Intervista a Ignnazio Marino di Jacopo Iacoboni
Ignazio Marino, si sta prendendo una rivincita, con le elezioni romane?
«No. A me quello che sta succedendo, il trionfo della Raggi e il Pd che arranca, non fa affatto piacere. Ma era inevitabile che accadesse. È in atto una strategia suicida del Pd, un partito che ho contribuito a fondare ma così com’è dev’essere totalmente rifondato. Questo non è il mio Pd, un partito che silura il suo sindaco, umilia la città mandando un commissario e poi cerca di imporre come sindaco un fedelissimo del premier ex capo di gabinetto di Rutelli».
«Io immagino che una parte non sia andata a votare; ma tra quelli che hanno votato, non escludo che qualcuno abbia votato il Pd e che molti abbiano votato per la Raggi; e una parte Fassina».
La Raggi come le sembra?
«Una persona determinata, non certo inconsapevole delle difficoltà; una donna intelligente, dai tratti caratteriali anche severi, e con una certa durezza. Non è intervenuta spesso in Consiglio comunale ma non era il capogruppo del M5s. Denigrarla è stata un’altra delle manifestazioni dell’arroganza di questa stagione del Pd, oltre che un grave errore tattico».
Però chi votava Pd e ora vota Raggi a Tor Bella Monaca lo fa forse anche per la paralisi in cui è precipitata la città. Lei ha compiuto svolte su legalità e debito, ma non sente di aver fatto poco per le periferie che abbandonano in massa il Pd?
«Ho lavorato due anni per ristrutturare le fondamenta della casa, l’equilibrio economico finanziario. Sulle periferie avevo disegnato un grande progetto che è stato interrotto, come costruire finalmente gli allacci fognari alle migliaia di romani che ancora oggi non li hanno. Per esempio, domando, che fine hanno fatto i 47 milioni che avevo stanziato nel 2015 per rifare totalmente l’illuminazione delle periferie, 192mila punti luce che a Roma sono quasi ancora tutti con lampade a incandescenza? Orfini lo sa? Renzi lo sa?».
Al ballottaggio per chi voteranno gli elettori di Marino?
«I cosiddetti renziani già all’epoca delle europee del 2014 sostenevano che avremmo avuto un tracollo a Roma per “l’effetto Marino”. Quando poi in città il Pd superò la media nazionale e raggiunse il 44%, dell’effetto Marino non parlarono più. Io al primo turno delle comunali presi 550mila voti, oggi tutta la coalizione ne prende 260mila. Al ballottaggio saranno ancora di più i miei elettori che voteranno per la Raggi. Perché a quelli del primo turno si aggiungeranno anche molti che non avevano votato. Sa ieri dov’ero?».
Dove?
«A Ostia. Miei antichi elettori mi hanno detto “votiamo la Raggi per dare uno choc al Pd”. Il segretario dei giovani democratici di Ostia mi ha invitato domenica a un dibattito. Io gli ho detto che vado ma di chiederlo a Orfini, gli ho chiesto se sapeva che il Pd dalla defenestrazione mi ha bandito da qualsiasi discussione nei circoli. La verità è che dalle periferie ci ha allontanato il commissario Orfini».
«A Ostia. Miei antichi elettori mi hanno detto “votiamo la Raggi per dare uno choc al Pd”. Il segretario dei giovani democratici di Ostia mi ha invitato domenica a un dibattito. Io gli ho detto che vado ma di chiederlo a Orfini, gli ho chiesto se sapeva che il Pd dalla defenestrazione mi ha bandito da qualsiasi discussione nei circoli. La verità è che dalle periferie ci ha allontanato il commissario Orfini».
Sul voto deludente a Roma hanno pesato anche le perplessità di D’Alema, e la sua distanza?
«Certo. C’erano quartieri di sinistra dove lui era di casa, dove noi prendevano il 70 per cento e dove oggi il Pd perde disastrosamente».
Lei voterà turandosi il naso per Giachetti?
«Voterò sicuramente, ma non voterò turandomi il naso, non sono tipo. Voterò respirando a pieni polmoni. Vorrei due impegni: uno, la promessa scritta che chi vince non farà più debito, quindi la continuità con la mia gestione. Due, l’impegno a non fare più porcherie politiche come quella imposta a me. Quindi io dico: se Giachetti si presenta con un foglio firmato da Renzi in cui dice che è stata un’azione gravissima deporre il sindaco con un atto notarile, lo voto. Altrimenti, mi dispiace, non posso votarlo».
Fonte: La Stampa
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