La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 4 maggio 2017

Nota sulla Francia petenista

di Saverio Ansaldi
Non commenterò qui in dettaglio i risultati del primo turno delle elezioni presidenziali francesi. Le analisi che ne sono state fatte in questi giorni, anche su Euronomade, sono ampiamente sufficienti per metterne in luce le dinamiche.
Mi limiterò a proporre un’altra considerazione. Direi che più di una considerazione, si tratta di una reazione affettiva, immediata ed istintiva di fronte ad un fenomeno di mitridatizzazione politica, ovvero di progressiva assuefazione a sostanze tossiche e velenose, il più delle volte letali. In questo caso il veleno letale è rappresentato dal Front National.
Le elezioni presidenziali francesi costituiscono a mio avviso una prova evidente della metabolizzazione progressiva da una parte cospicua dell’opinione pubblica, dei partiti e degli elettori del petenismo. Qualche breve riscontro fattuale servirà a chiarire la mia affermazione. Di contro in effetti alla tesi della « collaborazione » del regime di Vichy guidato dal maresciallo Pétain con le forze di occupazione naziste a partire dal giugno del 1940, tesi volta a preservare in definitiva l’eterna verginità delle istituzioni francesi da qualunque responsabilità politica diretta, la « République » è stata cosostanziale e corresponsabile del nazionalsocialismo tedesco. Non ha « collaborato » suo malgrado, è stata nazionalsocialista. Il petenismo fu nazionalsocialismo. Pur possedendo caratteristiche specifiche alla Francia, il bonapartismo e una visione fortemente plebiscitaria e autoritaria del potere, il petenismo si integrò perfettamente al nazionalsocialismo tedesco. Ora, è in quell’infame regime criminale che prende origine il Front National. I suoi fondatori, a cominciare da Jean-Marie Le Pen, appartegono alle frange più radicali del petenismo. Sono quelle forze che negli anni ’60 creano Ordine Nuovo e l’OAS, l’organizzazione paramilitare che si oppose con lo stragismo all’indipendenza dell’Algeria. A queste frange peteniste si uniscono negli anni ’70 i membri del GUD (Groupe Union Défense), sindacato degli studenti universitari neo-fascisti. Queste sono le strutture e le fibre profonde del Front National. Il quale continua ad essere né più né meno che un partito petenista perché i suoi quadri attuali sono l’espressione diretta di quel passato. Pur essendone i nipoti ed anche a volte i pronipoti, ne sono l’incarnazione vivente. Non c’è stato cambiamento o rottura del partito rispetto alla quella storia. Gli appelli di Marine Le Pen alla difesa degli interessi della « classe operaia » e dei « dimenticati dalla globalizzazione » sono solo una grossolana strategia di marketing pensata ed attuata da una banda di picchiatori che la classe operaia l’ha sempre massacrata con le bombe e con i manganelli e che non aspetta altro di accedere al potere istituzionale per continuare a farlo in tutta impunità.
Ecco perche non ci si potrà mai, dico mai abituare anche solo alla semplice idea che un tale partito possa vincere le elezioni presidenziali del 7 maggio. Ci si deve opporre al Front National senza se e senza ma. Le ambiguità di una parte della destra repubblicana e della sinistra francese sono a tale proposito affatto ignobili. Se l’accordo col Front National stipulato da alcuni gollisti fuoriusciti dal partito dei Repubblicani in vista delle prossimie legislative in fondo non mi sorprende, i dubbi espressi da una parte degli elettori del movimento della France insoumise di Jean-Luc Mélanchon e di altri partiti della sinistra francese mi lasciano non solo perplesso, ma indignato. Parlo qui di indignazione in senso spinoziano, come risposta politica affermativa di fronte all’esercizio autoritario di un potere che tende a distruggere ogni forma di vita democratica, sia essa diretta od anche solo rappresentativa.
Continuo a pensare che il principio di indeterminazione possa aiutarci a spiegare le leggi recondite della materia, ma che non possa in toto applicarsi all’azione politica. Quest’ultima ha bisogno talvolta di far ricorso ad alcuni principi ultimi. Di indignazione spinoziana. O di determinazione, appunto. Uno di questi è l’antifascismo. Che costituisce e dovrà sempre costituire una verità assoluta della politica, da applicarsi in ogni momento ed in ogni occasione. Cosa crede allora la sinistra sovranista francese, di opporsi al Fronte nazionale petenista ricostruendo il Fronte popolare del 1936 ? Con quale potenza materiale ? Con quali mezzi e con quale organizzazione ? Forse non si sono ancora accorti che non esiste più nessuna forza politica, economica ed armata che possa aiutarci a lottare contro i petenisti e i nuovi nazionalsocialisti europei – siano essi ungheresi, macedoni o ucraini ? ? Che dobiamo farlo lottando solo con i nostri corpi e con i nostri cervelli ? Che si tratta adesso di costruire e di inventare nuove forme di resistenza e nuove linee di fuga ? Le divisioni corazzate dell’Armata Rossa non risaliranno più dai ghiacci di Stalingrado e dall’inferno d’acciaio delle pianure di Kursk per issare un’altra volta la bandiera sovietica sulle rovine fumanti del Reichstag. Ecco perché in mancanza delle divisioni siberiane, fra Churchill e Hitler, fra De Gaulle e Pétain, fra Macron et Le Pen sceglierò sempre i primi. Perché dobbiamo sempre lottare contro i lacchè della Rothschild, ma sempre dopo aver sconfitto i nazionalsocialisti e i petenisti.
Fonte: euronomade.info 

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