di Franco Astengo
Al solo scopo di tenere aggiornata la memoria riportiamo sinteticamente ( i rapporti completi occupano pagine e pagine) dati presi dal sito di Wars in the world e dell’UNHCR (l’organizzazione dell’ONU per i rifugiati). Si tratta di elenchi impressionanti, ai quali nessun governante delle grandi potenze (e anche delle piccole) presta attenzione al fine di avviare almeno l’intenzione di un processo di pace. Quando si esaminano i fatti politici, a tutti i livelli, sarebbe necessario avere presente questo stato di cose. Al riguardo dei grandi temi della globalizzazione, delle migrazioni, della lotta per il predominio energetico e tecnologico, della finanziarizzazione dell’economia, del peso dello sfruttamento sulla condizione umana quello della guerra è – come sempre nella storia – esiziale e insieme propedeutico al peggio.
L’impegno politico anche da posizioni di minoranza (osiamo usare anche il termine “testimoniale”) dovrebbe in ogni caso rappresentare questo terribile stato di cose per combatterlo aspramente.
“Se c’è un dovere, e se insieme a esso esiste una fondata speranza di rendere reale lo stato del diritto pubblico, pur solo in una progressiva approssimazione all’infinito, allora la pace perpetua, che segue quelli che finora falsamente sono stati chiamati trattati di pace (in realtà solo degli armistizi) non è un’idea vuota ma un compito che, risolto poco a poco, si fa sempre più vicino alla sua meta (poiché i tempi in cui succedono progressi uguali diventano sperabilmente sempre più brevi”
Scriveva così nel 1795 Immanuel Kant nella “Per la pace perpetua”. Dopo oltre due secoli parole che suonerebbero come quelle di una vana profezia: in realtà dovrebbero stimolarci a riflettere su ciò che non è drammaticamente stato, riportando quel pensiero al centro di una prospettiva storica.
Ecco l’elenco delle guerre in atto aggiornato al 2016
AFRICA:
(29 Stati e 220 tra milizie-guerrigliere, gruppi terroristi-separatisti-anarchici coinvolti)
Punti Caldi: Egitto (guerra contro militanti islamici ramo Stato Islamico), Libia (guerra civile in corso, non certo risolta dall’appoggio occidentale al governo di Tripoli), Mali (scontri tra esercito e gruppi ribelli), Mozambico (scontri con ribelli RENAMO), Nigeria (guerra contro i militanti islamici), Repubblica Centrafricana (spesso avvengono scontri armati tra musulmani e cristiani), Repubblica Democratica del Congo (guerra contro i gruppi ribelli), Somalia (guerra contro i militanti islamici di al-Shabaab), Sudan (guerra contro i gruppi ribelli nel Darfur), Sud Sudan (scontri con gruppi ribelli)
ASIA:
(16 Stati e 169 tra milizie-guerriglieri, gruppi terroristi-separatisti-anarchici coinvolti)
Punti Caldi: Afghanistan (guerra contro i militanti islamici, continua l’occupazione delle truppe USA e degli alleati occidentali), Birmania-Myanmar (guerra contro i gruppi ribelli, fortissima repressione verso il popolo dei Rhoyngia), Filippine (guerra contro i militanti islamici), Pakistan (guerra contro i militanti islamici, che hanno nel paese basi militari e logistiche clandestine), Thailandia (colpo di Stato dell’esercito Maggio 2014)
EUROPA:
(9 Stati e 81 tra milizie-guerriglieri, gruppi terroristi-separatisti-anarchici coinvolti)
Punti Caldi: Cecenia (guerra contro i militanti islamici), Daghestan (guerra contro i militanti islamici), Ucraina (Secessione dell’autoproclamata Repubblica Popolare di Donetsk e dell’autoproclamata Repubblica Popolare di Lugansk), Nagorno-Karabakh (scontri tra esercito Azerbaijan contro esercito Armenia e esercito del Nagorno-Karabakh)
MEDIO ORIENTE:
(7 Stati e 248 tra milizie-guerriglieri, gruppi terroristi-separatisti-anarchici coinvolti)
Punti Caldi: Iraq (guerra contro i militanti islamici dello Stato Islamico, in corso la battaglia di Mosul), Israele ( repressione verso i palestinesi nella striscia di Gaza e Cisgiordania. Rifiuto del governo Nethanyahudi accettare la risoluzione del consiglio di sicurezza al riguardo degli insediamenti coloniali sul territorio palestinese), Siria (guerra civile ad un punto cruciale dopo la caduta di Aleppo. Sul campo truppe russe e americane in fronti contrapposti)), Yemen (guerra contro e tra i militanti islamici) Turchia (gli attentati terroristici e il fallito colpo di stato del Luglio 2016 hanno fornito l’occasione al governo Erdogan per attuare una dura repressione all’interno del Paese nei confronti non solo degli oppositori ma anche delle richieste di pluralismo politico e di confronto democratico espresso da vari gruppi politici e sociali. Prosegue la durissima repressione verso i militanti del PKK, partito dei lavoratori del Kurdistan).
