di Christian Marazzi
Fa un certo effetto vedere il presidente della Repubblica popolare cinese, Xi Jinping, perorare la causa della globalizzazione e del libero commercio al World Economic Forum di Davos a fronte del neopresidente degli Stati Uniti Donald Trump che, stando alle sue ultime sparate, si presenta al medesimo consesso come il campione dell’isolazionismo, del protezionismo economico, dell’ognuno per sé. Il mondo alla rovescia, come minimo, il che rende il 2017 un anno partricolarmente difficile da interpretare per quanto riguarda i suoi sviluppi economici, per non parlare di quelli geopolitici.
Più che di rischi politici o economici, occorre forse parlare di incertezza secondo la definizione che ne diede Frank H. Knight (nel 1921): ciò che accomuna la situazione di rischio e quella d’incertezza è che in entrambi i casi il processo decisionale si trova a fare i conti con esiti ignoti; ma se per il rischio la distribuzione probabilistica di un determinato risultato è già conosciuta in partenza, per l’incertezza la distribuzione probabilistica di un esito casuale è ignota. Come dire che se per il rischio che venga a piovere disponiamo dell’ombrello, per l’incertezza relativa a un determinato evento non disponiamo di nulla che possa in qualche modo anticiparlo e gestirlo.
Più che di rischi politici o economici, occorre forse parlare di incertezza secondo la definizione che ne diede Frank H. Knight (nel 1921): ciò che accomuna la situazione di rischio e quella d’incertezza è che in entrambi i casi il processo decisionale si trova a fare i conti con esiti ignoti; ma se per il rischio la distribuzione probabilistica di un determinato risultato è già conosciuta in partenza, per l’incertezza la distribuzione probabilistica di un esito casuale è ignota. Come dire che se per il rischio che venga a piovere disponiamo dell’ombrello, per l’incertezza relativa a un determinato evento non disponiamo di nulla che possa in qualche modo anticiparlo e gestirlo.
Proprio in questi giorni si parla della possibilità di un ritorno dell’inflazione (vedi The Economist, “A welcome revival”, 14 gennaio 2017). Anche in questo caso si tratterebbe di qualcosa di straordinario, se solo si pensa che da anni ormai, cioè dall’inizio della crisi nel 2008, viviamo in una “stagnazione secolare”, una situazione cioè in cui l’assenza di crescita, accompagnata dall’aumento delle disuguaglianze, sono all’origine di quel fenomeno inquietante che è la deflazione, ossia la crescita negativa dei prezzi di beni e servizi. La Svizzera, ad esempio, è dal 2012 che è in deflazione, come pure gran parte delle economie sviluppate. Per uscire dalla deflazione e dai suoi effetti depressivi sulla crescita economica, le banche centrali hanno creato un bel po’ di liquidità, ma non sembra proprio che le politiche monetarie espansive siano riuscite nel loro intento di debellare la deflazione. Quindi ben venga l’inflazione!
Gli analisti che parlano di un possibile ritorno dell’inflazione nel corso del 2017, benché moderata, si affrettano a sottolineare che una causa importante di questo fenomeno è da attribuire all’aumento del prezzo del petrolio. Ma aggiungono anche altri fattori, quali l’aumento dei prezzi all’importazione, la riduzione delle capacità produttive inutilizzate e, infine, le aspettative degli imprenditori relative ad un imminente aumento della domanda. Può darsi che abbiano ragione, ma le variabili in gioco sono tali e le situazioni economiche così diverse, che prevedere una svolta di tipo inflazionistico è veramente difficile. Si pensi alla differenza tra l’economia americana, quella europea o quella dei paesi emergenti per quanto riguarda i tassi di disoccupazione. Si pensi, soprattutto, alla stagnazione dei redditi su scala globale che, di certo, non aiuta a spingere i prezzi verso l’alto. È questo l’indizio più importante per capire se parliamo di rischio o di incertezza.
Fonte: Tysm.org
Originale: http://tysm.org/il-ritorno-dellinflazione/
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