di Matteo Giangrande
Nel libro L'idea di socialismo, Axel Honneth, direttore dell'Istituto per la ricerca sociale di Francoforte, si propone di mostrare come nell'idea di socialismo ci sia ancora da cercare una «scintilla viva». Quando anche le società europee e nordamericane sono percorse da situazioni di latente disagio che suscitano ondate di indignazione acritica e senza prospettiva di un cambiamento reale, Honneth avverte il bisogno di tornare a sperare in un'alternativa al capitalismo che faccia riattivare e convergere le lotte politiche per il riconoscimento nella direzione dell'ideale di una società «socialista».
Muovendo dal suo confronto con la hegeliana Filosofia del diritto e con la nozione di riconoscimento reciproco, il filosofo francofortese si propone, nel primo capitolo, di esporre l'idea di libertà sociale, l'idea «originaria» del socialismo inteso come sviluppo immanente alle finalità contraddittorie dell'ordinamento sociale liberale.
Il fondamento teorico dell'argomentazione di Honneth è l'ipotesi secondo cui il criterio per differenziare le comunità sociali è il modo in cui sono correlati gli obiettivi perseguiti dai loro membri: se per intersezione o interconnessione1. Se gli obiettivi perseguiti dai membri della comunità sono correlati per intersezione, ognuno contribuisce in maniera indiretta, non intenzionale e contingente alla realizzazione degli obiettivi condivisi da tutti. Se invece sono correlati per interconnessione, ciascun membro contribuisce in maniera diretta, intenzionale e necessaria alla realizzazione degli obiettivi comuni. Nel primo caso, i soggetti agiscono semplicemente l'uno-con-l'altro; nel secondo caso, l'uno-per-l'altro. Di qui, l'alternativa fondamentale: in un ordinamento sociale «capitalistico» gli obiettivi condivisi collettivamente vengono realizzati sotto la condizione per cui i membri si riconoscono reciprocamente come individui che perseguono esclusivamente il loro privato egoismo e che disconoscono la loro mutua dipendenza; in un ordinamento sociale «socialista», in una comunità solidale fondata sulla «simpatia reciproca», la realizzazione degli obiettivi comuni viene invece perseguita nella forma per cui i membri agiscono intenzionalmente l'uno-per-l'altro, poiché si sono riconosciuti reciprocamente nei loro bisogni individuali e nella loro interdipendenza reciproca. Secondo Honneth, sia la libertà negativa come non-interferenza sia la libertà positiva come autodeterminazione si fondano sulla forma sociale di libertà che ogni individuo acquisisce nelle relazioni di riconoscimento reciproco con altri individui: nei rapporti privati e affettivi, in quelli economici della produzione e dello scambio di beni, nei rapporti politici di partecipazione. È da segnalare una certa vaghezza nell'uso della nozione di libertà sociale che spesso viene a coincidere con la nozione, anch'essa piuttosto vaga, di solidarietà reciproca. Valga, comunque, la seguente indicazione di Honneth sul significato di libertà sociale: «prendere parte alla prassi sociale di una comunità nella quale i membri dimostrano di partecipare alle attività l'uno dell'altro al punto tale che per amor degli altri si aiutano reciprocamente nella realizzazione dei propri fondati bisogni», nella quale «ognuno si occupa in modo disinteressato dell'autorealizzazione di ogni altro» (pp. 38-39).
Il secondo capitolo mostra il legame tra lo spirito e la cultura dell'industrialismo e il vecchio guscio concettuale dell'idea di libertà sociale insito nella teoria della società e della storia dei primi socialisti e di Marx. In vista di una attualizzazione della tradizione socialista è indispensabile per Honneth mettere in discussione e sostituire i tre assunti principali della teoria socialista della società e della storia: l'economicismo, che, riducendo il ruolo della negoziazione politica democratica alla cooperazione economica, ha privato il movimento socialista della possibilità di intuire il lato emancipatorio dei diritti di libertà liberali; l'idea, apodittica e non testata empiricamente, di un soggetto rivoluzionario – il proletariato industriale - già presente nel sociale; la teoria del materialismo storico, l'idea di una ineluttabilità storica del superamento socialistico dei rapporti di produzione capitalistici.
La proposta di Honneth in vista di una attualizzazione della tradizione socialista si sviluppa nei capitoli terzo, dove si argomenta della necessità di sostituire alla escatologia sottostante la concezione deterministica della storia l'atteggiamento orientato ad uno sperimentalismo storico, e nel quarto, in cui centrale è l'idea di una forma di vita democratica. A differenza della tradizione liberale, il “fondamentalismo economicista” ereditato dall'industrialismo ha determinato per la tradizione socialistica l'incapacità di assumere la tendenza alla differenziazione funzionale delle società moderne come un fatto normativo e di riconoscere, a differenza del movimento femminista e del repubblicanesimo liberale, il ruolo emancipatorio giocato dall'affermazione dei diritti umani fondamentali, sia nella sfera affettiva delle relazioni personali che in quella della formazione democratica della volontà politica.
Fonte: Materialismo storico
Originale: http://materialismostorico.it
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