AMERICHE:
(6 Stati e 26 tra cartelli della droga, milizie-guerrigliere, gruppi terroristi-separatisti-anarchici coinvolti)
Punti Caldi: Colombia (guerra contro i gruppi ribelli, stilato un accordo di pace tra il Governo e le formazioni militari delle FARC. Accordo respinto dal voto popolare e ogi riformulato), Messico (guerra contro i gruppi del narcotraffico. Al governo sono così forniti elementi per la sospensione delle garanzie costituzionali e per attuare violente repressioni indiscriminate)
TOTALE degli stati coinvolti nelle guerre: 47
PRINCIPALI ATTENTATI TERRORISTICI NEL 2016
Attentati del 22 marzo 2016 a Bruxelles
Attentato all'ambasciata canadese a Kabul del 2016
Attentato di Istanbul del gennaio 2016
Attentato di Istanbul del marzo 2016
MIGRANTI IN FUGA DALLE GUERRE
Il rapporto annuale Global Trends dell’UNHCR, che traccia le migrazioni forzate nel mondo basandosi su dati forniti dai governi, dalle agenzie partner incluso l’Internal Displacement Monitoring Centre, e dai rapporti dell’organizzazione stessa, riporta circa 65.3 milioni di persone costrette alla fuga nel 2015, rispetto ai 59.5 milioni di un anno prima. Per la prima volta viene superata la soglia dei 60 milioni di persone.
Il totale di 65.3 milioni comprende 3.2 milioni di persone che erano in attesa di decisione sulla loro richiesta d’asilo in paesi industrializzati a fine 2015 (il più alto totale mai registrato dall’UNHCR), 21.3 milioni di rifugiati nel mondo (1.8 milioni in più rispetto al 2014 e il dato più alto dall’inizio degli anni novanta), e 40.8 milioni di persone costrette a fuggire dalla propria casa ma che si trovavano ancora all’interno dei confini del loro paese (il numero più alto mai registrato, in aumento di 2.6 milioni rispetto al 2014).
A livello globale, con una popolazione mondiale di 7.349 miliardi di persone, questi numeri significano che 1 persona su 113 è oggi un richiedente asilo, sfollato interno o rifugiato – un livello di rischio senza precedenti secondo l’UNHCR. In tutto, il numero di persone costrette alla fuga è più alto del numero di abitanti della Francia, del Regno Unito o dell’Italia.
In molte regioni del mondo le migrazioni forzate sono in aumento dalla metà degli anni novanta, in alcuni casi anche da prima, tuttavia il tasso di incremento si è alzato negli ultimi cinque anni. Le ragioni principali sono tre: le crisi che causano grandi flussi di rifugiati durano, in media, più a lungo (ad esempio, i conflitti in Somalia o Afghanistan stanno ormai entrando rispettivamente nel loro terzo e quarto decennio); è maggiore la frequenza con cui si verificano nuove situazioni drammatiche o si riacutizzano crisi già in corso (la più grave oggi è la Siria, ma negli ultimi cinque anni anche Sud Sudan, Yemen, Burundi, Ucraina, Repubblica Centrafricana, etc.); la tempestività con cui si riescono a trovare soluzioni per rifugiati e sfollati interni è andata diminuendo dalla fine della Guerra Fredda. Fino a 10 anni fa, alla fine del 2005, l’UNHCR registrava circa 6 persone costrette a fuggire dalla propria casa ogni minuto. Oggi questo numero è salito a 24 ogni minuto, quasi il doppio della frequenza del respiro di una persona adulta.
Fonte: Contropiano
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