La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

martedì 20 dicembre 2016

Non possiamo perdere altro tempo

di Paolo Cosseddu 
Recita un vecchio proverbio che se qualcuno ti frega una volta è colpa sua, se ti frega due volte è colpa tua. Siccome a questo punto altro che la seconda, si è perso il conto, assistiamo stupefatti al ritorno dell’eterno dibattito sul Pd, come sempre ben strombazzato dai media e immediatamente oggetto di pensosi elzeviri e convegni a raffica dai titoli sempre più improbabili. Questa convegnite – malattia terminale della sinistra italiana che si sperava debellata – ha espresso brevi sintomi stagionali che si manifestano in annunci di candidature al congresso dei democratici senza che poi, come si scopre giusto un paio di giorni dopo, vi sia un congresso a cui candidarsi.
E siccome non sono bastati il Jobs Act, l’Italicum, la riforma costituzionale, lo Sblocca Italia, la Buona Scuola (eccetera eccetera) a convincerli a lasciare il Pd, ci facciamo una domanda a cui forse saranno invece sensibili: quando il segretario/candidato premier con la sua maggioranza renzian/franceschinian/turca farà le liste per il Parlamento, secondo loro cosa succederà? (E quando i loro elettori “di sinistra” li vedranno fare campagna per il segretario/candidato premier Renzi, come reagiranno?)
Ma è un messaggio nella bottiglia. Nel senso, le possibilità che qualcuno lo riceva e si comporti di conseguenza sono infinitesimali, ormai abbiamo capito che staranno nel Pd e che dire: peccato, ma andiamo avanti.
Poi c’è l’altro dibattito, quello che avviene dall’altro lato del tubo catodico come in Poltergeist: quello della sinistra che vorrebbe sostenere Renzi ma dall’esterno, una compagine che fino a pochi giorni fa aveva come principali sostenitori Pisapia, Boldrini e una parte della disciolta Sel e costituenda Sinistra italiana ma che appena si è ricominciato a discutere di Mattarellum si è notevolmente ingrossata, portando anche alcuni scettici a scalpitare e a diventare improvvisamente possibilisti – e non nel senso nostro del termine, purtroppo.
A chi da un anno e mezzo ci chiede perché la sinistra non è unita, e a chi addirittura si spinge a dire che quelli divisivi saremmo noi, consiglieremmo quindi di tatuarsi a fuoco ciò che da allora continuiamo a ripetere: che non vi può essere nessun progetto comune con chi ha promosso le politiche di questi ultimi anni, punto. Che l’esperienza dimostra aldilà di ogni ragionevole dubbio che l’arroganza con cui sono portate avanti non rende possibile migliorarle da sinistra, che è un alibi che non regge più, una foglia di fico che non copre la vergogna.
Che è inutile continuare a farci sopra dei convegni, iniziare l’intervento urlando “care compagne e cari compagni” per poi proseguire teorizzando che allearsi con chi ha cancellato i diritti dei lavoratori “non è la vera questione”. Ma no, infatti, figuriamoci.
Tranquilli compagni, tranquilli: andate avanti così, solo non fateci perdere altro tempo. A noi e a tutti.
Michele Fusco, in un articolo di qualche giorno fa, ha usato l’espressione “Tangentopoli bianca” per descrivere l’aria di dissoluzione non necessariamente giudiziaria (anche se…) che in modo simile al 1992 sta attraversando il Pd, ma anche i principali partiti italiani, aggiungiamo. Se ha ragione, e ce l’ha, un soggetto nuovo e focalizzato su pochi temi nazionalpopolari – uso scientemente questo termine in spregio ai convegni di cui sopra – che sapesse rendersi noto con una decente comunicazione, con messaggi asciutti e non autoriferiti alle cento persone presenti in sala, ma rivolti all’italiano medio che al mattino esce di casa per andare a lavorare, avrebbe di fronte a se una enorme domanda di rappresentanza.
A questa finestra, che ora c’è, si affacciano tutti gli elettori che osservano tra lo smarrito e lo schifato il disastro renziano nel paese e il disastro grillino a Roma, che oggi ascolterebbero volentieri nuove idee e però, se non se le vedranno proporre, torneranno presto a casa, elettoralmente, o si rifugeranno nell’astensione.
E le idee non mancano, di idee al contrario ve ne sono fin troppe, purtroppo mancano i mezzi materiali. E il tempo, che non è una risorsa infinita, e purtroppo è poco. Non perdiamone altro.

Fonte: Possibile 

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