di Giulio Marcon
Luigi Di Maio aveva 7 anni quando nel dicembre del 1993 Beppe Grillo venne al Teatro Nazionale a Milano insieme a tanti artisti (Dario Fo, Franca Rame, Paolo Rossi, Claudio Bisio, Antonio Albanese, Luca Carboni, Lella Costa, Enzo Jannacci, i Nomadi, ecc ecc tutti coordinati da Stefano Benni) per un evento organizzato dall'Associazione per la pace (che allora coordinavo insieme a Luisa Morgantini) e il Consorzio Italiano di Solidarietà per gli aiuti e i profughi della ex Jugoslavia. Fu una bella serata, il teatro strapieno, e -se non ricordo male- raccogliemmo quasi 60milioni di lire. Fabrizio De Andrè non poté partecipare e ci mandò un assegno di 5milioni di lire, "così ci pagate il service", mi disse.
In quei mesi i profughi arrivavano a frotte (in quel decennio più di 120mila, solo dalla ex Jugoslavia) e noi ci davamo da fare per accoglierli nelle famiglie, nelle scuole in disuso, nelle sedi delle parrocchie, negli appartamenti presi in affitto. Con le strutture delle Ong, delle associazioni di volontariato e i gruppi di solidarietà li andavamo a prendere nelle zone di guerra o li accoglievamo nei punti di arrivo (quelli che riuscivano ad arrivarci): ad Ancona, a Trieste, a Gorizia.
Non c'erano gli scafisti, ma i "signori della guerra" -con lo stesso pelo sullo stomaco- con i quali dovere fare i conti: tre volontari bresciani furono trucidati nel maggio del 1993, a Gorni Vakuf, in Bosnia Erzegovina mentre portavano gli aiuti.
Ci fu tanta solidarietà e tanto slancio popolare, ma ci furono anche un bel po' di insulti: la Lega già c'era baldanzosa contro i terroni e gli "stranieri" e allora come oggi (ma oggi in compagnia però di altre forze politiche che vogliono spartirsi il bottino del consenso anti-migranti) lanciava anatemi, prevedeva invasioni e se la prendeva con le associazioni di volontariato e le Ong ("chi le paga?", chiedevano i leghisti: come si vede la storia si ripete) che ospitavano gli "immigrati".
E c'era una grande inazione delle istituzioni. Con il volontariato riuscivamo a supplire la latitanza della comunità internazionale (e nazionale). Come oggi. Nel frattempo -in questi quasi 25 anni- le condizioni di estrema povertà e le guerre si sono moltiplicate (in Africa, nel Medio Oriente, nel Mediterraneo) e le persone che cercano di scappare sono sempre di più.
E cosa fanno oggi politica e istituzioni? Invece di fare i corridoi umanitari si fanno i blocchi navali e i muri, invece di accogliere in modo umano si fanno i campi lager, invece di andare alle radici dei problemi si affronta con il populismo penale una tragedia mondiale.
L'Italia nel 2017 stanzia 200 milioni per l'Africa. Non per "aiutarli a casa loro", ma "per non farli venire a casa nostra": quei soldi servono non per la lotta alla povertà, ma per il contrasto all'immigrazione. Alla Libia regaliamo non attrezzature sanitarie o macchinari industriali, ma 10 motovedette. E ora se la prendono con le Ong, ma in realtà il vero obiettivo è l'accoglienza. Dopo il reato di clandestinità, magari ci proporranno l'introduzione del reato di solidarietà.
La verità (che brucia) è che l'azione di solidarietà delle navi delle Ong ha avuto un grande successo (decine di migliaia di migranti salvati), mentre Frontex è stato un clamoroso fallimento. L'Italia ora ci prova con accordi militari come quello con la Libia: un pugno nello stomaco a chi crede nei diritti umani e nella solidarietà.
Ed è per questo che se la prendono con le Ong, sulla base di illazioni di un procuratore che formula le sue accuse con i "forse", i "secondo me", le "ipotesi" non corroborate da alcun atto giudiziario. Se ci sono accuse e indagini specifiche si vada fino in fondo e si colpisca chi deve essere colpito. È interesse di tutti noi. Ma il vero obiettivo dei denigratori delle Ong non è tanto scoprire qualche opacità, bensì delegittimare tutte le attività di soccorso in mare, soprattutto se hanno successo come è il caso delle navi dei volontari.
Da quella serata al Teatro Nazionale sono passati molti anni. Di Maio è diventato adulto e un aspirante premier e si occupa molto di rumeni e migranti da respingere. Uno spettacolo come quello del 1993 Grillo non lo farebbe certamente più, troppo preso dalla promozione di un diverso triste avanspettacolo: quello della strumentalizzazione dell'immigrazione come merce elettorale per la quale Di Maio, Salvini e Alfano sono entrati in competizione.
Fonte: Huffington Post - blog dell'Autore
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