Intervista a Aldo Giannuli di Daniela Preziosi
«Il pasto della regina di Francia era molto complesso, prevedeva un lungo cerimoniale, dovevano assistere i nobili. Ma non era complesso come scegliere l’assessore al bilancio di Roma». È ironia amara quella di Aldo Giannuli, ricercatore in Storia contemporanea all’Università di Milano, già consulente di molte procure e della commissione stragi, che con un curriculum così negli ultimi anni è stato consigliere di Gianroberto Casaleggio e formatore di giovani quadri M5S sulle questioni elettorali e costituzionali. Ma ironia bonaria.
Perché Raggi ha impiegato tanto tempo a scegliere un assessore al bilancio, e ne ha bruciati tre?
"Tutto inizia da una insana fissazione sui tecnici. Non si capisce perché. L’assessore, o il ministro, dev’essere un politico che poi si sceglie tutti i consulenti che vuole. Non si può predicare la democrazia diretta, sostenere che ogni cittadino può gestire la cosa pubblica, non si può dire basta con la casta dei politici e poi ricominciare con la casta degli esperti.
Comunque, a Roma la frittata è fatta, ora si mettano a lavorare. Vogliamo avere solo buone notizie. Che gli autobus girano, che il bilancio di previsione è stato fatto, che la monnezza viene tolta dalle strade."
Forse la sindaca si è resa conto che non ha un buon personale politico fra le sue file?
"Ma lo sapeva già. Con questa mentalità se vinceranno le elezioni finiranno per fare un governo Monti in salsa 5 stelle. Se si candidano a guidare il governo devono preparare persone che possano assumersi la responsabilità. E ogni tanto leggere qualche libro."
Di Maio e Di Battista non sono pronti per il governo?
"Di Maio potrebbe essere candidato premier, Di Battista invece farebbe il capo del movimento, e in effetti come agitatore di piazza va benissimo. Ma il resto? Chi è il ministro della Difesa, chi degli Esteri, della Giustizia? Comincino a preparare la squadra da subito. Ma non è che gli altri siano tutti Cavour e loro sono Bertoldo e Cacasenno. Vogliamo parlare della ministra Lorenzin, o della Gelmini? Sono un movimento giovanissimo, il Pci ci ha messo vent’anni ad avere un programma su tutto, negli anni ’50 era il partito del No."
Crede che l’M5S vincerà le prossime elezioni?
"Non sono fra gli ottimisti. Il movimento può vincere, ma a due condizioni. La prima è che resti il ballottaggio, cosa di cui dubito. La seconda è che il quadro politico resti quello che è adesso, e cioè che la destra resti frantumata. Per adesso vediamo come va il referendum. E qui invece sono cautamente ottimista."
Perché?
"Renzi parte con uno svantaggio di posizione. Faccio un calcolo molto approssimativo ma che può servire per orientarci. Se prendiamo i voti dei partiti alle elezioni del 2013 e li proiettiamo per come sono oggi schierati, il sì è al 36 per cento. Con il centro arriva al 45. Tutto il resto è no. Questo significa che mentre il fronte del No ha il problema di trattenere i suoi elettori, Renzi non solo deve trattenere i suoi ma deve andarsi a cercare almeno 4 milioni di voti. Ecco perché si rivolge alla destra. Peraltro gli viene bene, perché la sua è una riforma di destra. Anzi: è quella della P2. Sta per uscire un mio libro che si intitola «Da Gelli a Renzi». Ci sono le somiglianze: abolizione del senato, delle province, del Cnel, il sistema elettorale maggioritario, ma soprattutto i due hanno in comune una filosofia di fondo."
Il maggioritario c’è in molti paesi. E anche il presidenzialismo: può piacere o no, ma c’è in paesi democratici e che non hanno niente a che vedere con la P2.
"Il presidenzialismo è un sistema moderato ma con una sua pulizia di fondo, ed è basato su un sistema di contrappesi. Quelli che mancano nella riforma Boschi-Renzi.
Quello che avvicina Renzi a Gelli è proprio l’idea che le elezioni si facciano per scegliere un governo e non un parlamento, e che il governo assorba l’attività legislativa. Lo spirito è quello dell’autonomia dello Stato e degli apparati dalla società."
Torniamo a Roma. Dopo tre mesi di stallo Raggi avrà la forza di ripartire, anzi di partire?
"È bastato che facesse una cosa azzeccata mantenendo il No alle Olimpiadi promesso in campagna elettorale e subito si sono tutti ricompattati.
C’è stato un momento di crisi, ma l’elettorato dei 5 stelle è ben disposto e pronto a fare sconti. L’importante è che ora la sindaca si dia da fare."
Fonte: Il manifesto
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