni sono prese collettivamente al segno di “tutto per tutti e nulla per noi” e la volontà dei collettivi è attuata dal governo zapatista, in cui “il popolo dà gli ordini e il governo obbedisce”, non il contrario. L’assistenza ospedaliera è offerta alle comunità di tutta la giungla Lacandon, agli zapatisti e ai non zapatisti. “E”, osserva il Subcomandante Moisés, da allora “non abbiamo così tanti uccisi a colpi d’arma da fuoco, feriti, torturati o scomparsi”. Oggi gli zapatisti vogliono “scienza per la vita”, una scienza che fiorisce contro la spada, la pallottola e le “buone vibrazioni” della borghesia.
L’esperimento zapatista di resistenza senza pallottole e invece costruendo il mondo che chiediamo, un esperimento condotto sotto cancellazione, in condizioni che nessun laboratorio universitario consentirebbe, sta funzionando e sta attirando la curiosità, la meraviglia e la costruzione di sapere di tutti quelli che lottano per la giustizia in un mondo cupo.
Da ZNetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo
Originale: teleSUR English
Traduzione di Giuseppe Volpe
Traduzione © 2017 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.0
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