di Lidia Baratta
Sul tavolo del 2017, per le partite Iva, restano solo le solite briciole. Regimi fiscali altalenanti e tante, troppe regole diverse. Mentre il famoso Statuto del lavoro autonomo, che un anno fa usciva dalle stanze di Palazzo Chigi promettendo tutele e semplificazioni, viaggia ancora a ritmo lento. Il 21 dicembre, dopo la crisi del governo Renzi, è ripartito in commissione Lavoro della Camera, e dal 10 gennaio inizieranno le audizioni. Ma sui tempi nessuno può scommetterci.
Tanto più ora che Tommaso Nannicini, quello che Renzi stesso aveva definito “sottosegretario alle Partite iva”, non è più nella squadra di governo. E se è vero che potrebbe essere l’ultimo provvedimento sul lavoro prima di tornare a votare, una parte del Pd chiede che si inserisca anche la questione mancante dell’equo compenso. Il che non fa che complicare e ritardare tutto.
Tanto più ora che Tommaso Nannicini, quello che Renzi stesso aveva definito “sottosegretario alle Partite iva”, non è più nella squadra di governo. E se è vero che potrebbe essere l’ultimo provvedimento sul lavoro prima di tornare a votare, una parte del Pd chiede che si inserisca anche la questione mancante dell’equo compenso. Il che non fa che complicare e ritardare tutto.
Il magmatico popolo degli autonomi, relegato nella zona grigia tra finta partita Iva e diversamente dipendente, intanto resta ad aspettare. Passato in secondo piano rispetto alla battaglia politica dei voucher. Con una situazione economica che non migliora, anzi: secondo i dati dell’ultimo rapporto Adepp, l’associazione delle casse di previdenza professionali, negli ultimi dieci anni (2005-2015) il reddito dei professionisti è diminuito del 18 per cento. E per gli iscritti alla gestione separata, in due casi su tre con meno di 35 anni anni, il netto annuo medio è di 8.335 euro, pari a 694 euro al mese.
Insomma, per il popolo delle partite Iva il 2017 rischia di non portare le novità annunciate. Parliamo di una fetta del mercato del lavoro italiano che va da 1,3 a 3,5 milioni di persone a seconda che si considerino solo i liberi professionisti, i professionisti iscritti agli ordini o anche i piccoli artigiani. Il quinto Stato, come lo ha chiamato qualcuno. Quello, composto soprattutto da giovani, che forse ha pagato di più il conto della recessione del 2008. Un mondo liquido che negli anni della crisi è cresciuto, salvo avere una battuta d’arresto con l’introduzione della decontribuzione per le assunzioni a tempo indeterminato. Ma ridotti i bonus, gli autonomi hanno ricominciato a crescere. Tra quelli che aprono la partita Iva in mancanza di contratti diversi, quelli che hanno perso un lavoro e si reinventano un’attività, e quelli che invece hanno scelto di essere autonomi.
Ma al di là di piccoli interventi legislativi, incentivi speciali, ritocchi percentuali sui forfait e dietrofront (come il pasticcio sugli aumenti delle tasse previsti nella stabilità del 2015, poi modificato nel milleproroghe), in questi anni si è fatto poco per migliorare la vita degli autonomi. E anche quando qualcosa di positivo è stato deciso, nella realtà non ha avuto l’efficacia sperata. L’anno scorso la legge di stabilità, per favorire l’accesso ai fondi strutturali europei, ha sancito l’apertura dei bandi anche a freelance e partite Iva. Ma la norma spesso resta sulla carta e molte regioni non si sono adeguate. Acta, l’associazione dei freelance, li chiama “Bandi Bassotti” e raccoglie le segnalazioni, da Nord a Sud. Le ultime due, ad esempio, riguardano Valle d’Aosta e Sardegna.
Senza dimenticare il deserto del welfare rispetto ai colleghi dipendenti. Il ddl sul lavoro autonomo potrebbe in parte colmare queso gap. Prevendendo nuove tutele, dall’assegno di maternità senza astensione obbligatoria (così com’è oggi è spesso impraticabile) all’aumento delle spese deducibili, dalla deducibilità delle polizze contro i mancati pagamenti alla sospensione dei contributi in caso di malattia. E poi ancora il tetto massimo dei pagamenti a 60 giorni dalla consegna della fattura fino alla regolamentazione del lavoro agile o smart working. Riuscirà un Parlamento in perenne campagna elettorale a portare a casa lo Statuto degli autonomi? Staremo a vedere.
Intanto, dopo il balletto degli ultimi quattro anni, dal 1 gennaio 2017 una novità c’è: l’aliquota contributiva per gli iscritti alla gestione separata scenderà definitivamente al 25 per cento. La legge di bilancio ha archiviato finalmente il rischio di vederla salire al 33 per cento nel 2018. Un altro numero da aggiungere sul diario delle partite Iva, l’unica fascia di lavoratori a essere identificata solo con il regime fiscale di appartenenza.
Fonte: Linkiesta
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.