di Claudio Grassi
Tutte le tornate elettorali offrono importanti elementi di riflessione e anche queste ultime ne offrono molti. Il problema è, come spesso accade, che tra qualche giorno nessuno li terrà più in considerazione. Per esempio: qualcuno ha più parlato del fatto che nella regione che ha sempre avuto il tasso più alto di partecipazione al voto, l’Emilia Romagna, alle ultime regionali ha avuto, in un colpo solo, il primato (strappato alla Calabria che votava lo stesso giorno) della regione con il più alto tasso di astensionismo? Mi era sembrata una cosa enorme, ma nessuno ne ha più parlato. Temo che anche le cose rilevantissime evidenziate dal voto di ieri avranno la stessa sorte.
Non mi dilungherò sulle valutazioni generali che tutti, tranne il gruppo dirigente del Pd, riconoscono e cioè: l’ulteriore aumento dell’astensione, la perdita secca del Partito Democratico, il consolidamento e in alcuni territori la crescita del M5S, una destra che quando si unisce è tutt’altro che irrilevante (vedi Milano).
Mi limiterò a una rapida valutazione del nostro risultato: quello della Sinistra.
Sono tutti un po’ insoddisfatti, ed anche io – francamente – mi aspettavo qualcosa di più.
Qualcosa di più, non di certo un dato completamente diverso. Chi ha vagheggiato – non si capisce sulla base di quale riscontro concreto – a risultati clamorosi che ci davano all’8 a addirittura al 10% soprattutto nelle grandi città, non ha ben capito in che situazione ci troviamo.
Una situazione in cui, dopo anni di ripetute sconfitte, scissioni, errori, sono venuti meno la nostra credibilità e il nostro spazio, occupato in modo sempre più evidente dal M5S.
Il problema di oggi – dunque – non è quello di immaginare successi impossibili, visto il contesto concreto, ma quello di gettare le basi per riconquistare credibilità e spazio politico.
Il nostro compito è quello di mettere un cuneo tra il Pd e il M5S, su cui come sappiamo confluisce parte del nostro elettorato oltre che la maggioranza del consenso giovanile che chiede alla politica un cambiamento.
Io leggerei i dati elettorali con questo primo approccio, sebbene assai semplificato, invitando ad assumerlo consapevolmente nel processo costituente del nuovo partito della sinistra che siamo impegnati a far nascere.
Che cosa ci dicono i risultati nelle principali città
Certo, il risultato di Torino è deludente, quello di Roma è insufficiente, ma invece di accusarci l’un l’altro proviamo a capire come mai – nonostante lo schieramento fosse più ampio di quello di Sinistra Italiana e con due candidature a Sindaco in posizione nettamente alternativa al Pd – si sia intercettato solo marginalmente il malcontento così diffuso in quelle città e l’elettorato in libera uscita dal Pd. Il problema va indagato a fondo e credo che se su questo si impegnassero le compagne e i compagni dei territori in questione, offrirebbero un bel contributo per il nostro congresso.
Il dato di Torino e Roma richiede una riflessione aggiuntiva: su quelle due liste hanno investito particolarmente Rifondazione e L’Altra Europa, ritenendo che un loro successo avrebbe potuto dimostrare che il vero processo costituente per un soggetto politico della sinistra nasceva da lì e non da quello avviato con Cosmopolitica da Sinistra Italiana.
Il risultato dimostra che questa tesi non ha riscontro nella realtà. Il problema è più profondo. Il consenso oggi a Sinistra è solo marginalmente determinato dal fatto che le liste siano sostenute da un numero maggiore o minore di sigle. A dimostrazione di ciò vi è il dato di Bologna, dove la lista di sinistra guidata da Martelloni, che non ha avuto il sostegno né del Prc né di una parte di Sel, ottiene un risultato doppio rispetto a Torino la cui lista, al contrario, aveva l’appoggio di tutta la galassia delle forze che si muovono a sinistra del Pd.
