di Roberto Musacchio
"Il mondo sta cambiando" fu la frase che accompagnò lo scioglimento del PCI e l' ascesa del "socialismo liberale" e delle cosiddette "terze vie". Questo motto mi viene in mente in questi giorni nel vedere e nel leggere i tentativi di restare a galla di molti che di quella fase sono stati protagonisti. Leggo anche "autocritiche" (perché tali dovrebbero essere) interessanti. Ma appaiono del tutto inadeguate rispetto alla dimensione del cambiamento. In realtà la globalizzazione sta cambiando verso e si riassetta intorno a potenze "regionali" che incorporano forme autoritarie di populismo.
L' idea di una globalizzazione "felice" o resa tale dalle "guerre umanitarie" e dalle magnifiche sorti e progressive del mercato esportatore e creatore di diritti è miseramente fallita.
L' idea di una globalizzazione "felice" o resa tale dalle "guerre umanitarie" e dalle magnifiche sorti e progressive del mercato esportatore e creatore di diritti è miseramente fallita.
La globalizzazione non è naturale come le stagioni e non è l' età dell'oro. Torna una geopolitica di potenze che guardano prima al proprio interno e su questo basano le proprie relazioni. In Europa è la Germania ad aver capito prima di altri ed aver pensato una Europa a propria misura. Aggiustamenti o, addirittura, rilanci di quello che fu il "mondo nuovo" appaiono fuori senso. Solo chi in tutti questi lunghi anni ha provato a realizzare una idea radicalmente alternativa della globalizzazione, a partire dai diritti dei migranti e non dalla dittatura dei mercati, può cercare di costruire una strada nuova dicendo ai responsabili del passato, sia a chi finalmente riflette, sia a chi assurdamente lo ripropone: "Guarda che il mondo sta cambiando...".
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