di Alessandro Gilioli
Non avendo l'anello al naso, è opportuno fare una robusta tara sul presunto "asse populista" Salvini-M5S, in vista dei ballottaggi. Ed è la tara della propaganda elettorale ispirata, con ogni probabilità, dal burattinaio della comunicazione renziana Filippo Sensi. Intendo dire che se oggi tutti i media o quasi scoprono similarità (o addirittura "accordi segreti") tra la Lega e i Cinque Stelle, è anche per allontanare l'elettorato di sinistra dalla tentazione di votare al ballottaggio i candidati Cinque Stelle: e una reale o presunta parentela tra grillini e leghisti svolge una funzione utilissima in questo senso. D'altro canto il giornale più esplicito, in questo senso, è proprio l'Unità, che titola in prima, a tutta pagina, "Carroccio a 5 Stelle".
Fatta questa tara, tuttavia, ci sono anche articoli più seri che analizzano la questione, come quello di Ilvo Diamanti oggi su Repubblica. Che parte da una considerazione sul delinearsi di una «convergenza tra i principali soggetti politici antirenziani».
È vero: c'è una fetta di Paese - variegatissima al suo interno - che ha come unico punto in comune l'avversione al premier.
Succede, quando la politica diventa una persona.
Succede cioè quando la dialettica e il confronto non sono più sulle cose, sulle idee, sulle visioni del mondo, sulle realizzazioni, ma diventano un ininterrotto derby "Io contro il Resto del Mondo".
È così che Renzi ha impostato l'attuale legislatura: su di s.
E «sono io che faccio le leggi», e «contro di me una Santa Alleanza», e «se non cambio la Costituzione me ne vado»: è tutto un gigantesco e strabordante "Io" che occupa la scena politica, attorno al quale costringere tutti gli altri a schierarsi. Un bipolarismo personale, cioè attorno a un individuo.
L'ha creato lui: sorprendente che se ne sorprenda.
Un bipolarismo simile - opera di un altro che si vedeva al centro dell'universo e che usava ogni minuto la prima persona singolare - era avvenuto ai tempi di Berlusconi.
Però Berlusconi era, o diceva di essere, a capo di una coalizione di centrodestra, alla quale per molto tempo si contrapponeva solo una coalizione di centrosinistra. Quindi il bipolarismo personale coincideva più o meno con le aree politiche, ed era pertanto un po' più nelle cose e un po' meno personale. Se invece il bipolarismo personale avviene in un quadro in cui fuori da quell'Io ci sono soggetti politici diversi o opposti tra loro, ne consegue un'asimmetria. È un bipolarismo personale che si limita all'individuo. Che non coincide con due aree politiche contrapposte.
Questo è: e - ripeto - l'ha creata e brandita soprattutto lui, Renzi, questa dialettica storta. E ancora di più la brandirà di qui al referendum di ottobre, argomentando sul fatto che per il No ci sono insieme Brunetta e Rodotà, anziché sui contenuti dell'impresentabile pasticcio Boschi.
C'è però anche un altro aspetto, in quella che Diamanti chiama "opposizione lega-stellata", ed è l'aspetto più interessante - sociologicamente politicamente parlando. Perché trascende Renzi e l'Italia stessa. È cioè - cito sempre Diamanti - «la comune insofferenza verso le istituzioni e verso i partiti», verso «la perdita di sovranità politica ed economica a favore di entità sovranazionali condizionate dai mercati».
E qui siamo nel pieno della rivolta globale anti establishment. Cioè di quelli che Bauman chiama «sentimenti antisistema», che nascono nella «democrazia malata» in cui votare non serve quasi più, perché tanto i poteri stanno altrove. E sono i poteri che hanno decimato il ceto medio, creato una super élite di privilegiati, precarizzando la vita di quasi tutti e togliendo ogni possibile progettualità a chi inizia la propria vita da adulto.
Anti-establishment: la stessa definizione con cui tutta la stampa straniera ha presentato la vittoria di Raggi a Roma. E la stessa che si attaglia ai fenomeni più diversi che stanno attraversando l'Occidente: da Podemos a Le Pen, da Corbyn fino ai Pirati che si apprestano a vincere le elezioni in Islanda.
Anti-establishment: come l'elettorato di Donald Trump e di Bernie Sanders negli Stati Uniti e - toh - nessuno ha mai pensato di dire che i due sono simili, nonostante sia stata testata sul campo l'esistenza di elettori che li considerano perfino intercambiabili, pur di tirare un ceffone all'élite economica e politica.
Personalmente, sono abbastanza sicuro che questa fase sia solo un interregno: quando una o più di queste forze "anti-establishment" governeranno un paese, le geometrie politiche cambieranno di nuovo, così come le alleanze e le contrapposizioni, insomma la nebbia si diraderà.
Per adesso mi limito a notare - ridendo un po' amaro - che l'establishment prima ha creato tutte le condizioni economiche, sociali e politiche perché le forze più diverse lo detestassero congiuntamente, poi si mette a strillare scandalizzato di avere contro le forze più diverse.
Fonte: L'Espresso - blog Piovono Rane
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