Un discorso particolare va fatto su Milano, città nella quale il numero di errori compiuti in questi mesi ha dell’incredibile. Il primo – incomprensibile – sta nella scelta di Pisapia di non ricandidarsi. Con tutta probabilità il risultato sarebbe stato simile a quello di Cagliari ed oggi potremmo rivendicare un nostro successo nella seconda città italiana. Il secondo errore è stato quello di aver partecipato alle primarie con Sala portando due candidature, Balzani e Majorino, riconducibili alla sinistra, assicurandoci così la certezza della sconfitta. Il terzo errore è stato quello di non aver voluto costruire una lista unica con una candidatura condivisa che si ponesse in alternativa a Sala. Il quarto errore è stato quello di aver fatto comunque una lista interna alla coalizione guidata da Sala e cioè contribuendo a portar voti non solo a un candidato che di sinistra non ha nulla, ma allo stesso Matteo Renzi, la cui vittoria a Milano sarà decisiva per poter dire che la sua linea è vincente.
Altra riflessione particolare – opposta a questo – va fatta su Napoli.
Napoli e la necessità di una interlocuzione fruttuosa
Il risultato ottenuto da De Magistris è di grandissimo rilievo. Il Sindaco di Napoli non ottiene solo un consenso molto elevato. Il Sindaco di Napoli, ed è questo un ulteriore elemento su cui riflettere, ottiene questo consenso in una condizione di durissimo contrasto con Matteo Renzi, che lo ha sfidato andando più volte nella sua città, esercitando pesantissime pressioni e compiendo gravi scorrettezze istituzionali. Nonostante questo, o forse proprio per questo, De Magistris consolida il proprio consenso e si avvia ad una probabile riconferma. Penso che Sinistra Italiana debba aprire una immediata interlocuzione con il Sindaco partenopeo e con questa realtà per costruire una forte sinergia. D’altra parte – a differenza delle recenti elezioni regionali in Campania – la nostra lista ha avuto un discreto risultato e – anche questo – qualcosa vorrà pur dire.
Il terzo risultato che richiede una valutazione a parte è quello di Cagliari. Parliamo della città dove l’unico sindaco di capoluogo di regione che vince al primo turno è espressione della sinistra ed è sostenuto da tutte le forze della sinistra, oltre che dal Pd. Viene premiato l’ottimo lavoro di Zedda svolto in questi 5 anni. Era quello che si poteva produrre anche a Milano se Pisapia non avesse fatto la scelta di cui prima parlavamo.
Infine assieme alle realtà specifiche o dove il risultato è stato deludente, ve ne sono anche diverse dove il dato è positivo e ci dice di una potenzialità che abbiamo se riusciamo a intrecciare candidature rappresentative e progetti credibili: è il caso di Sesto Fiorentino piuttosto che di Brindisi, oppure di Caserta.
L’ultimo ragionamento riguarda i ballottaggi. Penso che le nostre liste non debbano dare nessuna indicazione di voto. Sarebbe paradossale che in un contesto dove a Napoli il Pd ha dichiarato che darà indicazione di non partecipazione al voto, noi andassimo in soccorso ai candidati del Pd. Certamente chi ha votato le liste di sinistra non voterà mai un candidato delle destre, e non serve dirlo. Toccherà a chi va al ballottaggio essere capace – attraverso proposte politiche credibili – di ottenere un consenso elettorale più ampio di quello ottenuto al primo turno.
In questo contesto diventa necessario accelerare il processo di costruzione di Sinistra Italiana. Dobbiamo dotarci rapidamente di una proposta politica che sia la base del nostro documento congressuale e questo deve essere fatto prima dell’estate. Altrimenti a dicembre non si farà nessun congresso. E’ fondamentale far partire immediatamente nei territori un reale processo di costruzione di una presenza organizzata, indicando dove sono le nostre sedi, rendendo palese chi sono le compagne e i compagni, seppur in modo ancora provvisorio, di riferimento, raccogliendo materialmente iscrizioni e adesioni. E – fattore decisivo – dobbiamo saper far convivere al nostro interno la dialettica politica, che non è solo necessaria, ma utile, senza che questa produca irrigidimenti e divisioni ma ricchezza.
Fonte: controlacrisi.org
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