di Roberto Ciccarelli
Il consiglio dei ministri ha varato ieri un decreto legislativo che contiene alcune correzioni a cinque decreti attuativi del Jobs Act La più attesa era quella sulla tracciabilità dei voucher. Dopo mesi di dibattito, l’esecutivo ha previsto che gli imprenditori non agricoli o professionisti che ricorrono a «lavoro a scontrino» sono tenuti a comunicare i dati anagrafici o il codice fiscale del lavoratore, il luogo e la durata della sua prestazione con riferimento ad un arco temporale non superiore a sette giorni almeno un’ora prima dell’inizio della prestazione. Tale comunicazione avverrà mediante l’invio di un sms o di una mail alla sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro. Chi non rispetterà queste condizioni potrà essere soggetto a una sanzione amministrativa compresa tra i 400 e i 2400 euro.
Dunque, una mail o un messaggino sono gli unici antidoti individuati dal governo per sgonfiare il boom del lavoro nero coperto dai buoni lavoro che si comprano in tabaccheria, l’ultima frontiera del junk-work, il lavoro spazzatura ridotto a merce usa-e-getta. Ad una prima lettura del provvedimento sembra inoltre che l’esecutivo abbia escluso dal limite imposto ai committenti non agricoli le prestazioni non superiori a 2 mila euro per ciascun lavoratore. Un’esclusione motivata con il fatto che nel lavoro agricolo – l’ambito in cui inizialmente fu introdotto il voucher nel 2008 che anche grazie al Jobs Act è diventato la forma generale del lavoro precario di terza generazione in tutto il settore terziario – esiste il limite dei 7 mila euro a lavoratore, oltre a quelli di carattere stagionale per prestazioni effettuate da pensionati e da giovani con meno di 25 anni frequentanti un ciclo di studio.
A parere di Ivana Galli, segretaria generale Flai-Cgil, questa modifica va nella direzione di un più facile uso dei voucher. Avere escluso il tetto dei 2 mila euro significa «destrutturare il lavoro agricolo e snaturare il lavoro accessorio». Cioè quello che il Jobs Act ha fatto per tutti i settori, in particolare il commercio e il turismo, portando al clamoroso record di 115 milioni di voucher attivati, che per l’Inps corrispondono a circa 170 mila unità di lavoro part-time nel 2015. Solo nel primo trimestre del 2016 c’è stato un aumento del 45% rispetto al primo trimestre dell’anno precedente.
Il problema del decreto è che non interviene sul perimetro degli ambiti di applicazione dei voucher. Rendere tracciabile il «buono-lavoro» non serve infatti a impedire una serie di abusi: il voucher serve per dimostrare che il lavoratore è regolare in un campo o in un cantiere quando ci sono le ispezioni (se ci sono); in realtà viene usato per coprire i pagamenti in nero senza versare contributi, né rispettare i minimi contrattuali, i diritti fondamentali di lavoratori poveri, assolutamente flessibili e che non si concepiscono più nemmeno come «forza-lavoro».
«Sugli ammortizzatori sociali siamo alla farsa – sostiene la Cgil nazionale – Non si correggono gli errori che rendono difficile la gestione della crisi con la cassa integrazione riformata dal Jobs Act, non si interviene sulla Naspi per gli stagionali e costruisce una norma per i contratti di solidarietà che non risponde a nessuna logica in favore dei lavoratori. Questa è un’altra occasione mancata per correggere gli errori del Jobs Act». «Non è stata risolta la questione dei voucher acquistati, ma non ancora spesi – osserva Carmelo Barbagallo, segretario della Uil – Questi buoni rimasti nel cassetto sono la dimostrazione plastica del loro “utilizzo a convenienza”: occorre stabilire che quelli inutilizzati sono scaduti». L’auspicio dei sindacati confederali è di modificare questi aspetti del decreto, in attesa di approvazione, in vista del 14 giugno quando ci sarà un incontro concertativo su varie questioni al ministero del lavoro.
Per il presidente dell’Inps Tito Boeri la tracciabilità è una «misura giusta». Per il ministro del lavoro Poletti il governo ha confermato il suo impegno «contro illegalità e precarietà». Cesare Damiano, presidente Pd della commissione lavoro alla Camera, chiede di «reintrodurre il criterio dell’occasionalità voluto da Marco Biagi e la specificazione delle casistiche per l’uso dei voucher».
Fonte: il manifesto
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