di Paolo Ciofi
Cosa farà Renzi non più nuovo, ma di nuovo eletto segretario del Pd dopo un’esperienza di governo fallimentare? Giornaloni e giornalini, e tutti i più sperimentati commentatori dell’immagine e della voce, si interrogano compulsivamente accumulando miliardi di parole, di immagini e di suoni. Ma le risposte, per la maggior parte poco significanti e superficiali, non sono univoche. Eppure una certezza c’è, sebbene nessuno ne parli.
Lo statista di Rignano, che a Corviale, uno dei posti più degradati di Roma, si è voluto cimentare per il pubblico come palleggiatore peraltro assai scarso, ha nel mirino la Costituzione che fonda la Repubblica democratica sul lavoro. Questo è l’obiettivo, peraltro da lui stesso dichiarato, e questo è l’essenziale. Pertanto tenterà in ogni modo di mettere in discussione la democrazia costituzionale, che limita il potere delle grandi concentrazioni bancarie e finanziare. Operazione affondata clamorosamente dal referendum del 4 dicembre, che però lui, insieme a Marchionne, Soros, J.P. Morgan e compagnia, ritiene veramente discriminante e decisiva: perché – a sentir loro – è la Costituzione che impedisce un radioso avvenire dell’Italia, come già Berlusconi ci aveva insegnato.
Continuare a sottovalutare questo stato delle cose è un errore grave, che tra l’altro apre enormi spazi alle destre nazionaliste e fascistiche. Come si fa a non vedere che il segretario di un partito autocertificato di sinistra intende mettere fuori gioco il patto tra gli italiani, che sul lavoro ridefinisce i principi di uguaglianza e libertà? Chi si dichiara di sinistra e sa che la Costituzione è un progetto di civiltà più avanzata non può non trarne le conseguenze. Anche perché le cosiddette primarie per scegliere il segretario del partito, alle quali possono partecipare persino gli avversari politici, sono il contrario della democrazia partecipata e del partito politico come comunità che lotta per trasformare la realtà. Al contrario, stimolano un regime clientelare di massa in cui i principi e i programmi valgono zero, surclassati dalle convenienze del momento. E gli iscritti vengono degradati a subalterni che non hanno strumenti per incidere sulle scelte del capo plebiscitato.
In breve, all’idea di un assetto costituzionale conformato sugli interessi dei poteri economici dominati corrisponde un’idea plebiscitaria del partito, in cui di fatto viene cancellato il pluralismo delle idee e gli iscritti sono ridotti a gregari senza nessuna voce in capitolo. Come dimostra, tra l’altro, il caso di Roma. Dove il partito da anni è comandato da un commissario, il quale a sua volta, in omaggio alla democrazia, si appoggia su una rete di sub commissari.
Se dunque, in conclusione, nei contenuti la scelta di Renzi va contro la Costituzione e il Pd si configura come organo funzionale a questa scelta, è inutile e dannoso continuare a cincischiare alla ricerca di un presunto riformismo, diventato ormai strumento conclamato del dominio del capitale finanziario. Il Pd è irriformabile: se ne prenda definitivamente atto. E si prenda contemporaneamente atto, su tutti i fronti di chi si dichiara di sinistra, che la Costituzione ci offre la tavola dei valori su cui costruire una sinistra nuova, la quale si proponga di trasformare la società. Basta divisioni, frantumazioni, meschini giochi di potere!
C’è bisogno della sinistra. Di una sinistra che non c’è. Di una sinistra che innalzi la bandiera della Costituzione e della lotta per la sua attuazione, in Italia e in Europa. È il tema del momento. Dopo il 4 dicembre si è già perso troppo tempo. E il tempo è un fattore determinate nelle scelte della politica.
Fonte: paolociofi.it
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