di Andrea Baranes
In finanza lo "schema di Ponzi" è la truffa per eccellenza. Ponzi prometteva rendimenti mirabolanti a chi gli avesse affidato i propri risparmi. In realtà non investiva nulla, ma si limitava a restituire parte del capitale ai primi aderenti, dicendo che erano i profitti sui presunti investimenti. Nel frattempo si metteva in tasca una parte consistente dei capitali versati. Dall'esterno, però, il sistema sembrava funzionare, il che attraeva nuovi sprovveduti. L'afflusso di nuovi capitali tenne in piedi la piramide per alcuni anni.
Mettiamo che dieci persone versano 100$ al Ponzi di turno, che promette rendimenti del 40% annuo. Dopo un anno, effettivamente versa 40$ ciascuno a queste dieci persone e si mette in tasca altri 40$ per ogni investitore. Dei 100 versati ne rimangono solo 20, quindi già al secondo anno non ci sarebbero più le risorse. Dall'esterno però sembra funzionare, e altre 50 persone affidano i propri soldi al fondo miracoloso, il che permette di andare avanti ancora per un po'. Il castello di carte può continuare a crescere finché arrivano sempre più ignari risparmiatori. Basta però che in pochi chiedano indietro il loro capitale, e non solo gli interessi, o basta che il numero di aderenti non cresca a sufficienza per fare crollare tutto.
E veniamo così ai giorni nostri. Con l'avvento dell'informatica non un Ponzi, ma centinaia di siti che propongono schemi simili. A volte si promuovono come HYIP - High Yeld Investment Programs o programmi di investimento ad alto rendimento, promettendo guadagni anche del 1.000% in un solo anno. Nei siti, che traboccano di volti felici e di testimonianze di miliardari che ce l'hanno fatta, vengono ventilati investimenti o speculazioni su qualsiasi cosa, dai bitcoin alle materie prime ad altro ancora. Spesso l'unico investimento è quello per creare il sito stesso, renderlo attraente e posizionarsi sui motori di ricerca, in modo da fare arrivare i primi aderenti. Poi il meccanismo è del tutto simile a quello descritto in precedenza: una parte dei soldi me li tengo, un'altra la rigiro agli investitori, dicendo che sono profitti, il che da una minima patina di credibilità al tutto e attira nuovi investitori. La catena di Sant'Antonio va avanti per un po', dopo di che, quando la cosa non è più sostenibile o penso di avere guadagnato abbastanza, chiudo il sito e arrivederci a tutti.
La cosa incredibile non è tanto che ci siano ancora persone tanto ingenue da buttare i propri risparmi in tali operazioni. La cosa davvero incredibile è che sembra che gli ingenui siano circa l'80% di coloro che decidono di entrarci. Il rimanente 20% sarebbe costituito da persone che sanno benissimo che si tratta di una truffa e che il finale è già scritto. Sperano “semplicemente” di riuscire a sfilarsi un secondo prima dell'inevitabile crollo, di essere tra quelli utilizzati come specchietto per allodole per attirare nuove prede, e non una preda a loro volta. In altre parole so benissimo che è una piramide costruita sul nulla, che non c'è nessun investimento, che il sito potrebbe sparire da un secondo all'altro e che sarà impossibile risalire ai responsabili. E consapevolmente mi ci lancio lo stesso.
E' talmente profonda la patologia da gioco d'azzardo sui moderni mercati finanziari, che anche attività simili trovano un loro spazio e sono addirittura in crescita. Con la speculazione sul cibo o le opzioni binarie eravamo arrivati a pure scommesse completamente slegate dall'economia. Oggi abbiamo superato una nuova frontiera. Non solo la finanza non serve più a investire nella cosiddetta economia reale, non solo è diventata un gigantesco casinò per fare soldi dai soldi: siamo arrivati a investire in una truffa sapendo che è una truffa, ma sperando comunque di spremere un qualche profitto e di lasciare il cerino in mano a qualcun altro.
L'unica scommessa che varrebbe la pena di fare è per quanto tempo questa escalation di follia potrà andare avanti; e in questo sterminato schema di Ponzi che è l'intero sistema finanziario globale, chi sarà in grado di tirarsi fuori prima che crolli definitivamente tutto.
Fonte: Attac
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