di Robert Fisk
Noi tutti conosciamo il problema. Qualsiasi giornalista o storico che deve riferire delle atrocità, si trova davanti al medesimo dilemma. Che cosa si fa quando viene riferito che un esercito, una milizia, o un culto ha commesso un crimine vergognoso contro l’umanità – e ha realmente perpetrato molti oltraggi in passato – quando non si ha alcuna prova che questo particolare evento sia realmente accaduto? E così oggi leggiamo che “19 ragazze Yazide sono state bruciate vive per essersi rifiutate di fare sesso con dei miliziani dell’Isis che le avevano fatte prigioniere”. Il malsano contenuto sado-sessuale ha reso questa una notizia crudelmente solleticante. Prima di scriverne, i giornalisti avevano quindi un obbligo speciale di assicurarsi che fosse vera. Ma lo era?
L’Isis stesso si era vantato di aver fatto schiave le donne yazide, sulla sua rivista Dabiq. Ha bruciato vive le prigioniere, filmando le agonia della loro morte. Gli assassini dell’Isis hanno tagliato le teste di volontari e di giornalisti, registrando su nastro queste crudeltà perché il mondo le vedesse. Hanno sparato a migliaia di prigionieri seppellendoli in fosse comuni. Proprio un ossario del genere è stato scoperto questa settimana dalle forze irachene vicino a Fallujah, contenente circa 400 corpi, la maggior parte dei quali erano di soldati iracheni colpiti alla testa da distanza ravvicinata, ma anche di civili accusati di “spionaggio”.
L’Isis stesso si era vantato di aver fatto schiave le donne yazide, sulla sua rivista Dabiq. Ha bruciato vive le prigioniere, filmando le agonia della loro morte. Gli assassini dell’Isis hanno tagliato le teste di volontari e di giornalisti, registrando su nastro queste crudeltà perché il mondo le vedesse. Hanno sparato a migliaia di prigionieri seppellendoli in fosse comuni. Proprio un ossario del genere è stato scoperto questa settimana dalle forze irachene vicino a Fallujah, contenente circa 400 corpi, la maggior parte dei quali erano di soldati iracheni colpiti alla testa da distanza ravvicinata, ma anche di civili accusati di “spionaggio”.
C’è stato, tuttavia, un grosso problema riguardo alla terribile notizia delle ragazze Yazide che sono state presumibilmente immolate a Mosul. L’informazione ha avuto origine non, come al solito, dallo stesso Isis, ma da un’agenzia di stampa curda che aveva tutti i motivi per diffondere la propaganda sul “ terrore dell’Isis.
I corrispondenti locali nell’Iraq curdo, hanno avuto seri dubbi riguardo alla notizia. Non ci sono tabù sulla stampa di Beirut nel mostrare fotografie di neonati morti, di donne bruciate vive o di bambini sventrati. Ma –sempre una cupa banderuola della verità – la maggior parte dei giornali arabi in Libano, hanno ignorato una storia alla quale normalmente avrebbero dato un rilievo che fa venire l’acquolina in bocca.
Ora noi tutti conosciamo la storia delle suore belghe crocefisse che presumibilmente i soldati tedeschi avevano inchiodato alle porte della chiesa durante la loro avanzata verso la Francia nel 1914. Il mondo fu sconvolto dalla barbarie prussiana – anche se venne fuori che i resoconti erano pura finzione. Il problema era che le forze tedesche hanno di fatto commesso atrocità contro i civili belgi, mettendo sia le donne che gli uomini davanti ai loro plotoni di esecuzione dopo che i soldati tedeschi erano stati uccisi dai cecchini nella zona intorno a Liegi. Ci sono delle immagini vere negli archivi che mostrano i penosi cadaveri di queste povere donne belghe, con delle gonne bianche che giacciono tra i morti. Fu tale, però il disgusto del pubblico per la scoperta che il racconto delle suore crocifisse era falso, che le notizie di atrocità tedesche divennero ampiamente non credute.
Nel caso del genocidio armeno in cui le forze turche massacrarono un milione e mezzo di Cristiani armeni nel 1915 – un crimine di guerra del quale ci sono fotografie e testimonianze oculari a bizzeffe – nessuno ha dubitato che fossero avvenute queste atrocità di massa. I governi alleati espressero il loro orrore, osservando che gli ufficiali tedeschi che addestravano l’esercito Ottomano erano stati testimoni di quello che doveva diventare il primo Olocausto industriale del ventesimo secolo.
