di Umberto De Giovannangeli
La Turchia non esiste più. Al suo posto è nato l’”Erdoganistan”, un Paese senza libertà né diritti, retto da un regime islamo-nazionalista che sfruttando uno pseudo golpe ha realizzato il disegno che covava da tempo: risolvere manu militari il problema curdo, azzittire la stampa indipendente, riempire le patrie galere di giornalisti, professori universitari, funzionari pubblici, attivisti dei diritti umani. E ora anche di parlamentari dell’opposizione.
E tutto questo con la complicità dell’Europa. Complicità, non silenzio. Perché di parole ne sono state utilizzate tante ad accompagnare le retate, le epurazioni, gli arresti di massa, lo scempio di qualsiasi diritto umano e civile, che scandiscano dal post-15 luglio la quotidianità della Turchia retta dal “Sultano di Ankara”. Quelle parole sono un insulto a quanti nell’Erdoganistan” si sono battuti e continuano a battersi per i diritti delle minoranze, perché non siano azzerate quelle istanze di libertà, in ogni sfera della vita politica, sociale, dei costumi sessuali, di un Paese che oggi è sotto il tallone di una dittatura spietata. Una dittatura finanziata dall’Europa. Perché questa è la realtà. Vergognosa. Indecente.
Perché i leader Europei non hanno solo chiuso gli occhi di fronte alle decine di migliaia di funzionari pubblici, di accademici, di quadri, di insegnanti dell’esercito, epurati da Erdogan, non solo non hanno raccolto gli appelli dei giornalisti incarcerati o zittiti o costretti all’esilio dal regime, ma quel regime hanno innalzato a interlocutore privilegiato nell’unica cosa che conta oggi nell’Europa dei muri, delle frontiere blindate, dei respingimenti forzati, degli hotspot-lager: fare della Turchia di Erdogan il “Gendarme” delle frontiere esterne. Perché l’unico timore che questa Europa indegna di definirsi democratica ha, è quello che il “Sultano di Ankara” apra i “rubinetti” dei migranti e ritorni a popolare le rotte della morte, a cominciare da quella balcanica. Al “Gendarme” turco l’Europa della vergogna ha promesso 6 miliardi di euro, sottoscrivendo un accordo nel quale non c’è una riga, non c’è alcun riferimento, non c’è alcun vincolo che riguardi il rispetto degli standard minimi di democrazia. Niente. E niente è stato fatto dopo che il “Sultano” osannato dalla folla ha promesso il ripristino della pena di morte e ottenuto il via libera per l’arresto di parlamentari nel pieno delle loro funzioni.
L’Europa ha subito dimenticato gli anni in cui Erdogan lasciava aperta la frontiera con la Siria perché vi entrassero migliaia di jihadisti, di foreign figheters, per ingrossare le fila del Daesh, in funzione anti-Assad. L’Europa ha dimenticato che mentre i combattenti curdi difendevano Kobane, i carri armati turchi posti alla frontiera non spararono un solo colpo contro i miliziani di al-Baghdadi. L’Europa è stata complice della guerra scatenata dall’esercito di Ankara nelle città turche a maggioranza curda; una sporca guerra fatta di assedi durati per mesi, di civili assassinati solo perché curdi, di città e villaggi ridotti a un cumulo di macerie. Ed ora l’Europa frigna di fronte alle immagini dei parlamentari dell’Akt in manette, si dice preoccupata, chiede moderazione. Moderazione al “Pinochet del Bosforo”!
A questa Europa che finge d’indignarsi, ma che non ha nemmeno il coraggio di convocare l’ambasciatore turco a Bruxelles (e a Roma, Berlino, Parigi…) per esprimere uno straccio di protesta diplomatica, consegniamo le parole di Selahattin Demirtas, il leader dell’Hdp, arrestato assieme ad altri 11 dirigenti e parlamentari del suo partito: “Siamo certamente un punto di riferimento nella lotta per ottenere i diritti fondamentali a lungo negati al popolo curdo e portare la democrazia in Turchia. Siamo sempre stati dalla parte dei diritti del popolo curdo, una lotta storica”. Questo Demirtas è riuscito a twittare prima di essere ammanettato. L’Europa ai piedi di un dittatore che studia da “Califfo”. A questa bassezza siamo arrivati. Vergogna.
