di Arturo Scotto
Il comitato «Basta un Sì» (e quindi il Pd di Renzi) in queste ore fa circolare pubblicamente una vecchia mozione parlamentare di Sel del 29 maggio 2013, primo firmatario Gennaro Migliore, sostenendo che proponevamo le stesse cose oggi contenute nella nuova stesura della Costituzione. Vorrei informare pacatamente gli autorevoli esponenti di questo Comitato e quindi il Pd di Renzi che non è così, e che rifirmerei insieme ai miei compagni di partito di nuovo quel testo senza alcuna riserva.
Questo perché in quella mozione erano e sono scritte esattamente le cose che non sono state fatte da Renzi e dal Pd. E quindi i patetici richiami alla coerenza al massimo andrebbero rivolti a qualcun altro.
Spiego perché:
1) Intanto, nella mozione viene esplicitamente sancito che: «e’ auspicabile un percorso di riforme costituzionali condiviso e in grado di ottenere il più ampio consenso parlamentare». Non mi pare sia andata proprio così. La revisione di 47 articoli è passata con i voti decisivi di Verdini e Alfano. Con tutte le minoranze fuori dal Parlamento.
2) Viene proposta una riduzione drastica e bilanciata di deputati e senatori. Il Dl Boschi-Renzi introduce invece la categoria dei senatori dopolavoristi (sindaci e consiglieri regionali saranno membri della camera bassa nei ritagli di tempo) e delega la loro elezione ai consigli regionali, sottraendo il diritto di voto ai cittadini. Una bella differenza. Esattamente quella che passa tra chi vuole che gli elettori continuino a contare qualcosa e chi invece preferisce che a decidere sia il ceto politico.
3) Siamo a favore del superamento del bicameralismo paritario. Ma vogliamo un procedimento legislativo coerente e non confuso come previsto nel nuovo art.70 che mette nelle mani di un Senato di nominati un potere di veto che ritarderà l’approvazione delle leggi, alimentando contenziosi infiniti tra le due camere che verranno risolti dalla Corte.
4) È criticato con forza l’abuso della decretazione d’urgenza, chiedendone la limitazione, e il ricorso ai voti di fiducia. Mi fa piacere che questo sembri un problema anche per i sostenitori del governo che ha messo più questioni di fiducia della storia repubblicana, persino sulla legge elettorale. Purtroppo, non c’è nessun cambiamento nel testo sottoposto al Referendum. La decretazione d’urgenza resta così come era prima e al governo viene dato un potere in più: il voto a data certa. Nella nostra mozione viene addirittura sottolineata la centralità del Parlamento. Un lusso che voi avete deciso di non permettervi più perché in nome della cosiddetta democrazia decidente preferite affidarvi al Capo, come scrivete nell’articolo 2 dell’Italicum.
5) Si parla di riforma del Titolo V e di clausola di supremazia. Magari la promuovessero per materie di interesse reale dei cittadini. Verrà adottata solo per le opere che si ritengono strategiche per l’interesse nazionale. Cioè se il Governo vuole costruire una bella trivella al centro di una città, né le regioni né le autonomie locali saranno in condizione di proferire parola. Una distorsione neocentralista e autoritaria. Inoltre il nuovo riparto di competenze tra Stato e Regioni non tocca le materie più importanti: la sanità e il diritto allo studio che dovrebbero essere uguali per tutti i cittadini, di qualunque regione essi siano originari. Infine, le regioni a statuto speciale rimangono intatte. Una bella innovazione.
6) Si chiede di rendere obbligatoria la messa all’ordine del giorno e la discussione delle leggi di iniziativa popolare. Soltanto che nella riscrittura l’obbligatorietà non è prevista e viene demandata a futuri regolamenti parlamentari. Nel frattempo, si aumenta il numero delle firme da 50mila a 150mila. Un chiaro messaggio ai cittadini: conterete sempre di meno.
7) Dulcis in fundo, si propone che il ricorso al referendum costituzionale avvenga per materie omogenee. L’esatto opposto del quesito che verrà sottoposto ai cittadini il 4 dicembre. Unico e con una forte connotazione propagandistica.
8) Si prevede, infine, che le minoranze possano istituire commissioni di inchiesta su tutte le materie. Di questo non c’e’ traccia nella Riforma. D’altra parte vogliono fare uno Statuto delle Opposizioni votato dalla maggioranza eletta con l’Italicum, definita dall’allora capogruppo di Sel una legge «maleodorante». Siamo alla fiera degli ossimori.
Insomma, cari amici del Comitato “Basta un Sì” non diciamo esattamente le stesse cose.
Prima fate il verso al M5Stelle, caricando tutto il vostro messaggio sui risparmi istituzionali che non ci sono e sul numero dei politici da ridurre, poi implorate l’elettorato berlusconiano di votarvi perché il vostro testo è praticamente uguale alla riforma Calderoli – sicuramente in molti punti persino più lineare della vostra – e infine vi rivolgete a sinistra, forse perché state perdendo voti, tirando fuori una mozione parlamentare in cui è scritto l’esatto opposto di quanto avete fatto e sostenuto.
Ancora una volta avete sbagliato indirizzo. Quando si dice la forza delle convinzione.
In ogni caso, siamo disponibili ovunque a confrontarci nel merito. In tv, in piazza, persino nelle assemblee di condominio. Le differenze emergeranno. Eccome.
Fonte: Il manifesto
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