di Raffella Casciello e Andrea Ranieri
L’Università e la ricerca sono sotto attacco. Lo sono da molti anni, ma l’intensificazione dei tagli, la velocità del processo di privatizzazione e di smantellamento dei diritti e delle tutele nella ricerca dal 2008 ad oggi hanno smantellato interi settori dei luoghi del sapere. Il 4 Novembre Sinistra Italiana prova a partire da qui: da queste macerie per rilanciare un proprio piano di azione, per dare centralità alla battaglia sui saperi, per costruire una nuova università e restituire dignità alla ricerca nel nostro Paese.
Il quadro è drammatico.
L’assenza di una legge quadro sul diritto allo studio ci consegna un accesso frammentato al mondo dell’università; una frammentazione che si è rafforzata negli anni della crisi aumentando una disparità di accesso al mondo universitario: i costi della tassazione e dei servizi sono notevolmente aumentati a discapito dell’indebolimento degli strumenti di welfare nell’accesso ai saperi. Diminuiscono così di anno in anno gli iscritti, e da quest’anno il numero dei laureati in un Paese che ha il minor numero di laureati sulla popolazione attiva di tutti i Paesi dell’OCSE.
La condizione di precarietà degli studenti si allinea con il quadro generale dell’’università e degli Enti di ricerca. Il taglio sistematico e costante del finanziamento ordinario in questi anni, il blocco delle assunzioni provocano l’ impoverimento dell’offerta formativa degli atenei.
La riduzione dei corsi e l’assimilazione dei corsi di laurea restringono ad imbuto la formazione verso un mondo del lavoro sempre più precario. In questo contesto la diminuzione della qualità dell’offerta formativa produce una dualità tra Nord e Sud del Paese enome.
La qualità tra Atenei di serie A e quelli di serie B, a causa soprattutto delle logiche di finanziamento di questi anni, è sempre più evidente con una differenziazione inevitabile tra i diversi poli del nostro Paese.
A fare da filo tra il quadro generale sull’Università e la ricerca è il ruolo dell’ANVUR.
L’ente vi valutazione su università e ricerca nel suo legame diretto col ministero, nei suoi metodi di valutazione e selezioni risulta essere uno dei punti meno visibili, ma più strutturali del processo di precarizzazione della ricerca da un lato e di svilimento dell’istituzione universitaria pubblica.
Abbiamo criticato con forza anche in Parlamento la questione delle cattedre Natta, forme cioè di reclutamento volte a premiare una ristretta nicchia di atenei eccellenti, anziché riaprire il reclutamento per tutti i ricercatori precari. E’ una questione pericolosa, volta a centralizzare nelle mani del governo le politiche di assunzioni, destituendo ogni potere e autonomia dell’università sulla ricerca. Ci apre un buon esempio di dove potrebbe portare l’ulteriore centralizzazione dei poteri prevista dalla legge di riforma Costituzionale, ed una altro buon motivo di merito per votare no al referendum.
A questo si aggiunge la condizione di precarietà dei dottorandi: la figura del dottorando senza borsa, le difficoltà ad inserirsi con continuità nel mondo della ricerca sono segnali evidenti di una politica governativa che lo considera ancora i dottorandi come studenti di terzo livello, anziché come ricercatori in formazione come vorrebbe la carta europea dei ricercatori.
Il nostro paese è diviso da un dibattito schizofrenico: da un lato la retorica dei troppi docenti, dall’altra la tragedia greca sui cervelli in fuga. Ma è evidente quale sia il quadro in un’università che soddisfa il bisogno di docenti solo per il 40% e che continua ad avere come strumento salariale quello degli assegni di ricerca/pre-ruolo.
Le condizioni materiali si uniscono a quelle della qualità del lavoro. Gli strumenti di valutazione promossi dall’Anvur non fanno altro che premiare un criterio di produttività intensiva, senza tenere in considerazione la qualità effettiva della ricerca e della didattica.
Di fronte a questo quadro, costruire una alternativa vuol dire innanzitutto avere la forza di ridisegnare completamente le policy nazionali su università e ricerca; vuol dire immaginare un altro modello di ricerca, un altro modello di università: a partire dal welfare studentesco, passando per la didattica, per nuove politiche di assunzione che smantellino la precarietà dell’insegnamento e della ricerca .
E’ quello che si propone di fare Sinistra Italiana, raccogliendo le istanze materiali che vengono dai luoghi del sapere, e le proposte e le idee di trasformazione dell’università che vengono dalle lotte e dalle istanze sociali di quei mondi. Facendole vivere nel Paese e portandole nello stesso dibattito parlamentare, a partire dalla stessa discussione del DEF.
Il 4 Novembre a Roma alle 14.30 nella sala Fredda della CGIL regionaledaremo vita ad una nostra prima assemblea nazionale su università e ricerca: un momento di rilancio della nostra azione nei luoghi del sapere, un momento per ascoltare, raccogliere, fare nostre le istanze che si muovono nel mondo dell’università e della ricerca. Perché non c’è alternativa senza una nuova cultura libera dal mercato e dalla precarietà.
Fonte: Il manifesto
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