E tutto questo con la complicità dell’Europa. Complicità, non silenzio. Perché di parole ne sono state utilizzate tante ad accompagnare le retate, le epurazioni, gli arresti di massa, lo scempio di qualsiasi diritto umano e civile, che scandiscano dal post-15 luglio la quotidianità della Turchia retta dal “Sultano di Ankara”. Quelle parole sono un insulto a quanti nell’Erdoganistan” si sono battuti e continuano a battersi per i diritti delle minoranze, perché non siano azzerate quelle istanze di libertà, in ogni sfera della vita politica, sociale, dei costumi sessuali, di un Paese che oggi è sotto il tallone di una dittatura spietata. Una dittatura finanziata dall’Europa. Perché questa è la realtà. Vergognosa. Indecente.
Perché i leader Europei non hanno solo chiuso gli occhi di fronte alle decine di migliaia di funzionari pubblici, di accademici, di quadri, di insegnanti dell’esercito, epurati da Erdogan, non solo non hanno raccolto gli appelli dei giornalisti incarcerati o zittiti o costretti all’esilio dal regime, ma quel regime hanno innalzato a interlocutore privilegiato nell’unica cosa che conta oggi nell’Europa dei muri, delle frontiere blindate, dei respingimenti forzati, degli hotspot-lager: fare della Turchia di Erdogan il “Gendarme” delle frontiere esterne. Perché l’unico timore che questa Europa indegna di definirsi democratica ha, è quello che il “Sultano di Ankara” apra i “rubinetti” dei migranti e ritorni a popolare le rotte della morte, a cominciare da quella balcanica. Al “Gendarme” turco l’Europa della vergogna ha promesso 6 miliardi di euro, sottoscrivendo un accordo nel quale non c’è una riga, non c’è alcun riferimento, non c’è alcun vincolo che riguardi il rispetto degli standard minimi di democrazia. Niente. E niente è stato fatto dopo che il “Sultano” osannato dalla folla ha promesso il ripristino della pena di morte e ottenuto il via libera per l’arresto di parlamentari nel pieno delle loro funzioni.
L’Europa ha subito dimenticato gli anni in cui Erdogan lasciava aperta la frontiera con la Siria perché vi entrassero migliaia di jihadisti, di foreign figheters, per ingrossare le fila del Daesh, in funzione anti-Assad. L’Europa ha dimenticato che mentre i combattenti curdi difendevano Kobane, i carri armati turchi posti alla frontiera non spararono un solo colpo contro i miliziani di al-Baghdadi. L’Europa è stata complice della guerra scatenata dall’esercito di Ankara nelle città turche a maggioranza curda; una sporca guerra fatta di assedi durati per mesi, di civili assassinati solo perché curdi, di città e villaggi ridotti a un cumulo di macerie. Ed ora l’Europa frigna di fronte alle immagini dei parlamentari dell’Akt in manette, si dice preoccupata, chiede moderazione. Moderazione al “Pinochet del Bosforo”!
A questa Europa che finge d’indignarsi, ma che non ha nemmeno il coraggio di convocare l’ambasciatore turco a Bruxelles (e a Roma, Berlino, Parigi…) per esprimere uno straccio di protesta diplomatica, consegniamo le parole di Selahattin Demirtas, il leader dell’Hdp, arrestato assieme ad altri 11 dirigenti e parlamentari del suo partito: “Siamo certamente un punto di riferimento nella lotta per ottenere i diritti fondamentali a lungo negati al popolo curdo e portare la democrazia in Turchia. Siamo sempre stati dalla parte dei diritti del popolo curdo, una lotta storica”. Questo Demirtas è riuscito a twittare prima di essere ammanettato. L’Europa ai piedi di un dittatore che studia da “Califfo”. A questa bassezza siamo arrivati. Vergogna.
Fonte: Left.it
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