Soltanto decenni dopo, quando la nuova Turchia di Ataturk divenne una potenza regionale, i governi occidentali iniziarono davvero a mettere in dubbio questi resoconti storicamente accurati della crudeltà dei Turchi Ottomani. In realtà i governi britannico e statunitense oggi hanno fatto sforzi eccentrici per negare che il maggior crimine di guerra della Prima Guerra mondiale, in cui mucchi di neonati armeni furono davvero bruciati vivi, fosse realmente avvenuto. Guardate quelle balle sulle suore crocefisse, dicono con derisione gli ufficiali. Non è stata anche quella un’altra invenzione riguardo alla Prima Guerra mondiale?
E così si arriva ad Auschwitz. Gli europei e gli americani erano ben consapevoli della persecuzione nazista degli ebrei molto tempo prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Esisteva già il campo di concentramento di Dachau. Ma quando i primi resoconti delle uccisioni di massa degli ebrei in Unione Sovietica raggiunsero la Svizzera neutrale e Londra nel tempo di guerra, furono in gran parte trascurate. Perfino i primi resoconti dettagliati delle uccisioni con il gas e degli ebrei bruciati vivi ad Auschwitz e in altri campi di sterminio nell’Europa orientale, furono confusi nella massa delle storie di orrori precedentemente screditate, riguardanti il Belgio del 1914. Non avevamo già prima sentito parlare di queste “atrocità” tedesche?
Il Daily Telegraph pubblicò i primi resoconti su Auschwitz soltanto con una breve notizia nella metà inferiore della prima pagina. E così la prima prova dell’Olocausto nazista, il più grande crimine di guerra dal punto di vista numerico contro l’umanità, fu trattato con dubbio invece che con credibilità. E’ stato utile agli alleati del tempo di guerra mantenere le cose in quel modo: volevano bombardare le città tedesche, non i campi di sterminio nazisti.
Ma che cosa vi sareste aspettati dai governi alleati che sostennero per anni dopo la guerra – per assecondare Zio Joe Stalin e i suo successori – che il massacro nella foresta di Katyn dei reparti di ufficiali polacchi nel 1940 erano stati perpetrati dai nazisti invece che dal Commissariato del Popolo per gli Affari interni (acronimo russo: NKVD) sovietico? La lista continua e anche le atrocità di fantasia. Nel 1982, per esempio, i giornalisti israeliani affermarono di avere trovato prove che i guerriglieri palestinesi avevano una clinica in cui si uccidevano i civili in modo che il loro sangue potesse essere preso allo scopo di poter fare trasfusioni ai guerriglieri palestinesi feriti.
La notizia crollò nel giro di pochi giorni, ma salta fuori di tanto in tanto tra i miti della guerra del Libano del 1975-1990, confondendo le terribili verità di atrocità vere come il massacro di Sabra e Shatila del 1982 di oltre 1700 civili palestinesi per mano degli alleati libanesi di Israele. Ogni falsa atrocità sanguina nel corpo delle prove di altri veri crimini, contaminando la verità per decenni futuri.
Le suore “crocefisse” gettarono il dubbio sui civili belgi morti nel 1914 e, successivamente, sulla prima prova dell’Olocausto. I cosiddetti “negazionisti dell’Olocausto” stanno ora cercando la minima discrepanza nelle prove dei crimini nazisti, per mettere in dubbio l’intera natura criminale del regime nazista. E quindi noi giornalisti dobbiamo indagare su qualsiasi crudeltà che ci troviamo sulla nostra strada, di solito in Medio Oriente, con il bisturi della semantica. Infatti, se viene fuori che quelle 19 ragazze Yazide non sono state mai arse vive – e dobbiamo sinceramente credere che questo non sia avvenuto – allora i futuri “negazionisti” dei crimini dell’Isis perpetueranno per un’alta generazione la “innocenza” di questo culto feroce.
Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/how-do-we-separate-the-truth-from-the-lies-when-reporting-war-crimes
Originale : The Independent
Traduzione di Maria Chiara Starace
Traduzione © 2016 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY NC-SA 3.0
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