di Mariangela Mianiti
Il festival di Sanremo ha prodotto il primo spot per promuovere l’edizione 2017, che andrà in onda dal 7 all’11 febbraio, ed è arrivata subito una valanga di critiche. Tre donne incinte aspettano il turno di visita in una sala d’attesa ascoltando Non ho l’età, canzone con cui Gigliola Cinquetti vinse il Festival nel 1964. All’improvviso compaiono tre simil-feti che intonano la canzone battendo il tempo con schiocchi di dita e in perfetta sintonia con le mamme. Alla fine, una voce maschile dice «Tutti cantano Sanremo». L’intenzione sarebbe quella di celebrare l’universalità della canzone italiana, così salutare che anche i nascituri non aspetterebbero altro che il festival.
Il risultato è una melassa di immagini da pubblicità di uno studio ginecologico, tre feti che sembrano bambolotti di plastica e chiari riferimenti al Fertility Day, tema che era già costato alla ministra della salute Beatrice Lorenzin una figuraccia a causa di una sciagurata locandina sui buoni e cattivi comportamenti, dove i buoni erano bianchi, biondi, smaglianti, e i cattivi scuri di pelle e amanti delle canne.
Il risultato è una melassa di immagini da pubblicità di uno studio ginecologico, tre feti che sembrano bambolotti di plastica e chiari riferimenti al Fertility Day, tema che era già costato alla ministra della salute Beatrice Lorenzin una figuraccia a causa di una sciagurata locandina sui buoni e cattivi comportamenti, dove i buoni erano bianchi, biondi, smaglianti, e i cattivi scuri di pelle e amanti delle canne.
A parte il fatto che non si capisce perché si scelga la gravidanza per pubblicizzare il festival della canzone italiana, i casi sono tre: o c’è un maleficio che colpisce i creativi che trattano il tema della natalità per le istituzioni o la tivù nazionale, o vengono scelti i cervelli sbagliati, o i paletti e le imposizioni sono tali che i suddetti creativi danno il peggio di sé. C’è anche una quarta ipotesi, che il conduttore del festival, Carlo Conti, abbia ascoltato suggerimenti o praticato una captatio benevolentiae, sport ben conosciuto in Rai.
C’è poi la scelta della canzone e di alcune sue parole: «Non ho l’età per amarti e per uscire sola con te». Se la Cinquetti, allora diciassettenne, alludeva a una congiunzione carnale all’epoca considerata sconveniente per una minorenne non sposata, qui si è ribaltato il senso delle parole e, date le dimensioni e la forma dei feti, si è propensi a pensare che i tre aspiranti alla nascita si riferiscano all’imminente ora del parto o al mese di gestazione e che intendano dire: qui si sta tanto bene, non farmi uscire prima che sia finito Sanremo.
È notorio che il musicista preferito da chi abita nel liquido amniotico sia Mozart, ma non si poteva usare per evidenti ragioni. Fra tutte le altre canzoni vincitrici dei passati festival, «Non ho l’età» deve essere sembrata la più adatta a chi vorrebbe le ragazze di oggi come quelle di un tempo, con la testa a posto e un solo pensiero, diventare mamme di bambini poco agitati, che a spettinarsi troppo si fa peccato.
Fonte: Il manifesto
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