di Alessandro Gilioli
Rodolfo il Glabro, monaco di Cluny ma soprattutto grande cronista del suo tempo, descrisse molto bene cosa accadeva nella Francia di mille anni fa. Non tanto per quanto riguarda ciò che si studia a scuola - re, battaglie, papi e imperi - quanto nella mente delle persone sconvolte dalle carestie che devastavano in quel tempo l'Europa. Accadeva infatti, in quegli anni, che un insieme di concause naturali ed economiche avessero drasticamente ridotto la produzione agricola e quindi i raccolti, portando alla fame milioni di persone e comunque immiserendo chi aveva fin lì vissuto dei frutti della terra. Il resto lo facevano la scarsissima sicurezza delle vie di comunicazione, l'instabilità e la debolezza dei poteri politici, le scorrerie e le incursioni da parte di popoli non ancora stanzializzati che abitavano più a nord o più a est.
Il tutto creava tempi di profonda incertezza nei quali, racconta Rodolfo, per disperazione e paura l'umanità aveva gradualmente perso se stessa, le sue regole di base, i suoi tabù più fondati.
Così ogni debole se la prendeva con il più debole, e lo attaccava, lo derubava, lo uccideva. E se le prime vittime di questa mortale lotta tra poveri erano i vecchi, con il peggiorare delle cose a essere rapinate e uccise furono le donne, quindi i bambini, nei confronti dei quali partì una caccia senza più alcuna remora morale il cui scopo era il cannibalismo: realtà fattuale, in quelle lande e in quei tempi, ma anche metafora di ciò che stava accadendo all'umanità.
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Leggere Rodolfo il Glabro chiarisce le idee sul difficile percorso del progresso umano: che non è una linea dritta e costante ma contorta, piena di curve sbagliate, rallentamenti, frenate, retromarce spaventose. Lo stesso cronista dell'epoca era attonito dal vedere fuori dalla sua finestra barbarie di cui mai era stato testimone negli anni della sua gioventù. Poi, sul finire dei suoi giorni, raccontò anche i deboli segni di un miglioramento - tanto nell'economia quanto nei comportamenti - che poi in effetti avrebbe portato alla rinascita del XII secolo, primo bagliore di ciò che mezzo millennio dopo sarebbe stato l'Illuminismo.
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Non viviamo l'epoca di Rodolfo il Glabro, grazie al cielo ma soprattutto grazie a noi, umani, che abbiamo saputo lasciarci alle spalle buona parte del nostro peggio, ciò che appunto chiamiamo inumano e che invece è purtroppo parte del nostro essere, contro cui non dobbiamo mai smettere di combattere: la violenza contro il più debole, la legge del più forte, nessuna idea di un destino comune.
Fenomeni che riesplodono, o rischiano di riesplodere, quando le cose vanno male: quando la società diventa più povera, quando ciascuno pensa solo a salvare se stesso (e vuole farlo da solo), quando ciascuno si sente oggetto di violenza e vessazione da parte di qualcuno più forte e quindi trasforma in oggetto di violenza e vessazione chiunque veda più debole.
Ed è difficile non vedere come questi siano i segnali del tempo che viviamo: lontanissimi, certo, da quelli di Rodolfo il Glabro, ma sempre più lontani anche da quelli assai più recenti in cui si era capito che il destino di ciascuno è legato a quelli di tutti.
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Un venditore abusivo senegalese è morto a Roma, inseguito dai vigili durante una retata. Il vicecomandante della polizia municipale si è detto dispiaciuto della morte di quel "ragazzo", parola che ha ripetuto due volte. Non era un ragazzo, si chiamava Nian Maguette, aveva 54 anni. "Ragazzo" è diventato un modo per mancare di rispetto ai più deboli: si chiamano così i lavoratori precari, i rider di Foodora, i poveri in genere e naturalmente gli stranieri immigrati. Un modo per insultare nel contempo loro e una generazione, considerata equivalente di uno stato di minorità.
Sempre ieri, e sempre a Roma, il presidente della commissione Ambiente di Roma Capitale e consigliere capitolino del M5S, tale Daniele Diaco, ha chiesto alla Caritas di togliere i pasti serali ai senzatetto che si trovano nel parco di Colle Oppio, «che poi restano a dormire all'interno e il parco diventa una pensione completa».
Ma non fatene una questione di partito, vi prego, che la barbarie è trasversale: il decreto Minniti è del Pd e del Pd è il sindaco di Ventimiglia, Enrico Ioculano, quello che ha cercato di vietare la distribuzione di alimenti ai migranti nel suo comune. Tre cittadini francesi sono stati indagati per aver violato l'ordinanza, revocata solo dopo un appello firmato tra gli altri da don Ciotti e padre Zanotelli.
Quanto ai leghisti non c'è bisogno di dire nulla, se non l'ultima follia dell'ex sindaco di Padova Massimo Bitonci, ora ricandidato, che ha invitato i cittadini ad avvertirlo se qualcuno ospita migranti in città, poi ci pensa lui.
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Non credo che la campagna in corso contro le Ong che salvano vite in mare sia molto diversa queste cose. Cioè non credo che chi ripara dietro la formula "si faccia chiarezza" non abbia dentro di sé un altro pensiero. Vale a dire che queste Ong hanno rotto i coglioni, a portare in Italia gli africani.
Del resto, anche l'intoccabile pm Carmelo Zuccaro - il più amato dai leghisti e da Di Maio, ma difeso anche da un ministro di questo governo - ieri ha detto che in Italia «i migranti sono troppi». Un giudizio politico, che fa pensare a un'avversione personale verso chi li aiuta a raggiungere le nostre coste.
Non credo neppure che a tutto ciò sia estranea la nuova legge sulla legittima difesa, un'autorizzazione a uccidere i ladruncoli che al contempo appaga e stimola le paure diffuse, un passo in più verso lo sdoganamento del principio per cui ciascuno di noi è solo ed è aggredito. La società e lo Stato sono lontani e quindi ci autorizzano a sparare, a trasformarci tutti in piccoli Rambo da villetta a schiera.
Non credo infine che tutte queste cose siano prive di correlazione neanche con quanto avviene da alcuni anni in questo Paese, cioè l'atomizzazione sociale e il risentimento conflittuale diffuso, insomma il tutti contro tutti che vediamo ogni giorno nelle nostre città, nei nostri autobus e nei nostri bar: precari contro pensionati, vecchi contro giovani, partite Iva contro cassintegrati, genitori contro insegnanti, impiegati contro tassisti, nord contro sud, città contro campagna, vegetariani contro carnivori e tutti contro gli immigrati e gli zingari perché c'è sempre qualcuno sotto di noi contro cui possiamo sfogarci per consolarci delle botte prese da chi sta un po' sopra.
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No, certo, non siamo ai tempi di Rodolfo il Glabro. Non mangiamo bambini. Al massimo, diamo a fuoco qualche clochard, dopo avergli tolto la cena.
Al massimo siamo in una fase di retromarcia della storia, se crediamo che la storia sia anche miglioramento individuale e collettivo, perenne autoriforma, controllo delle nostre pulsioni peggiori, cammino verso più civiltà, creazione di un ambiente armonico attorno a noi e averne cura quotidiano.
L'avere cura di noi e degli altri, di ciò che siamo insieme, dato che in questo mondo siamo tutti intersecati, intrecciati nello stesso ordito, e ciascuno di noi è anche gli altri e gli altri sono ciascuno di noi - "diversi corpi, stessa mente" dice il buddismo.
Fonte: piovono rane
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