di Alessandro Gianetti
L’alleanza tra Podemos e Izquierda Unida per le prossime elezioni del 26 di giugno è la principale novità del frammentato scacchiere politico spagnolo, che per il resto rimane uguale alla fumata nera del dicembre scorso; la fusione avvenuta tra la sinistra eurocomunista e la formazione degl’Indignados, tuttavia, è di quelle che lasceranno il segno. Si risolve un dubbio fondamentale, Podemos è di sinistra o di destra? È evidentemente di sinistra, ma i suoi slogan contro i privilegi della classe dirigente e a favore del reddito di cittadinanza hanno attratto anche elettori trasversali. Fin qui, niente di nuovo sul fronte occidentale, in Italia lo abbiamo già visto con il Movimento 5 Stelle e in Grecia con l’ampio consenso raccolto da Syriza. Quel che sorprende è che un simile impianto possa poggiare su solide basi marxiste e dichiaratamente novecentesche, gramsciane per l’esattezza.
Lo avevano intuito i pochi che leggevano tra le righe dei comunicati ufficiali, lo avevano denunciato i detrattori dei mangiatori di bambini 2.0: adesso le basi politiche di questo esperimento sono sotto gli occhi di tutti.
Lo avevano intuito i pochi che leggevano tra le righe dei comunicati ufficiali, lo avevano denunciato i detrattori dei mangiatori di bambini 2.0: adesso le basi politiche di questo esperimento sono sotto gli occhi di tutti.
L’abbraccio tra i due giovani leader in Puerta del Sol sembrerebbe l’inizio di una scampagnata tra amici, e invece sancisce il ritorno delle teorie marxiste nei paesi ricchi. Sia Pablo Iglesias che Alberto Garzón citano spesso il padre del movimento operaio, nonché l’amatissimo Gramsci, per adattare la loro proposta politica, lotta di classe in senso stretto, allo scenario contemporaneo. È la prima volta, dalla caduta del muro di Berlino, che una forza che propone l’intervento statale nei settori strategici dell’economia si profila come seria candidata a governare un paese NATO. I sondaggi attribuiscono all’unione tra Podemos e Izquierda Unida il 22-25% dei voti: supererebbe il Partito Socialista e, forse, anche il Partido Popular.
Lo Stato spagnolo ha da tempo acceso le sirene, accusando Podemos di finanziamenti illegali dal Venezuela di Chavez, ma la sua corsa pare aver subito una spinta decisiva grazie all’alleanza con un partito che ha solide basi sul territorio. È da questa posizione di forza, il movimentismo di Podemos rafforzato dall’apparato logistico dei comunisti spagnoli, che i due alleati affrontano la nuova campagna elettorale.
Si tratta in definitiva di una riedizione in stile minimal della lotta ai poteri forti: la banca centrale europea, le compagnie elettriche e l’industria petrolifera, ma, più in generale, a quelle che un tempo si sarebbero dette forze di conservazione che sostengono il capitalismo internazionale. La frattura che si produsse a sinistra con la firma del Trattato di Mastricht, insomma, è lontana dall’esser sanata, e con essa rischiano di riemergere tutte le piaghe nascoste nella drammatica gestione della crisi condotta dalla Germania di Angela Merkel.
Non è un caso che Julio Anguita, lo storico leader di Izquierda Unida che su quel trattato espresse gli stessi dubbi di Rifondazione Comunista, una parte della CGIL e molti comunisti francesi (tra i quali Mélenchon), abbia benedetto l’unione. Il suo nemico era e resta il sistema capitalistico che impedisce la redistribuzione della ricchezza, al quale si aggiungono la perdita di sovranità degli stati e il ruolo della banca centrale europea.
Ricordiamo che dopo quel trattato le banche nazionali non possono emettere moneta e sono costrette a chiedere prestiti a istituti privati e fondi d’investimento (con il conseguente rincaro dei tassi d’interesse) per finanziarsi. Gli eurobond sarebbero un parziale bilanciamento a questo meccanismo che favorisce le speculazioni, ma non sono stati ancora approvati. In questo clima, le sinistre di governo esprimo gratitudine a Mario Draghi per l’abbassamento dei tassi, mentre quelle alternative ne vorrebbero scrivere l’epitaffio politico.
È come se il dibattito sviluppatosi negli anni 90 e apparentemente concluso per KO, con le socialdemocrazie salite alla guida dell’integrazione europea (la famosa e incompleta governancedi Romano Prodi) avesse riservato una coda velenosa, inaspettata, che la grave crisi di questi anni potrebbe addirittura rendere storicamente decisiva, e rovesciare i valori in campo: fare della sinistra, nuovamente, il campo degli antagonisti all’attuale sistema di gestione e flusso dei capitali. Un fatto normale, si dirà, perché in fondo Marx ed Engels non se n’erano mai andati. Sì, d’accordo, peccato che non accadesse con questa nitidezza da almeno vent’anni.
Fonte: glistatigenerali.com
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