di Ivan Cavicchi
Brutto segno. La nota di aggiornamento al Def appena definita dal governo, non specifica quante risorse saranno date alla sanità. «La quantificazione sarà decisa nella legge di Bilancio» ha detto Renzi aggiungendo in modo rassicurante «le risorse aumenteranno». Ma si limita ad aggiornare alcune stime. Rispetto al testo del Def di aprile si registra una correzione al rialzo minima dal 2016 al 2019 (2016 incremento di 278 milioni previsione finale di spesa di 113, 654 miliardi ).
Si tratta del solito giochetto: a sistema sanitario invariante a fronte di un reale fabbisogno stimato in “+ mld” la sanità avrà comunque “- mld” . La così detta “minor crescita”.
Il giochetto riguarda quindi il tasso di incremento vale a dire la percentuale di crescita della spesa sanitaria da un anno all’altro. Questo permette a Renzi di dire senza mentire che la spesa sanitaria crescerà anche se molto meno di quello di cui avrebbe bisogno la sanità. E’ come se Renzi dicesse «il problema non è tagliare la spesa sanitaria ma di non farla crescere». Ma non far crescere la spesa vale come tagliarla.
Questa furbata in logica si chiama “negazione” vale a dire un tasso di incremento viene trasformato nel suo contrario cioè un tasso di non incremento. Le jeux sont fait. Nel 2005 il tasso di incremento della spesa sanitaria è stato lo 0.3%, quanto sarà nel 2016? Questa è la domanda vera. Se sarà meno la sanità sarà tagliata di brutto se sarà di più la sanità sarà meno tagliata ma non rifinanziata.
L’altra furbata di Renzi il famoso definanziamento programmato. Il definanziamento si muove proprio nella logica della decrescita : si tratta di incrementare la spesa sanitaria in modo tale che essa nel tempo decresca costantemente e progressivamente. Come? Il tasso di incremento sarà calcolato in modo da far diminuire la spesa costantemente rispetto al Pil.
Oggi con la nota di aggiornamento si è leggermente modificata la previsione di incidenza sul Pil della spesa sanitaria che, a partire dal 2017, segna un +0,1% annuo fino al 2019.Quindi se prima si prevedeva che l’incidenza della spesa sanitaria sul Pil passasse dal 6,8 del 2014 al 6.5 nel 2019, oggi si prevede una passaggio dal 6.8 del 2016 al 6.6 del 2019. Esattamente lo 0.1 di stima di crescita del Pil.
Quindi definanziamento e decrescita sono confermati.
Abbiamo scritto che tutto questo significa: aumento dei disavanzi regionali, delle tasse locali e dei ticket, dell’abbandono sociale, meno tutele pubbliche e da ultimo prima la graduale “depubblicizzazione” del sistema pubblico e poi la sua graduale “privatizzazione” cioè il prendere piede di mutue e assicurazioni. Fine dell’art 32 della Costituzione.
Escludo che per il 2016 il tasso di incremento della spesa sanitaria sia superiore allo 0.3 %, molto probabilmente sarà inferiore o al massimo sarà di pari entità, questo vuol dite che in termini assoluti è probabile che la sanità non prenda i 113 mld promessi che ricordo a tutti sono sempre meno di quelli stimati come fabbisogno. Naturalmente spero di sbagliarmi. Aspettiamo il 15 ottobre quando sarà presentata la legge di bilancio.
Quale la morale della favola? Mai come oggi in sanità, vale il ruolo tirannico del Pil (primato dell’economia) e la grande lezione di Marx sui rapporti tra struttura economica e sovrastruttura sociale. La sanità pubblica se vuole sopravvivere deve fare “marxianamente” i conti tanto con il Pil che con la spesa pubblica e cercare con essi un nuovo accordo. Quello definito con la riforma del ’78 e poi aggiornato nel ’92 e nel ’99 da tempo non è più in grado di reggere le contraddizioni che si sono create tra diritti e risorse e a sua volta è diventato nonostante i nostri auspici una pesante contraddizione.
Insisto. Oggi dobbiamo contrastare la decrescita strutturale della sanità per farlo serve una moratoria durante la quale definire un accordo possibile tra salute e economia. Questo accordo può avvenire solo su un terreno di riforma cioè immaginando una sanità pubblica che sia meno costosa ma che produca più utilità.
Fonte: Il manifesto
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