di Alejandro Vanoli
Le banche centrali hanno la loro origine in banche private che avevano come finalità l’emissione di moneta nel XVII secolo. Le prime furono la Banca di Stoccolma e la Banca d’Inghilterra. Solo nel XX secolo la banca centrale è concepita come la intendiamo adesso, ossia come una banca statale che possiede il monopolio dell’emissione di moneta ed è responsabile della regolamentazione monetaria e dei cambi. Il pensiero keynesiano ha ispirato le moderne banche centrali. La maggior parte delle banche centrali sono state progettate con due obiettivi: garantire la stabilità dei prezzi e promuovere la piena occupazione.
In un certo senso si tratta del dilemma della ‘curva di Philips’, ossia, l’amministrazione di questi due obiettivi dando priorità alla politica dei tassi di interesse e alla quantità di denaro in funzione del ciclo economico di un paese.
In un certo senso si tratta del dilemma della ‘curva di Philips’, ossia, l’amministrazione di questi due obiettivi dando priorità alla politica dei tassi di interesse e alla quantità di denaro in funzione del ciclo economico di un paese.
Tuttavia, verso la fine degli anni '70 comincia a prevalere negli Stati Uniti e in Inghilterra un approccio monetarista dove prevalgono obiettivi come la bassa inflazione e la stabilità dei prezzi, a scapito del livello di occupazione.
Negli anni 90’ alcune banche centrali stabilirono ‘de jure’ gli obiettivi di inflazione. Circostanza che ha creato una banca centrale ‘indipendente’, il cui unico obiettivo è quello di mantenere bassa l’inflazione indipendentemente dagli obiettivi di crescita e di occupazione.
Allo stato attuale, circa 40 paesi in tutto il mondo hanno adottato questo approccio. In America Latina, sono stati paesi come il Brasile, Cile, Colombia, Perù e Messico quelli che si sono dotati di banche centrali che hanno dato priorità agli obiettivi di inflazione a scapito di tutto il resto. Gli Stati Uniti e la Cina non hanno adottato questo schema. Mentre il governo Macri in Argentina ha annunciato che lo implementerà in futuro.
L'evidenza empirica ha mostrato che i paesi che hanno adottato questo approccio hanno ridotto l’inflazione negli ultimi 20 anni. Ma in generale, è avvenuto sacrificando il tasso di crescita dell’economia e dell’occupazione, che sono stati inferiori nello stesso periodo rispetto ai decenni precedenti.
Quest’evidenza è coerente con il fatto di porre come unico obiettivo di una banca centrale il controllo dell’inflazione, in questo modo l’Autorità Monetaria cerca di raggiungere questo obiettivo sacrificando tutti gli altri obiettivi di politica economica. Per questo, ad esempio, un banchiere centrale con un tasso di inflazione al 4% e la disoccupazione al 10%, avrà maggiore successo rispetto ad un altro che con le sue politiche avrà ridotto la disoccupazione al 6% ma con un tasso di inflazione del 7% annuo.
Così, la banca centrale sarà costretta ad aumentare i tassi d’interesse in misura maggiore, al fine di soddisfare questa premessa, anche se questo colpisce la domanda aggregata di un paese.
In Argentina nel 2012 è stata modificata la Carta Orgánica del Banco Central al fine di raggiungere diversi obiettivi. Durante la convertibilità nel 1992 è stata affidata alla Banca Centrale la missione essenziale di garantire il valore della moneta. La nuova Carta Orgánica ha ampliato questo obiettivi aggiungendo la stabilità monetaria, la stabilità finanziaria, la crescita, l’occupazione e l’inclusione sociale.
In questo modo la banca centrale ha cessato di essere solo preoccupata per l’inflazione e preservando la sua indipendenza funzionale, ha il compito di coordinare questi molteplici obiettivi con il Ministero dell’Economia
Il coordinamento delle politiche è assolutamente essenziale per il raggiungimento degli obiettivi di politica economica. In Argentina la vigilanza degli istituti finanziari è compito della banca centrale. Uno dei problemi che ha generato l'instabilità finanziaria e aggravato la crisi economica iniziata nel 2008 nel mondo sviluppato, è stata la mancanza di coordinamento e di coerenza delle politiche tra il Tesoro, l’Autorità Monetaria, la vigilanza delle banche e gli altri attori non bancari.
Dal punto di vista dello sviluppo, è del tutto possibile conciliare questi obiettivi attraverso politiche lontane dal paradigma neoliberista, promuovendo politiche macroeconomiche, oltre che mesoeconomiche e microeconomiche, che affrontino le cause strutturali dell’inflazione, che in molti casi non hanno solo una ragione monetaria.
Nel 2015 è stato possibile in Argentina nonostante un complesso contesto internazionale ridurre di 12 punti il tasso d’inflazione e ripristinare la crescita. La svalutazione del nuovo governo di Macri ha raddoppiato l’inflazione e generato una forte recessione economica.
Al di là di questioni macroeconomiche vi è una vera e propria scelta. Se un paese deve avere una banca centrale che sviluppi una politica isolata dal resto delle politiche che sono democraticamente elette attraverso il voto, una banca che si chiuda su se stessa in funzione esclusivamente degli interessi del settore finanziario. Oppure una banca centrale che sia un organismo pubblico al servizio di tutti, che garantisca consumatori e fruitori dei servizi finanziari, limitando gli abusi di un potere dominante che spesso vuole determinare la politica monetaria e finanziaria, e di conseguenza la politica economica a scapito della crescita, l’occupazione e l’equità.
Articolo pubblicato su Celag
Traduzione dallo spagnolo per l'AntiDiplomatico di Fabrizio Verde
Fonte: l'AntiDiplomatico
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.